cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 30 ottobre 2014, n. 45019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. SAVINO Mariapia Gaetan – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1507/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del 07/02/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/09/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per annullamento senza rinvio per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 febbraio 2013 la Corte d’appello di L’Aquila ha accolto gli appelli presentati dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo e dal Procuratore Generale presso la suddetta Corte avverso sentenza del 23 marzo 2011 – con cui il Tribunale di Teramo aveva assolto perche’ il fatto non sussiste (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 81 c.p. e Legge n. 638 del 1983, articolo 2, contestatogli per aver omesso il versamento all’Inps delle ritenute previdenziali operate ai lavoratori dipendenti da (OMISSIS) Srl, di cui era legale rappresentante, dal mese di agosto 2006 al mese di gennaio 2007 per un importo totale di euro 16.346 – e, in riforma dell’appellata sentenza, ha ritenuto l’imputato responsabile del reato a lui ascritto e lo ha condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e euro 500 di multa, pena convertita in euro 5060 di multa.
2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di due motivi.
Il primo motivo denuncia violazione del Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, commi 1 bis e 1 ter, convertito con modifiche nella Legge n. 638 del 1983, per essere stata esercitata l’azione penale prima che l’imputato avesse potuto fruire della causa di non punibilita’ rappresentata dal versamento entro tre mesi degli importi dovuti.
Il secondo motivo denuncia violazione della legge penale e mancata valutazione della documentazione in atti in violazione dell’articolo 546 c.p.p., comma 1, e vizio motivazionale: l’imputato il 10 febbraio 2007 cesso’ di essere il legale rappresentante della S.r.l., per cui non sarebbe responsabile di quanto a lui contestato, per lo meno quanto al omesso versamento attinente alla mensilita’ del gennaio 2007, da adempiersi entro il 16 febbraio 2007. Egli comunque non avrebbe potuto fruire della causa di non punibilita’, e non vi sarebbe motivazione sulla sua effettiva conoscenza della contestazione. Non vi sarebbe neppure prova certa del versamento delle retribuzioni in quanto il relativo M 10 non sarebbe stato inviato dall’imputato, non avendo questi piu’ ricoperto alcuna carica sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Deve anzitutto rilevarsi che per quanto dagli atti emerge il reato contestato si e’ estinto completamente per prescrizione in data 6 giugno 2014. Per procedere all’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 1, peraltro, prima ancora di verificare l’assenza dei presupposti dell’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, deve considerarsi l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui puo’ condurre alla dichiarazione di prescrizione (anche d’ufficio) solo il ricorso idoneo a instaurare un nuovo grado di giudizio, vale a dire non affetto da inammissibilita’ originaria (ex multis S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n. 21, Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. 3, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca).
Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che i motivi che il ricorso (esente da difetti di rito strido sensu) propone – che possono essere valutati congiuntamente, in quanto entrambi fondati sul venir meno il 10 febbraio 2007 della carica di legale rappresentante della S.r.l. che l’imputato aveva in precedenza ricoperto – non risultano manifestamente infondati. L’imputato, infatti, era stato legale rappresentante e amministratore della (OMISSIS) Srl fino alla data suddetta, e quindi prima della maturazione del termine per l’adempimento dell’ultima mensilita’, cioe’ prima del 16 febbraio 2007. L’Inps notifico’ alla societa’ l’avviso di contestazione – rileva il ricorrente – il 4 marzo 2008, quando l’imputato non aveva piu’ alcuna carica sociale, il che pone in dubbio la possibilita’ dell’imputato di fruire della causa di non punibilita’ del versamento del dovuto entro tre mesi di cui al Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1 bis. Al riguardo, la motivazione della sentenza d’appello non e’ effettivamente adeguata, poiche’ omette di considerare la questione della cessazione della carica dell’imputato nella societa’ (tutt’altro che priva di incidenza: v., da ultimo,Cass. sez. 3, 4 dicembre 2013-11 febbraio 2014 n. 6378, per cui “in tema di omesso versamento delle ritenute assistenziali e previdenziali, ai fini della decorrenza del termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto, la notifica dell’avviso di accertamento da parte dell’Ente non puo’ ritenersi validamente effettuata presso la sede della societa’ qualora la persona fisica penalmente responsabile sia cessata dalla carica di amministratore”; e cfr. comunque Cass. sez. 3, 20 febbraio 2013 n. 21695, che connette alla posizione di responsabile dell’impresa l’obbligo del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali nel caso di imprese collettive) e non effettua alcuna distinzione tra le mensilita’ e i versamenti dovevano essere compiuti durante la carica di amministratore dell’imputato e la mensilita’ che il versamento attinenti al gennaio 2007, nonche’ sulla notifica della relativa contestazione da parte dell’Inps. La non manifesta infondatezza delle doglianza del ricorrente conduce quindi, essendosi instaurato validamente il presente grado giurisdizionale, e non emergendo peraltro dagli atti elementi che possano giustificare l’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, alla dichiarazione ex articolo 129 c.p.p., comma 1, della estinzione del reato contestato per maturata prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata essendo il reato estinto per prescrizione.

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