Gli elementi raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni possono costituire prova diretta della colpevolezza, senza necessità di riscontri, essendo peraltro necessario che quegli elementi, allorché assumano valenza indiziaria, possiedano i caratteri della gravità, precisione e concordanza
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 5 gennaio 2017, n. 487
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. RICCIARELLI Massimo – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa in data 14/03/2016 dalla Corte di appello di Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa CARDIA Delia, che ha concluso per il rigetto del ricorso di (OMISSIS) e per l’inammissibilita’ di quello di (OMISSIS) e di (OMISSIS);
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che per l’imputato (OMISSIS) ha concluso riportandosi al ricorso e chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14/3/2016 la Corte di appello di Milano ha, in parziale riforma di quella pronunciata dal Tribunale di Milano in data 30/4/2015, ridotto la pena irrogata a (OMISSIS) e (OMISSIS), chiamati a rispondere dei reati di acquisto e importazione di cocaina di cui ai capi C) e D), ad anni cinque mesi sei di reclusione ed Euro 55.000,00 di multa, concedendo le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, dopo aver dato atto della rinuncia da parte dei predetti ai motivi di merito, e ridotto la pena irrogata a (OMISSIS), chiamato a rispondere del reato di acquisto di cocaina di cui al capo F), ad anni quattro mesi quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa, con le gia’ concesse attenuanti generiche, riducendo l’interdizione dai pubblici uffici ed escludendo l’interdizione legale.
2. Ha proposto ricorso (OMISSIS), deducendo ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), carenza di motivazione in ordine all’insussistenza di cause di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p..
3. Ha proposto ricorso (OMISSIS), deducendo ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), mancanza e illogicita’ della motivazione in ordine alla determinazione della pena base per il reato sub C) e in ordine alla mancata riduzione degli aumenti per la ritenuta continuazione e violazione dell’articolo 133 c.p..
Segnala che i dubbi sulla ricostruzione della vicenda e sul ruolo del (OMISSIS) avrebbero dovuto almeno comportare l’irrogazione di una pena pari al minimo edittale, con contenimento degli aumenti per la continuazione.
4. Ha proposto altresi’ ricorso (OMISSIS).
4.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990, articolo 73 agli effetti dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), avuto riguardo ad un’ipotesi di c.d. droga parlata.
La Corte non aveva osservato i canoni cui il Giudice di merito deve attenersi secondo la giurisprudenza di legittimita’, allorche’ la prova di fatti aventi ad oggetto stupefacenti sia desunta da conversazioni intercettate.
4.2. Con il secondo motivo prospetta vizio d motivazione agli effetti dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine all’attribuibilita’ al ricorrente del reato sub F).
La Corte aveva svalutato la circostanza del controllo negativo operato sulla vettura in cui si trovavano il (OMISSIS) e il (OMISSIS), prospettando che il fatto della cessione di stupefacente fosse verosimilmente avvenuto; si era fondata solo su intercettazioni telefoniche omettendo di valutare i rilievi mossi in sede di appello; aveva utilizzato elementi mai sottoposti a contraddittorio; non aveva tenuto conto del fatto i testi non avevano fornito alcun contributo e che non si era proceduto ad arresto in presenza del sospetto nutrito nei confronti dell’ (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS).
La Corte aveva ritenuto un fatto escluso dalle prove acquisite, cioe’ che vi fosse droga all’interno della vettura, nonostante il controllo negativo.
Il ricorrente segnala il contenuto equivoco delle conversazioni e il fatto che la Corte non aveva spiegato perche’ le stesse dovessero riferirsi a sostanze stupefacenti.
Difettava la prova dell’acquisto della cocaina e dei luoghi in cui la stessa sarebbe stata consegnata e custodita, in assenza di riscontri e di dichiarazioni testimoniali idonee a confermare la ricostruzione proposta dalla Corte.
4.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione agli effetti dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine al fatto che il ricorrente era risultato assente nell’ambito delle indagini basate su intercettazioni telefoniche.
In particolare segnala il ricorrente che era manifestamente illogica e contraddittoria l’asserita irrilevanza del fatto che il (OMISSIS) non comparisse mai nelle conversazioni intercettate.
Del resto erano stati forniti argomenti in merito a tale profilo sia con memorie depositate in primo grado sia con i motivi di appello, compresi i motivi nuovi.
4.4. Con il quarto motivo denuncia mancata assunzione di prova decisiva ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in relazione alla mancata escussione degli operanti di P.G. che avevano effettuato l’intervento alle ore 13,37 all’incrocio tra via dei (OMISSIS).
Indebitamente la Corte aveva rigettato la richiesta, rinnovata in sede di appello, di escussione di tali testi, ritenendo che fosse inconferente verificare l’atteggiamento e la condotta del ricorrente.
Invoca costui il principio della parita’ della armi e deduce che l’esame dei testi, chiesto ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. e poi ai sensi dell’articolo 603 c.p.p. costituiva prova imprescindibile ai fini di una completa ricostruzione probatoria, a fronte dei motivi di doglianza formulati.
L’intervento della Volante non si era risolto in un ordinario controllo sul territorio ma in una perquisizione della vettura e degli occupanti, cio’ che aveva costituito uno specifica attivita’ di indagine.
Essendosi ritenuto che la droga si trovava nella vettura, l’audizione dei testi che avevano effettuato un controllo con esito negativo costituiva prova decisiva a discarico sotto il profilo dell’esclusione della colpevolezza e in relazione all’effettiva ricostruzione della dinamica del fatto.
4.5. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione agli effetti dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine alla denegata escussione dei testi che avevano effettuato il controllo.
La Corte aveva ritenuto che non rilevasse l’accertamento che il (OMISSIS) avesse mantenuto una calma apparente, quando in realta’ l’accertamento avrebbe avuto la finalita’ di verificare le modalita’ e completezza dell’atto investigativo alla ricerca dello stupefacente, cio’ in funzione dell’esclusione della presenza della droga nella vettura.
4.6. Con il sesto motivo denuncia inosservanza di norme previste a pena di nullita’ ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in relazione al mancato esame dei motivi nuovi di appello, che erano stati inviati a mezzo posta e che erano tempestivamente pervenuti presso la cancelleria della Corte di appello in data 13/1/2016, come da documentazione prodotta.
4.7. Con il settimo motivo deduce vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine alla mancata valutazione dei motivi nuovi di appello.
In tale prospettiva segnala che la Corte aveva rimarcato che la difesa non aveva offerto una ricostruzione alternativa plausibile: si trattava di assunto errato, anche alla luce dei motivi nuovi di appello, specificamente allegati al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono inammissibili.
1.1. Quanto al primo, e’ agevole rilevare che, come nitidamente affermato in precedenti occasioni, “e’ inammissibile per genericita’ del motivo il ricorso per cassazione che, prospettando la violazione dell’obbligo di immediata declaratoria di una causa di non punibilita’, non indica elementi concreti in forza dei quali il giudice d’appello avrebbe dovuto adottare la pronuncia liberatoria dopo che l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello sul tema della responsabilita’” (Cass. Sez. 3, n. 19442 del 19/3/2014, Ferrante, rv. 259418; Cass. Sez. 7, n. 46280 del 12/11/2009, Liemonte, rv. 245495).
1.2. Quanto al secondo, si rileva che la doglianza muove dal presupposto che in assenza di elementi certi di responsabilita’ si sarebbe dovuta almeno irrogare una pena inferiore: ma, a fronte della rinuncia ai motivi relativi al merito della responsabilita’, la censura risulta manifestamente infondata, oltre che generica, in quanto deassiale rispetto ai canoni di determinazione del trattamento sanzionatorio e comunque non correlata alla motivazione utilizzata dalla Corte territoriale per computare la pena irrogabile nel caso concreto.
2. Il ricorso del (OMISSIS) e’ nel suo complesso infondato.
3. Il primo motivo concerne la valorizzazione delle conversazioni telefoniche intercettate, pur in assenza di sequestri di sostanza stupefacente o di conversazioni direttamente coinvolgenti l’imputato (OMISSIS).
I Giudici di merito sul punto si sono gia’ espressi con motivazione non illogica ed anzi pienamente rispondente al materiale probatorio utilizzato.
In generale deve rilevarsi che nel caso di reati in materia di stupefacenti non e’ determinante il sequestro o il rinvenimento di sostanze di tale natura, potendosi fare riferimento a prove di altro genere, a cominciare dalle intercettazioni telefoniche o ambientali (Cass. Sez. 2, n. 19712 del 6/2/2015, Alota, rv. 263544; Cass. Sez. 4, n. 48008 del 18/11/2009, Palmerini, rv. 245738).
D’altro canto “in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’” (Cass. Sez. U. n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, rv. 263715).
Evidentemente il giudice “deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita’ dei significati e assenza di ambiguita’, di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione. (La Corte ha chiarito che qualora la conversazione captata non sia connotata da queste caratteristiche – per l’incompletezza dei colloqui registrati, per la cattiva qualita’ dell’intercettazione, per la cripticita’ del linguaggio usato dagli interlocutori, per la non sicura decifrabilita’ del contenuto o per altre ragioni – non per questo si ha un’automatica trasformazione da prova a indizio, in quanto e’ il risultato della prova che diviene meno certo con la conseguente necessita’ di elementi di conferma che possano eliminare i ragionevoli dubbi esistenti) (sul punto Cass. Sez. 6, n. 29350 del 3/5/2006, Rispoli, rv. 235088).
In buona sostanza gli elementi raccolti nel corso delle operazioni di intercettazione possono costituire prova diretta della colpevolezza, senza necessita’ di riscontri, essendo peraltro necessario che quegli elementi, allorche’ assumano valenza indiziaria, possiedano i caratteri della gravita’, precisione e concordanza (Cass. Sez. 1, n. 37588 del 18/6/2014, Amaniera, rv. 260842).
Sta di fatto che i Giudici di merito hanno rilevato che uno degli interlocutori era (OMISSIS), latitante e residente in Peru’, da dove continua a gestire il narcotraffico intercontinentale di cocaina.
Hanno inoltre osservato che i colloqui intercettati, intercorsi tra il (OMISSIS) e l’ (OMISSIS), nonche’ tra questo e il (OMISSIS), concernevano inequivocabilmente la cessione di un quantitativo di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, in tal senso deponendo, nonostante il tentativo di far uso di linguaggio criptico, univoche indicazioni di quantitativi, illogici riferimenti, nel corso del medesimo colloquio e per intendere il medesimo oggetto, a cose diverse (“quanti ponteggi c’erano”, “due e cinquanta il Piaggio di cilindrata”), l’esplicita menzione, con riguardo all’episodio del 26/3/2011, delle frettolose modalita’ di consegna “me n’ha mollato sul camion dice son 300 ..arrivo.. controllo.. e sono 240”, la non diversamente interpretabile domanda del (OMISSIS) “li vuoi tenere quei 240 o no-“, la nitida risposta dell’ (OMISSIS) (“devo vedere se riesco a buttargliela nel c. a qualcuno..”), che si correla alle rimostranze per la qualita’ di cio’ che era stato consegnato (“mangime per i polli” o, altrove, “questa era tutta terra senza cemento”).
Si tratta dunque di un’analisi ampia e coerente, che conduce con logico incedere all’unica ragionevole conclusione, cioe’ che l’affare trattato, come quelli in genere riguardanti il (OMISSIS), concerneva cocaina e in particolare l’avvenuta consegna di circa 250 grammi di tale sostanza.
D’altro canto il coinvolgimento del (OMISSIS), che pur non compare in alcuna conversazione, e’ stato desunto dalla sua presenza in occasione della consegna, nonche’ dal suo stretto rapporto con il (OMISSIS), oltre che dai contatti con l’ (OMISSIS).
Ma il Tribunale, come confermato dalla Corte territoriale (cfr. pagg. 15 e 16 della sentenza di appello), ha altresi’ rilevato che dai contatti tra l’ (OMISSIS) e il (OMISSIS) era emerso che in una circostanza il primo aveva fornito al secondo perfino un indirizzo della moglie del (OMISSIS), persona vicina a (OMISSIS).
Le censure formulate nel motivo di ricorso si risolvono dunque in vane contestazioni, che a ben guardare non si confrontano con l’articolata analisi dei giudici di merito, ma muovono da presupposti astratti, comunque parimenti infondati.
4. Il secondo e il terzo motivo concernono piu’ specificamente l’episodio di consegna di cui al capo F), contestato al (OMISSIS).
Essi si fondano su mere asserzioni o su rilievi infondati.
4.1. In primo luogo si deduce la mancata risposta a doglianze in merito alla portata di risultanze probatorie acquisite, ma non si specificano, al di la’ del tema delle mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, sul quale si tornera’, quali specifiche censure sarebbero state ignorate o indebitamente disattese.
E’ meramente assertivo l’assunto che sarebbero stati utilizzati elementi mai sottoposti al contraddittorio: risulta al contrario che il Tribunale ha dato atto dell’acquisizione della sentenza definitiva, emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. nei confronti di (OMISSIS), nonche’ dell’acquisizione della sentenza emessa in sede di giudizio abbreviato nei confronti di (OMISSIS), peraltro non irrevocabile e dunque non utilizzata ai fini dell’accertamento dei fatti; non consta inoltre che siano entrati a far parte del materiale utilizzabile atti non confluiti nell’originaria discovery o acquisiti al di fuori del contraddittorio.
Le conversazioni intercettate, riguardanti lo specifico episodio oggetto di contestazione, sono state ampiamente analizzate, essendone stati tratti coerenti e logici elementi per la ricostruzione della vicenda, risultando generico l’assunto del loro carattere fortemente equivoco in assenza della concreta esplicitazione di significati alternativi delle frasi reputate rilevanti.
4.2. I Giudici di merito hanno d’altro canto segnalato gli elementi che facevano risultare incongrue le spiegazioni fornite dal (OMISSIS) in ordine alla sua presenza in loco e al tipo di rapporti con gli altri protagonisti, essendo stato posto in luce che in occasione dell’incontro del 26 marzo 2011, nel quale era avvenuta la consegna dello stupefacente, il (OMISSIS) e il (OMISSIS), giunti insieme, si erano avvicinati all’ (OMISSIS) e al giovane che in quel momento si trovava con quest’ultimo, aspetto di cui il (OMISSIS) non aveva dato conto, ed essendo stati ulteriormente sottolineati i tentativi fatti dall’ (OMISSIS), allontanatosi per primo dal luogo della consegna, per contattare telefonicamente sia il (OMISSIS) sia, due volte, il (OMISSIS), rimasti attardati dal controllo cui erano stati sottoposti dalla pattuglia della Volante all’incrocio di via dei (OMISSIS), contatti che implicavano la diretta e non adeguatamente spiegata conoscenza da parte dell’ (OMISSIS) del numero telefonico del (OMISSIS), fermo restando che i Giudici di merito hanno altresi’ rimarcato la mancata indicazione di puntuali spiegazioni in merito ai giri che per ragioni di lavoro il (OMISSIS) quel giorno avrebbe fatto o dovuto fare.
4.3. E’ all’evidenza generico il rilievo che la ricostruzione fornita dal Tribunale e dalla Corte territoriale sarebbe inverosimile, mentre, come gia’ sottolineato, non e’ idoneo a scardinare il percorso logico compiuto dai Giudici di merito il fatto che non fossero stati acquisiti riscontri, attraverso il recupero di sostanza stupefacente, a fronte del tenore delle conversazioni telefoniche rigorosamente e attentamente valutate in sequenza.
4.4. Non corrisponde al vero la circostanza che i giudici di merito abbiano affermato un fatto escluso dalle prove acquisite.
Si e’ a tal fine invocato il risultato dell’ispezione compiuta all’incrocio di via dei (OMISSIS) che aveva interessato il (OMISSIS) e il (OMISSIS) e la vettura nella quale si trovavano: ma in realta’ il mancato rinvenimento di sostanza stupefacente in quella circostanza, come posto in luce dal Tribunale, non costituisce dirimente elemento al fine di escludere che il (OMISSIS) e il (OMISSIS) fossero in realta’ in possesso dello stupefacente che, come da accordi, avrebbero dovuto portare nel luogo in cui l’ (OMISSIS) li attendeva.
La circostanza che i Giudici di merito abbiano valutato l’elemento e Io abbiano collocato nell’ambito di tutte le risultanze acquisite, vale di per se’ ad escludere un profilo di travisamento, essendo state spiegate le ragioni per cui il mancato rinvenimento non avrebbe potuto reputarsi rilevante.
4.5. Ed invero sono stati al riguardo sottolineati i numerosi colloqui intercettati sulla base dei quali e’ stata non illogicamente ricostruita la vicenda, che secondo i Giudici di merito (cfr. pagg. da 7 a 10 della sentenza di appello, nelle quali e’ riportata la motivazione del Tribunale, fatta propria dalla Corte territoriale), si era sviluppata attraverso le seguenti fasi: 1) consegna della droga in occasione dell’arrivo del giovane straniero, incontratosi con l’ (OMISSIS) e poi anche con il (OMISSIS) e il (OMISSIS), dapprima rimasti in disparte; 2) partenza dell’ (OMISSIS), avviatosi verso il luogo convenuto, individuato dai Giudici di merito nella sua abitazione, in relazione al tempo necessario per arrivarvi e ai chilometri percorsi, risultanti dalle conversazioni intercettate; 3) partenza anche del (OMISSIS) e del (OMISSIS), poi peraltro bloccati dalla pattuglia della Volante per il controllo; 4) attesa dell’ (OMISSIS), risoltosi piu’ volte a telefonare agli altri due per comprendere le ragioni del loro ritardo, mentre egli stesso era a sua volta pressato dal (OMISSIS), interessato all’esito dell’operazione e intenzionato a conoscere il quantitativo consegnato, di cui tuttavia l’ (OMISSIS) non disponeva ancora; 5) contatto telefonico tra l’ (OMISSIS) e il (OMISSIS), nel quale quest’ultimo avvertiva la necessita’ di far riferimento con linguaggio criptico e, a rigore, inusitato al controllo subito, menzionato come tamponamento, seguito da compilazione di constatazione amichevole, evidentemente non rispondente al vero; 6) nuovo contatto tra l’ (OMISSIS) e il (OMISSIS), nel quale costui segnalava che erano per strada e stavano arrivando; 7) colloquio tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel quale il primo, ormai in possesso dello stupefacente, era in grado di riferire al suo interlocutore che si trattava di circa 240 grammi e che la sostanza “fa schifo”.
Del tutto in linea con l’ipotesi accusatoria i Giudici di merito hanno dunque ritenuto che le conversazioni telefoniche, certamente concernenti l’operazione di cessione di cocaina, fossero idonee a dimostrare che il (OMISSIS) e il (OMISSIS), con la vettura di quest’ultimo, avevano portato la cocaina nel luogo convenuto con l’ (OMISSIS), in grado di parlarne al (OMISSIS) solo dopo averla attentamente valutata e pesata.
4.6. Nessun concreto elemento e’ stato in realta’ addotto per contrastare l’interpretazione delle conversazioni intercettate, al di la’ del significato attribuito all’esito negativo del controllo cui il (OMISSIS) e il (OMISSIS) erano stati sottoposti, a tale fine dovendosi tuttavia osservare come i Giudici di merito abbiano espressamente sottolineato che si trattava di dato non rilevante, “alla luce della scansione temporale e del contenuto delle conversazioni successive, che davano contro dell’avvenuta consegna dello stupefacente ad (OMISSIS), verosimilmente presso la di lui abitazione” (pag. 25 della sentenza di appello, nella quale l’avverbio verosimilmente non introduce un elemento probabilistico circa la dinamica dei fatti ma solo in ordine al luogo della consegna, che evidentemente non assume carattere dirimente, pur essendosi ragionevolmente ritenuto di individuarlo nell’abitazione dell’ (OMISSIS)).
5. Il quarto e il quinto motivo concernono il tema piu’ significativo, riguardante la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, a fronte della quale viene dedotta la mancata ammissione di prova decisiva.
5.1. Il ricorrente sottolinea che ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. aveva chiesto l’ammissione degli operanti, che avevano eseguito il controllo all’incrocio di via dei (OMISSIS), e che poi aveva chiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., sempre ai fini dell’escussione di tali testi.
Censura la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, osservando che la verifica del tipo di controllo effettuato avrebbe potuto condurre all’acquisizione di informazioni destinate ad incidere sull’esito del giudizio.
Osserva inoltre che sul punto la Corte territoriale aveva equivocato circa il significato della prova integrativa, fornendo una motivazione incongrua, incentrata sull’inutilita’ di verificare lo stato d’animo del (OMISSIS) al momento del controllo.
I due congiunti motivi di ricorso sono infondati.
5.2. Va al riguardo osservato che la mancata ammissione di una prova decisiva assume rilievo ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), allorche’ la parte ne abbia fatto richiesta “anche nel corso dell’istruzione dibattimentale, limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2”.
Deve trattarsi dunque di prova che assuma l’espresso valore di prova contraria, in quanto correlata a deduzioni probatorie di segno opposto.
D’altro canto la stessa deve poter rientrare nella sfera di operativita’ del diritto alla prova, che in primo luogo si fonda sulla possibilita’ di dedurre elementi idonei a contrastare la tesi contraria.
Inoltre occorre che la prova assuma carattere di decisivita’, in quanto di per se’ idonea a contrastare un elemento determinante ai fini del giudizio (si e’ sul punto affermato che “e’ “decisiva”, secondo la previsione dell’articolo 606 c.p.p., lettera d), la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante: Cass. Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di Meglio, rv. 259323).
Il tema dunque puo’ coinvolgere anche l’ambito di operativita’ delle garanzie di cui all’articolo 6 della Convenzione europea per i diritti umani, come interpretate dalla Corte di Strasburgo, venendo in gioco proprio il diritto di difendersi provando.
A tale riguardo risulta tuttavia inconferente il richiamo operato dal ricorrente ad una pronuncia della Corte di cassazione (Cass. Sez. 3, n. 15463 del 26/2/2014, Scarcella, non massimata), che affronta il diverso tema della revoca indebita di testi indicati a suo tempo dalla difesa e poi reputati superflui solo sulla base dell’audizione dei testi di accusa.
E’ di tutta evidenza che in un caso siffatto si finisce per comprimere il diritto alla prova, che si esprime attraverso l’indicazione di testi non manifestamente irrilevanti o superflui, secondo il disposto di cui all’articolo 190 c.p.p., testi relativamente ai quali il giudizio di superfluita’ deve essere commisurato al tema d’accusa e al quadro complessivo delle deduzioni difensive, ma non puo’ discendere dall’ascolto delle sole voci di una parte.
5.3. Ma nel caso in esame nel presente processo la situazione e’ totalmente diversa.
Sebbene il P.M. avesse gia’ prodotto la documentazione attestante l’avvenuto controllo, nell’interesse dell’imputato non erano state formulate prove specifiche in merito: solo ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. era stata invece richiesta l’ammissione degli operanti, respinta dal Tribunale.
Non ricorreva in tal caso il diritto alla prova, ma solo la facolta’ della parte di sollecitare l’integrazione dell’istruzione dibattimentale in relazione alla concreta possibilita’ di acquisire elementi reputati assolutamente necessari.
D’altro canto il Giudice avrebbe dovuto sul punto verificare non tanto l’astratta utilita’ della prova quanto la concreta necessita’ di acquisire l’elemento integrativo al fine di poter definire convenientemente il giudizio, potendosi ex post verificare la concreta influenza del dato eventualmente non acquisito sulla motivazione.
Corrispondentemente, non venendo in considerazione una prova nuova o successivamente scoperta e non essendo stata originariamente negata una prova richiesta ai sensi dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, non si sarebbe dovuto valutare il diritto alla prova della parte, ma si sarebbe dovuta considerare la completezza e idoneita’ del materiale probatorio gia’ acquisito, in relazione ad eventuali lacune emergenti o a profili di incertezza in concreto ravvisabili e tali da poter essere eliminati.
Anche in questo caso il riscontro dell’eventuale diniego dell’ammissione della prova avrebbe potuto rinvenirsi nella motivazione adottata, risultando censurabile quel diniego solo in relazione all’emergere di fratture nel percorso logico-ricostruttivo, che l’integrazione richiesta avrebbe potuto emendare.
5.4. Tutto cio’ sta ad indicare che non avrebbe potuto venire in considerazione nel caso di specie il diritto alla prova e con esso il profilo del diniego di una prova contraria decisiva, rilevante ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), ma semmai un profilo di vizio della motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione alla completezza e logicita’ di essa.
E’ stato del resto affermato che “la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche’ il motivo non potra’ essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 c.p.p. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione” (Cass. Sez. 2, n. 41744 del 6/10/2015, D’Attilo, rv. 264659; Cass. Sez. 2, n. 9763 del 6/2/2013, Muraca, rv. 2549749; Cass. Sez. 6, n. 33105 del 8/7/2003, Pacor, rv. 226534).
Nel contempo si e’ rilevato che “la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello, puo’ costituire violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado” (Cass. Sez. 1, n. 3972 del 28/11/2013, Ingui’, rv. 259136).
Ed al tempo stesso deve rimarcarsi che “in tema di ricorso per cassazione, puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello” (Cass. Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, dep. nel 2015, P.R., rv. 261799).
In definitiva la mancata ammissione della prova originariamente richiesta ex articolo 507 c.p.p. e poi riproposta agli effetti dell’articolo 603 c.p.p. non puo’ essere valutata in funzione dell’esercizio del diritto alla prova, bensi’ in rapporto alla concreta motivazione utilizzata dai Giudici di merito, in quanto da essa emergano profili di irragionevolezza o incompletezza che l’integrazione avrebbe potuto emendare.
5.5. Ma alla resa dei conti tutto cio’ non e’ ravvisabile.
Nonostante la mancata escussione degli operanti, va infatti rimarcato che i Giudici di merito hanno tenuto conto della documentazione prodotta in merito al controllo eseguito e della deposizione del teste (OMISSIS), che assistette da lontano al controllo, rilevando che era stato fatto aprire anche il bagagliaio dell’autovettura.
Ma soprattutto deve tenersi conto della restante analisi, alla cui stregua il Tribunale prima e la Corte poi – mediante richiamo delle osservazioni del Tribunale – hanno ritenuto che l’esito negativo del controllo non avrebbe potuto reputarsi rilevante, in quanto si sarebbe dovuto reputare comunque accertato sulla base della lettura conseguenziale di tutte le conversazioni che la droga era comunque in possesso del (OMISSIS) e dal (OMISSIS), i quali solo in un secondo momento l’avevano consegnata all’ (OMISSIS), rimasto per lungo tempo in attesa.
Ed invero la logicita’ della valutazione espressa sul punto dai Giudici di merito non risulta in alcun modo compromessa dalla mancata ammissione delle prove integrative richieste, riguardanti il controllo ed eventualmente le sue modalita’, fermo restando che lo stesso aveva avuto esito negativo e che tuttavia cio’ non poteva significare di per se’ l’assenza della droga all’interno della vettura.
A ben guardare deve escludersi la stessa decisivita’ della prova integrativa non ammessa, in quanto in ogni caso si sarebbero dovuti fare i conti – nel quadro di una valutazione unitaria – con le risultanze, nitidamente rappresentate, delle conversazioni intercettate e con i comportamenti dei protagonisti, una volta attestato dai Giudici di merito che il (OMISSIS), conversando con l’ (OMISSIS), aveva segnalato che i due stavano arrivando, a dimostrazione del fatto che l’ (OMISSIS) stava specificamente attendendo il (OMISSIS) e il (OMISSIS) a bordo della vettura di quest’ultimo.
Cio’ consente di escludere che la mancata integrazione dell’istruzione dibattimentale abbia influito sulla ricostruzione, viziandola dalle fondamenta e disvelandone l’irrimediabile incompletezza.
Ne’ puo’ assumere rilievo a tal fine il riferimento fatto dalla Corte di appello alla non necessita’ di valutare l’atteggiamento e la condotta del (OMISSIS) durante il controllo, posto che il contenuto essenziale della motivazione risiede specificamente nella presa d’atto del contenuto inequivoco delle conversazioni, tale da rendere comunque non rilevante, come gia’ ritenuto dal Tribunale, la valutazione dell’esito negativo del controllo in quello specifico contesto eseguito.
6. Il sesto e il settimo motivo sono inammissibili.
Si deduce la mancata valutazione dei motivi nuovi di appello e la carenza di motivazione derivante da quella mancata valutazione.
Sta di fatto tuttavia che tali motivi sono stati inviati a mezzo posta, mentre gli stessi ai sensi del disposto dell’articolo 585 c.p.p., comma 4, avrebbero dovuto essere depositati direttamente presso la cancelleria del giudice dell’impugnazione, cio’ che ai sensi dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), – e in ragione della tassativita’ e inderogabilita’ delle forme all’uopo stabilite (Cass. Sez. 1, n. 16356 del 20/3/2015, Piras, rv. 263321)- vale a renderli in radice inammissibili e come tali non valutabili.
D’altro canto va anche “ad abundantiam” rilevato che, pur essendosi allegata al ricorso copia dei motivi aggiunti, con una ricevuta di raccomandata e con documentazione riguardante un esito di spedizione postale, nella quale si segnala la non meglio specificata consegna in data (OMISSIS) alle 14,21, tuttavia non e’ stata fornita alcuna attestazione dell’effettiva ricezione e presa in carico dei motivi nuovi da parte della cancelleria della Corte di appello, con la conseguenza che non puo’ neppure dirsi sulla base di quella documentazione che l’atto sia pervenuto effettivamente al vero ed unico possibile destinatario e che cio’ sia avvenuto entro il termine di legge, fermo restando, si ribadisce, l’utilizzo di modalita’ di deposito non conformi a quelle previste dal citato articolo 585 c.p.p., comma 4.
7. Al rigetto del ricorso del (OMISSIS) segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) segue altresi’ la condanna al pagamento delle spese processuali, nonche’, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa di inammissibilita’, della somma di Euro 1.500,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
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