L’attività svolta da un coerede nell’interesse di altro coerede, in tanto può determinare l’accettazione dell’eredità, ancorché in maniera tacita, in quanto, in assenza di una preventiva delega, vi sia stata la successiva ratifica
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 14 aprile 2017, n. 9713
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
ricorso 28750/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
e contro
(OMISSIS) SOC.COOP.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 164/2015 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il 26/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/03/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie depositate dal ricorrente.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
(OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Brunico, (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo di essere proprietario della quota di 2/36 del maso chiuso in (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), giusta certificato di eredita’ n. (OMISSIS) e certificato integrativo n. 1877/98 emessi dal Pretore di Brunico, in quanto erede dell’originario comproprietario (OMISSIS), deceduto in data (OMISSIS).
Deduceva ancora che i convenuti erano comproprietari delle altre quote del maso, ma che l’istante essendo coltivatore diretto ed unico erede di (OMISSIS), aveva i requisiti per procedere all’assunzione del maso, posto che tutti gli altri coeredi avevano ceduto le loro quote al defunto (OMISSIS) ed al convenuto (OMISSIS).
Poiche’ nessuno degli altri comproprietari risultava essere erede del (OMISSIS), originario proprietario del maso chiuso, l’attore aveva tutti i requisiti preferenziali per la richiesta assunzione, e concludeva quindi per l’assegnazione della proprieta’ esclusiva del bene, con la determinazione del prezzo di assunzione.
Si costituiva il solo (OMISSIS), che contestava la fondatezza della domanda, eccependo che il bene aveva perso le caratteristiche del maso, e che in ogni caso il diritto dell’attore risultava prescritto.
Nel corso del giudizio interveniva la (OMISSIS) la quale esponeva di avere pignorato la quota di 25/36 appartenente al defunto (OMISSIS), successivamente trasferita ai convenuti, eccependo la prescrizione e la decadenza dell’attore dal diritto azionato.
Il Tribunale con la sentenza n. 354 dell’8 maggio 2014 accoglieva le eccezioni di prescrizione e di decadenza, rigettando la domanda.
L’appello proposto da (OMISSIS) era rigettato dalla Corte d’Appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano con la sentenza n. 164 del 16/9/2015.
I giudici del gravame, dopo aver disatteso l’eccezione degli appellati circa l’impossibilita’ di poter continuare a configurare l’esistenza di un maso chiuso, in assenza della necessaria delibera di risoluzione adottata dalla competente commissione masi, ritenevano che la soluzione del Tribunale in merito all’intervenuta prescrizione del diritto di accettazione dell’eredita’ di (OMISSIS) da parte dell’attore, meritava di essere confermata.
Infatti, il diritto di assunzione del maso e’ legato all’accettazione dell’eredita’ nel termine di prescrizione decennale.
Ancorche’ la presentazione di domanda di emissione del certificato ereditario comporti anche l’accettazione dell’eredita’, tuttavia la domanda nel caso di specie era stata presentata da (OMISSIS), in nome e nell’interesse dell’attore.
A fronte della tesi dell’appellante secondo cui vi sarebbe stata una gestione d’affari ex articolo 2018 c.c. (rectius 2028) con successiva ratifica, non appariva possibile pero’ individuare la ratifica nella mancata impugnazione del certificato ereditario, non potendosi attribuire al mero silenzio serbato dall’attore il significato di una volonta’ di ratificare l’operato del terzo gestore.
(OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello sulla base di due motivi.
La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo. Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.
Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Ritiene il ricorrente che a fronte della richiesta da parte di (OMISSIS) di rilascio del certificato ereditario anche nel suo interesse, ed a fronte della notifica del decreto tavolare a tutti gli interessati, la mancata proposizione del reclamo nel termine previsto, imponga di ritenere che l’omessa reazione equivalga ad una ratifica dell’operato del gestore d’affari.
Orbene, occorre a tal fine ricordare che costituisce principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui (cfr. Cass. n. 8001/2012) per i beni soggetti al regime tavolare, previsto dal Regio Decreto 28 marzo 1929, n. 499, nelle provincie gia’ austro-ungariche, l’efficacia costitutiva dell’iscrizione o intavolazione e’ limitata agli atti tra vivi, e non e’ estensibile ai trasferimenti per successione ereditaria, o agli acquisti a titolo originario, come l’usucapione.
In effetti, il certificato di eredita’ previsto, nelle provincie soggette al regime tavolare, dal Regio Decreto 28 marzo 1929 n. 499, articolo 13, fa presumere, ad ogni effetto, la qualita’ di erede, ai sensi dell’articolo 21 del predetto R.D., ma trattasi di presunzione, che e’ “iuris tantum” (Cass. n. 11195/1996). Inoltre l’assenza di carattere costitutivo del sistema di pubblicita’ tavolare per gli acquisti per causa di morte, in relazione ai quali, anzi, come si desume dall’articolo 3 del decreto istitutivo, l’intavolazione non ha nemmeno il valore di una condizione di opponibilita’, occorrendo andare a verificare la qualita’ di erede secondo la normativa successoria (cosi’ Cass. n. 6240/1996; Cass. n. 6322/1999), esclude che la sola intavolazione del certificato di eredita’ compiuta su iniziativa di un determinato soggetto anche nell’interesse di altro beneficiario, possa di per se’ determinare l’acquisto della qualita’ di erede.
In sostanza, vuol dirsi che anche in assenza di successiva opposizione al rilascio del certificato da parte del ricorrente, questi, in mancanza di una ratifica che non si esaurisca nella mera inerzia, ben avrebbe potuto contestare la propria qualita’ di erede, in quanto scaturente da attivita’ svolta da terzi in assenza di un previo incarico.
Ad avviso del Collegio appare quindi corretta l’affermazione del giudice di merito che ha escluso che possa attribuirsi valenza di ratifica al mero silenzio serbato da parte del ricorrente, ben potendosi fare richiamo ai principi espressi da Cass. n. 15888/2014, che, sebbene in relazione alla presentazione della domanda di voltura catastale, ha ribadito che l’attivita’ svolta anche da un coerede nell’interesse di altro coerede, in tanto puo’ determinare l’accettazione dell’eredita’, ancorche’ in maniera tacita, in quanto, in assenza di una preventiva delega, vi sia stata la successiva ratifica.
Trattasi peraltro di principi radicati nella giurisprudenza di questa Corte, che gia’ con la sentenza n. 5227/77 ebbe ad affermare che l’accettazione tacita di eredita’ puo’ avvenire anche per mezzo di negotiorum gestio concernente i relativi beni, ove intervenga la ratifica del chiamato a norma dell’articolo 2032 c.c., in quanto tutte le ragioni che si oppongono alla configurabilita’ di un’accettazione tacita di eredita’ per effetto della gestione di affari compiuta nell’interesse del chiamato e relativa ad atti di amministrazione (conf. Cass. n. 3958/1974, con specifico riferimento all’attivita’ di intestazione di beni catastali compiuta da un coerede in favore di altro coerede, ma con il consenso di quest’ultimo), vengono meno laddove la manifestazione di volonta’ del gestore, non dotato di poteri rappresentativi, sia ratificata dall’erede.
Tuttavia sebbene l’attivita’ del gestore faccia venire meno lo stato di inazione che sta a base della prescrizione, e determina la interruzione di questa, ponendo nel nulla il tempo gia’ passato e dando inizio ad un nuovo corso del termine prescrizionale, la ratifica da parte dell’erede deve comunque intervenire nel termine decennale che va calcolato dalla cessazione dell’attivita’ del gestore (Cass. n. 1773/1969).
Alla luce di tali principi, deve pertanto essere confermata la correttezza della soluzione alla quale e’ giunta la Corte d’Appello, atteso che non risulta essere stata effettuata, in epoca anteriore alla proposizione della domanda di assunzione, una ratifica da parte dell’attore dell’operato di colui che ha richiesto a suo nome il certificato di eredita’, ed essendo decorso tra la data di rilascio del certificato (13 aprile 1989) e da quella della sua integrazione (25/5/1989) a quella di proposizione della domanda giudiziaria (20/12/2012) un termine abbondantemente superiore a quello decennale di prescrizione del diritto di accettare l’eredita’.
Il secondo motivo e’ invece inammissibile in quanto si denunzia l’omesso esame di in fatto decisivo per il giudizio posto che il ricorrente aveva impugnato, con uno specifico motivo di appello, la sentenza del Tribunale anche nella parte in cui aveva ritenuto applicabile la decadenza biennale del diritto di assunzione del maso.
La Corte avrebbe tuttavia omesso di statuire su tale motivo di gravame. Va ancora rilevato che in realta’ il giudice di appello ha volutamente omesso di esaminare le contestazioni avverso tale seconda ratio decidendi del Tribunale, incentrando la sua attenzione unicamente sul profilo della prescrizione del diritto di accettare l’eredita’ da parte dell’attore, reputando che lo stesso, ove ritenuto fondato, avrebbe avuto portata assorbente circa la ulteriore questione della decadenza. L’infondatezza del primo motivo e la correttezza della conclusione in punto di prescrizione del diritto di accettazione dell’eredita’, che in maniera autonoma giustifica il rigetto della domanda, esimevano pertanto la Corte distrettuale dal dovere esaminare il motivo di gravame relativo al secondo argomento utilizzato dal Tribunale per respingere la domanda del (OMISSIS).
Il rigetto del ricorso principale determina poi l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato avanzato dalla (OMISSIS), con il quale si deduce l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 35A del DPGP n. 32/1978 (TU delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi) per contrasto con l’articolo 117 Cost., nella parte in cui, prevedendo che il diritto di assumere il maso non si estingue per prescrizione o per decadenza, ma solo in caso di prescrizione del diritto di accettare l’eredita’, avrebbe dettato una disciplina innovativa rispetto alla tradizione giuridica dell’istituto, invadendo pertanto il campo riservato alla legislazione statale.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla per le spese per l’intimato che non ha svolto attivita’ difensiva. Non ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, trattandosi di procedimento esente dal pagamento del contributo in questione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge.
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