E’ amministratore di fatto non chi eserciti tutti i poteri propri dell’organo di gestione ma quantomeno un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nella società
Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 23 settembre 2016, n. 39681
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti dai difensori di:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5/11/2014 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi per gli imputati gli avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi presentati nell’interesse dei rispettivi assistiti.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale come loro rispettivamente contestati nella loro qualita’ di amministratori di diritto o di fatto della (OMISSIS) s.r.l. fallita nel (OMISSIS).
2. Avverso al sentenza ricorrono gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1 Nell’interesse del (OMISSIS) vengono dedotti errata applicazione della legge penale, violazione di legge e vizi della motivazione. In particolare viene eccepita la violazione del principio di correlazione per il difetto di contestazione della qualifica di amministratore di fatto della fallita attribuitogli nella sentenza di primo grado e il ritenuto concorso con il (OMISSIS). Il ricorrente inoltre contesta la tenuta logica del ragionamento attraverso cui la Corte territoriale ha ritenuto provata l’assunzione di tale qualifica da parte dell’imputato, obiettandosi come non sia concepibile che una societa’ sia retta da due amministratori di fatto, mentre gli altri indici sintomatici individuati dai giudici del merito dimostrerebbero l’esatto contrario di quanto sostenuto in sentenza e cioe’ che il (OMISSIS) e’ stato solo amministratore formale della fallita, accusa da cui si era per l’appunto difeso in prime cure, rimanendo invece indimostrato l’esercizio continuativo di fatto dell’attivita’ gestionale della medesima in concorso con il menzionato (OMISSIS). Quanto agli addebiti di bancarotta patrimoniale viene lamentato innanzi tutto il difetto di motivazione in ordine al fatto, eccepito con il gravame di merito, che la distrazione dei macchinari acquistati dalla (OMISSIS) fosse avvenuta in epoca successiva a quella in cui l’imputato si sarebbe occupato dell’amministrazione della societa’. Con riguardo invece all’emissione di assegni tratti sul conto corrente della fallita, la Corte territoriale avrebbe fondato la prova della sua responsabilita’ in maniera illogica sulla mera dichiarazione resa in tal senso dal curatore in assenza di riscontri documentali in grado di comprovare la circostanza, pur in presenza della formale contestazione da parte del (OMISSIS) della genuinita’ della firma apposta sui titoli e nell’impossibilita’ di stabilire se la loro emissione fosse effettivamente intervenuta nell’arco temporale della sua gestione.
2.2 Analoghi vizi vengono dedotti nel ricorso proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS). Sotto un primo profilo viene eccepita la violazione del principio di correlazione, atteso che l’equivalenza tra le condotte che caratterizzano la prima fattispecie contemplata dall’articolo 216, comma 1, n. 2) legge fall., oggetto di contestazione all’imputato, non consentiva, come invece erroneamente ritenuto dai giudici dell’appello, la pronunzia nei suoi confronti di condanna per la diversa fattispecie di irregolare tenuta fraudolenta dei libri contabili, come invece avvenuto. Sotto altro profilo il ricorrente lamenta il sostanziale difetto di motivazione sui rilievi svolti con i motivi d’appello in merito alla sussistenza del dolo tipico del reato ed alla necessaria riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 217 legge fall., la cui prova la Corte territoriale avrebbe tratto esclusivamente dalla materialita’ della condotta.
2.3 Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) articola cinque motivi.
2.3.1 Con il primo deduce violazione di legge lamentando il difetto di correlazione tra l’affermata responsabilita’ per la condotta di omessa istituzione delle scritture contabili e quella contestata di sottrazione od occultamento delle stesse. Viziata sarebbe poi la motivazione della sentenza in merito alla ritenuta sussistenza della prova del dolo specifico necessario per l’integrazione della bancarotta documentale fraudolenta imputata, piuttosto che della mera negligenza tenuta nella conservazione delle suddette scritture, al piu’ rilevante ai fini della contestazione del reato di cui all’articolo 217, comma 2 legge fall. Ed in tal senso la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare o ingiustificatamente svalutato le circostanze dedotte dalla difesa in ordine alla cessazione dell’attivita’ della fallita nel 2000 ed all’impossibilita’ per il (OMISSIS) di reistituire le scritture contabili nel 2002 – giacche’ di quelle relative al periodo precedente era stato denunziato il furto dall’amministratrice in carica al tempo – in quanto egli, a partire dall’inizio del 2003, si trovava ristretto in custodia cautelare. In riferimento alle contestazioni di bancarotta patrimoniale il ricorrente evidenzia come, quanto ai macchinari acquistati dalla fallita, non sussista alcuna prova della loro distrazione, atteso che il curatore non avrebbe ricercato i beni laddove si trovavano, mentre comunque l’addebito farebbe riferimento allo stato patrimoniale della fallita al 1999 e cioe’ ben cinque anni prima dell’instaurazione della concorsualita’. Non di meno i giudici dell’appello non avrebbero tenuto conto che la societa’ subi’ nell’aprile del 2002 un accesso da parte della G.d.F. nel corso del quale non vennero rinvenuti i suddetti beni.
2.3.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizi della motivazione in ordine all’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita in assenza di qualsiasi prova in grado di avvalorarla una volta dichiarate inutilizzabili le dichiarazioni predibattimentali dei coimputati che lo avevano indicato come tale e sulle quali pure si era fondata la pronunzia di primo grado. Con il terzo motivo ulteriore difetto di correlazione viene eccepito in riferimento alla condanna per la distrazione dei macchinari acquistati nel 2002, atteso che di tale fatto non vi era traccia nell’originaria imputazione, nella quale si faceva esclusivo riferimento ai beni risultanti dallo stato patrimoniale redatto nel 1999.
2.3.3 Con il quarto motivo viene dedotta la mancata assunzione di una prova decisiva. In tal senso reitera l’eccezione, gia’ respinta in sentenza, relativa alla mancata assunzione nel dibattimento di primo grado ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), in grado di riferire sul rinvenimento di parte della documentazione della fallita presso il capannone di altra societa’ presente nel medesimo sito in cui operava l'(OMISSIS), e lamenta altresi’ l’ingiustificato rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avente il medesimo oggetto.
2.3.4 Con il quinto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta infine vizi della motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche, non avendo la Corte territoriale tenuto conto dell’incensuratezza dell’imputato, della tenuita’ del danno, atteso che solo due creditori si sarebbero insinuati al passivo della fallita, nonche’ del fatto che il (OMISSIS) come gli altri soci – hanno rinunziato ai crediti vantati nei confronti della societa’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del (OMISSIS) e’ infondato e per diversi aspetti inammissibile e deve essere conseguentemente rigettato.
1.1 Infondata e’ l’eccepita violazione del principio di correlazione in riferimento all’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale. In proposito e’ necessario infatti ricordare come le disposizioni contenute negli articoli da 516 a 522 c.p.p., avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato, vanno interpretate con riferimento alle finalita’ alle quali sono dirette, cosicche’ non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilita’ di difesa dell’imputato. In tale prospettiva, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perche’, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione e’ del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. Un. n. 36551 del 15 luglio 2010, Carelli, rv 248051; Sez. Un. n. 16 del 19 giugno 1996, Di Francesco, rv 205620). In particolare, per oramai consolidata giurisprudenza, qualora venga dedotta la violazione del principio di necessaria correlazione fra accusa contestata e sentenza, al fine di verificare se vi sia stata una trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito, non soltanto va apprezzato in concreto se nella contestazione, considerata nella sua interezza, non si rinvengano gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, ma anche se una tale trasformazione, sostituzione o variazione abbia realmente inciso sul diritto di difesa dell’imputato, e cioe’ se egli si sia trovato o meno nella condizione concreta di potersi difendere.
1.2 In tal senso deve allora evidenziarsi come oggetto della contestazione mossa all’imputato sia il mancato reperimento delle scritture contabili. Posto il consolidato insegnamento di questa Corte – richiamato anche in sentenza – per cui ai fini della configurabilita’ del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non e’ necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se e’ comunque certa la sussistenza di una di esse ed e’ inoltre acquisita la prova in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 47923 del 23 settembre 2014, De Santis, Rv. 261040), il fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto alternativamente consumata la condotta di occultamento (come originariamente contestato) ovvero di omessa tenuta non integra alcuna violazione del principio invocato, giacche’ ab origine l’imputato e’ stato posto nelle condizioni di difendersi sul fatto integrante il nucleo essenziale della contestazione.
1.3 Inammissibile e’ invece l’eccezione processuale svolta con il quarto motivo in riferimento alla mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera d). A parte il fatto che la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2 e non nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 c.p.p. – come avvenuto nel caso di specie – e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 2, n. 841/13 del 18 dicembre 2012, Barbero, Rv. 254052), l’eccezione non puo’ ritenersi ammissibile nemmeno sotto il diverso profilo della violazione dell’articolo 603 c.p.p. pure evocato incidentalmente dal ricorrente. Ed infatti con il ricorso per cassazione puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (ex multis Sez. 6, n. 1256/14 del 28 novembre 2013, Cozzetto, Rv. 258236). In tal senso deve allora rilevarsi come il ricorso, non solo non abbia disvelato le ragioni della presunta decisivita’ delle testimonianze di cui non e’ stata ammessa dal giudice dell’appello l’assunzione, ma altresi’ non si e’ confrontato con l’articolata motivazione con cui la sentenza ha evidenziato l’esatto contrario in ragione dell’avvenuta acquisizione processuale della documentazione sulla quale i testi avrebbero dovuto deporre.
1.4 Venendo alle altre doglianze del ricorrente va innanzi tutto ricordato l’insegnamento di questa Corte per cui e’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli gia’ dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (tra le tante Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n. 22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio 2005, Giagnorio, rv. 231708). In altri termini, e’ del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la sostanziale mera riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non puo’ essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello, risultando, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta (Sez. 6 n. 20377 del 11 marzo 2009, Arnone, rv 243838).
1.5 In tal senso devono ritenersi irrimediabilmente generiche le restanti censure svolte con il primo motivo, che si limitano a riproporre a critica della sentenza i medesimi argomenti sottoposti al giudice dell’appello e da questo confutati con motivazione logica e coerente alle risultanze processuali e con la quale il ricorrente in sostanza non si e’ confrontato anche con riferimento all’esclusione dei presupposti per la derubricazione della bancarotta documentale, giacche’ la mera contrapposizione della propria lettura delle risultanze processuali – al di la’ dell’inammissibile incursione nel merito che questa comporta – non e’ mezzo sufficiente ad evidenziare eventuali difetti del discorso giustificativo. Ed analoghe considerazioni valgono per le doglianze avanzate con il secondo motivo, atteso che il provvedimento impugnato in maniera logica ha ritenuto raggiunta la prova dell’assunzione da parte dell’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita (anche una volta espunte dal compendio probatorio di riferimento le dichiarazioni eteroaccusatorie dei coimputati) attraverso la ricognizione degli eterogenei atti gestionali posti in essere dal (OMISSIS).
1.6 Manifestamente infondato e’ il terzo motivo, risultando insussistente il denunziato difetto di correlazione con lo stesso denunziato gia’ dalla lettura del capo d’imputazione, nel quale – come correttamente osservato dai giudici del merito – in alcun modo la contestazione della distrazione dei beni strumentali della societa’ e’ stata delimitata a quelli acquistati prima del 1999. Al piu’ avrebbe potuto farsi questione in merito alla determinatezza dell’imputazione, eccezione pero’ che il ricorrente non ha dedotto in questa sede e, cio’ che piu’ conta, non risulta nemmeno aver sollevato tempestivamente nel giudizio di merito.
1.7 Inammissibili sono infine anche le censure relative al trattamento sanzionatorio svolte nel quinto motivo. Quanto al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche dimentica il ricorrente come, per il consolidato orientamento di questa Corte, queste hanno lo scopo di estendere le possibilita’ di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di altrimenti non codificabili situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entita’ del reato e della capacita’ a delinquere del suo autore. In tal senso la necessita’ di tale adeguamento non puo’ mai essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice l’obbligo, quando ne affermi la sussistenza, di fornire apposita e specifica motivazione idonea a fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (ex multis e da ultime Sez. 3, n. 19639 del 27 gennaio 2012, Gallo e altri, Rv. 252900; Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013 – dep. 15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716). Ed e’ in questa cornice che devono essere inseriti gli ulteriori principi per cui la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalita’ del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo, anche quindi limitandosi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface, rv 248737; Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, Sermone e altri, Rv. 249163). In tal senso la Corte territoriale ha esaustivamente motivato la sua decisione facendo riferimento all’intrinseca gravita’ del fatto e alle specifiche modalita’ che caratterizzano la preminenza del contributo causale del (OMISSIS) alla consumazione del reato. Con riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante della speciale tenuita’ del danno deve invece rilevarsi come non risulta che la stessa fosse stata oggetto di specifica richiesta avanzata con il gravame di merito, anche volendo sorvolare sull’intrinseca genericita’ dell’argomento sviluppato dal ricorrente a sostegno della sua lamentela e cioe’ che solo due creditori si sarebbero insinuati nel fallimento.
2. E’ invece fondato il ricorso presentato nell’interesse del (OMISSIS).
2.1 Infondata e’ in realta’ l’eccezione relativa alla presunta violazione del principio di correlazione in merito all’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita dedotta con il primo motivo. Come correttamente osservato dalla Corte territoriale – dinanzi alla quale era stata sollevata la medesima eccezione – nei capi d’imputazione non era stata, specificamente contestata al (OMISSIS) la diversa qualifica di amministratore di diritto della societa’, che peraltro nel periodo in cui vennero consumate le condotte illecite oggetto di rimprovero pacificamente non ricopriva.
2.2 Colgono invece nel segno le censure mosse dal ricorrente alla motivazione della sentenza in merito alla dimostrazione dell’effettiva assunzione da parte dell’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita.
2.2.1 Secondo il consolidato orientamento di questa Corte e’ amministratore di fatto non chi eserciti tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma quantomeno un’apprezzabile attivita’ gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nella societa’ (ex multis Sez. 5, n. 35346 del 20 giugno 2013, Tarantino, Rv. 256534).
2.2.2 Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto il (OMISSIS) amministratore di fatto della fallita in virtu’ da alcuni comportamenti tenuti (ed ammessi) dallo stesso, consistiti nel presentarsi quale rappresentante legale della fallita in occasione della verifica fiscale subita dalla medesima proponendosi come referente per i finanzieri operanti nel corso del suo svolgimento e, sempre nella stessa veste, nell’accendere un conto corrente intestato alla societa’, operando sullo stesso e, soprattutto, consentendo che vi operasse anche il (OMISSIS).
2.2.3 Tale apparato giustificativo, alla luce dei principi sopra ricordati, appare allora gravemente lacunoso, non avendo tenuto conto la sentenza del ristretto arco di tempo in cui sono stati tenuti i comportamenti sopra descritti e il carattere abusivo del secondo di quelli menzionati, posto in essere – come sostanzialmente ritenuto anche dai giudici del merito – al solo fine di agevolare i piani del (OMISSIS) e su disposizione di quest’ultimo. Piu’ in generale la Corte territoriale non ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di poter escludere che l’imputato si sia limitato a prestare un contributo certamente rilevante – alla consumazione delle condotte attribuibili innanzi tutto al citato (OMISSIS), agendo come suo prestanome ed abbia invece assunto (ed inteso assumere) l’effettiva gestione della societa’ in maniera effettivamente continuativa.
2.2.4 Va precisato in tal senso che alcun pregio presenta l’obiezione difensiva per cui sarebbe illogico ritenere che una societa’ venga governata da due amministratori entrambi di fatto. Si tratta infatti di rilievo manifestamente infondato nella misura in cui si serve di una massima d’esperienza priva di qualsiasi base fattuale e certamente non imposta dai principi elaborati da questa Corte per tracciare il profilo dell’amministratore di fatto sulla scorta della tipizzazione di tale figura con riferimento ai reati societari dall’articolo 2639 c.c.. In realta’ la suddetta qualifica puo’ essere ricoperta anche da piu’ soggetti contemporaneamente ovvero in concorso con chi rivesta invece quella di amministratore di diritto non necessariamente in modo meramente formale, nell’ambito di una ripartizione dei poteri e delle funzioni e sempre che il loro esercizio risulti per l’appunto espressione della funzione gestoria.
2.2.5 Il giudice dell’appello doveva invece evidenziare le ragioni per cui, con riferimento alla bancarotta patrimoniale, al (OMISSIS) non possa attribuirsi la qualifica di concorrente extraneus nel reato commesso dal (OMISSIS), approdo qualificatorio che non comporterebbe, come gia’ chiarito da questa Corte (Sez. 5, n. 18770/15 del 22 dicembre 2014, Runca, Rv. 264073), alcuna violazione del principio di correlazione, ma che, qualora imposto dalla rivalutazione delle risultanze processuali, impedirebbe di attribuire all’imputato la responsabilita’ per il reato di bancarotta documentale qualora non venga provato un suo effettivo contributo alla consumazione del reato diverso dalla violazione per omissione dei doveri discendenti dalla qualifica di amministratore di fatto, che dalla sentenza emerge essere stato sostanzialmente il titolo per cui e’ stata ritenuta la responsabilita’ del (OMISSIS) anche per tale reato.
2.3 Fondate sono altresi’ le doglianze del ricorrente relative alla distrazione dei macchinari della (OMISSIS), atteso che la sentenza ha sostanzialmente riconosciuto l’estraneita’ dell’imputato a tale addebito, non traendone le necessarie conclusioni nel dispositivo, ma soprattutto non dimostrando di aver tenuto conto della circostanza nella valutazione delle doglianze proposte con il gravame di merito in ordine al trattamento sanzionatorio.
3. Fondato e’ altresi’ il ricorso dell’ (OMISSIS). Posto che questi, per come narrato nella sentenza impugnata, ha assunto la carica di amministratore di diritto quando la societa’ era gia’ inattiva e sostanzialmente quale mera “testa di legno” e che il fatto contestatogli e’ quello di omessa tenuta fraudolenta delle scritture contabili, risulta evidente il difetto di motivazione in merito alla sussistenza dello specifico dolo di recare pregiudizio ai creditori richiesto per la sussistenza del reato di bancarotta documentale per cui e’ stato condannato e sulle ragioni per cui lo stesso fatto non possa invece essere derubricato ai sensi dell’articolo 217, comma 2 legge fall.
4. In conclusione il ricorso del (OMISSIS) deve essere rigettato, con conseguente condanna del medesimo al pagamento delle spese del procedimento, mentre, con riguardo alle posizioni del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS), deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) ed (OMISSIS) con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo esame.
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