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3. Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) a mezzo dei rispettivi difensori fiduciari. Ha, inoltre, proposto ricorso l’avv. (OMISSIS) per conto della (OMISSIS) S.p.A..
3.1. Muovendo dalla disamina del ricorso proposto dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), l’impugnazione si articola in sei motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
3.1.1. Con il primo di essi, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), C) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 416 c.p. e articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla “omessa disamina di plurime decisive risultanze probatorie nonche’ al travisamento di altre ulteriori fonti di prova”.
In particolare, la sentenza avrebbe omesso di confrontarsi con le osservazioni difensive svolte dall’imputato in sede di esame dibattimentale, asseritamente suffragate dalla documentazione in atti (costituita dalle visure delle societa’ riferibili a (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS), attestanti la costituzione delle cartiere sia prima che dopo i fatti per cui e’ processo, secondo quanto confermato dal tenente colonnello (OMISSIS) della Guardia di Finanza e, quanto alla esistenza di cartiere, dallo stesso Luogotenente (OMISSIS)), da plurime deposizioni testimoniali (in particolare di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nonche’ dei testi assistiti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e dal contenuto di svariate intercettazioni telefoniche. Osservazioni difensive da cui sarebbe emerso che (OMISSIS), a fronte dell’esigenza di sostenere il rilevante apporto del credito bancario e non potendo piu’ utilizzare le “riba” fittiziamente create da societa’ del suo gruppo, nel 2008 aveva chiesto a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – i quali, da molti anni e ben prima della vicenda per cui e’ processo avevano ampiamente rodato e affinato il sistema delle societa’ cartiere messe a disposizione del “mercato” – di poter emettere, a favore di alcune delle loro societa’, fatture in reverse charge, in modo da poter depositare presso gli istituti di credito delle “riba” a loro carico. Ed inoltre, che per poter finanziare tale artificio, si era stabilito di far emettere da altre societa’, comunque riferibili agli stessi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), fatture con Iva relativa a forniture di materiali alla sua societa’ (OMISSIS) S.p.a.; e che in questo modo, mediante il pagamento da parte di (OMISSIS) delle fatture ivate, i tre utilizzassero la provvista cosi’ conseguita per pagare le “riba”. Pertanto, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che le societa’ cartiere con cui (OMISSIS) si era rapportato fossero state costituite appositamente per assecondarne il progetto frodatorio nonche’ nell’escludere che (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero offerto al mercato, in autonomia, societa’ alle quali formalmente intestare la manodopera con la prospettiva di compensare i contributi previdenziali con il credito Iva, “gia’ in pancia” delle nuove societa’ cartiere e, infine, nell’assegnare alla (OMISSIS) di (OMISSIS) e (OMISSIS) la funzione di “secondo livello” dell’associazione, funzionale alla realizzazione di uno schermo tra la (OMISSIS) e le societa’ cartiere in relazione all’impiego della manodopera nei cantieri edili. Circostanza, quest’ultima, esclusa dalle produzioni effettuate il 17/11/2014 e dalle testimonianze di (OMISSIS) e (OMISSIS), da cui sarebbe emerso che le societa’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) operavano per svariati clienti e non gia’ soltanto per (OMISSIS), talche’ la (OMISSIS) avrebbe fatturato per (OMISSIS), in relazione alle prestazioni d’opera di carpenteria, soltanto un quarto del suo fatturato complessivo. Sotto altro profilo, nell’affermare che la (OMISSIS) fosse stata costituita come societa’ di secondo livello, la Corte territoriale avrebbe violato le disposizioni dettate dall’articolo 192 c.p.p., commi 2, 3 e 4 in relazione alla valutazione delle dichiarazioni dei testi assistiti, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), utilizzando meri brani delle loro deposizioni ed omissando altri passaggi significativi. In particolare, dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS) sarebbe emerso che fosse stato quest’ultimo ad avere offerto i propri servizi ad (OMISSIS), sicche’ non sarebbe stato quest’ultimo a ordinare la realizzazione della cartiere. Analogamente, (OMISSIS), pur smentendo quanto affermato in sede di interrogatorio davanti al pubblico ministero, avrebbe affermato di essere stato sempre a conoscenza del sistema per risparmiare i contributi, di sapere da tempo dell’attivita’ cartiera di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sicche’ erroneamente la Corte territoriale avrebbe affermato che fosse stato (OMISSIS) a veicolare la (OMISSIS) verso le societa’ cartiere, tanto piu’ che sulla scorta delle produzioni difensive effettuate il 17/11/2014 e della testimonianza di (OMISSIS), sarebbe risultato provato che (OMISSIS) e (OMISSIS) si fossero serviti di alcune cartiere del trio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ all’epoca in cui essi operavano con la cooperativa COGECA. Infine, (OMISSIS) avrebbe chiarito che (OMISSIS) gli aveva illustrato, solo per sommi capi, il meccanismo dei subappalti, senza pero’ imporre alcuna condotta, tanto meno le assunzioni o le dismissioni degli operai o il passaggio degli stessi da una societa’ all’altra. Dunque, ne’ (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero attestato che i rapporti di false fatturazioni tra (OMISSIS) e la “triade” erano risalenti nel tempo, ne’ (OMISSIS) avrebbe affermato che la sua conoscenza con (OMISSIS) risaliva a prima del 2008 ed aveva gia’ riguardato rapporti di illecita fatturazione; ne’ (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero riferito che (OMISSIS) avesse loro indicato di costituire la (OMISSIS) “per creare un passaggio intermedio” tra (OMISSIS) e le cartiere.
Conclusivamente, il ricorrente rappresenta che secondo le acquisizioni istruttorie:
– i rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero afferenti ai reati sub B) e C) della rubrica nei modi descritti dall’imputato e non pianificabili, ma di volta in volta determinati dall’insorgere di problematiche finanziarie da parte di (OMISSIS);
– i rapporti tra (OMISSIS) di (OMISSIS) e (OMISSIS) con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero stati autonomamente intrapresi fin dal 2006/2007 come sarebbe dimostrato dall’elenco fornitori di COGECA (societa’ cooperativa degli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS)), e, di volta in volta, rinnovati in base alle esigenze di manodopera di (OMISSIS);
– i rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), consistiti nello scambio fatture in reverse charge con fatture ivate a fini di ri.ba sarebbero stati ontologicamente diversi dai rapporti tra societa’ cartiere e (OMISSIS);
– il furto di 2.200.000 Euro perpetrato da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in danno di (OMISSIS), come da costui riferito e risultante dalle intercettazioni telefoniche del giugno – agosto 2010, sarebbe stato dimostrativo dell’inesistenza di un’organica pianificazione dei rapporti dare – avere.
3.1.2. Con il secondo motivo, la difesa di (OMISSIS) censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 6 CEDU. e all’articolo 533 c.p.p., e articolo 603 c.p.p., comma 3. La Corte territoriale avrebbe riformato la sentenza assolutoria di primo grado in ordine al reato associativo affermando la penale responsabilita’ eminentemente sulla base di una diversa valutazione di attendibilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), senza procedere a nuova escussione degli stessi e, dunque, in violazione al’orientamento giurisprudenziale, da ultimo riaffermato con la sentenza Sez. Un., n. 27620 del 28/04/2016, dep. 6/07/2016, Dasgupta, secondo cui il giudice di appello non puo’ pervenire a condanna in riforma della sentenza assolutoria di primo grado basandosi esclusivamente, o comunque in modo determinante, su una diversa valutazione delle fonti dichiarative delle quali non abbia proceduto anche d’ufficio a una rinnovata assunzione. Nel caso di specie, le anzidette dichiarazioni sarebbero state evocate dalla Corte territoriale quale elemento probatorio decisivo al fine di attribuire ad (OMISSIS) l’ordine di costituzione delle cartiere utilizzate, nonche’ l’ordine di costituzione della societa’ (OMISSIS) – il cd. secondo livello – al fine di farne uno schermo per l’utilizzo della manodopera in nero.
3.1.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla compartecipazione di (OMISSIS) al delitto previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, ascritto, in concorso tra loro, a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla compensazione attuata dalle societa’ cartiere tra i crediti Iva e gli importi dovuti a titolo di ritenute previdenziali.
3.1.4. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), dell’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonche’ della mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla configurabilita’ del delitto previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, e contestato al capo C). Secondo la tesi difensiva, non essendo stata dimostrata l’effettiva emissione delle fatture in reverse charge da parte della (OMISSIS) S.p.A., ne’ l’effettiva utilizzazione delle stesse, da parte delle societa’ “cartiere”, al fine di evadere le imposte sui redditi, il delitto non avrebbe potuto essere integrato, tanto piu’ che la sentenza non avrebbe vagliato le giustificazioni addotte da (OMISSIS) in ordine al fatto che le fatture sarebbero state emesse unicamente per emettere, a loro volta, delle ricevute bancarie da scontare presso gli istituti di credito.
3.1.5. Con il quinto motivo, la difesa di (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 81 cpv., 132 e 133 c.p., nonche’ la mancanza della motivazione in relazione alla mancata esplicazione delle ragioni per le quali, una volta determinata la pena base per il piu’ grave delitto di cui al capo A), l’aumento in relazione ai delitti contestati ai capi B), C) e D) sia stato determinato in misura pari a un anno di reclusione per ciascuno di essi.
3.1.6. Con il sesto motivo, il ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), l’inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale in relazione all’articolo 523 c.p.p., articolo 525 c.p.p., comma 1 e articolo 544 c.p.p., con conseguente nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 178 del codice di rito. Il dispositivo della sentenza impugnata recherebbe non la data della sua lettura, ovvero il 14/07/2016, corrispondente all’udienza di rinvio per eventuali repliche delle parti, in realta’ mai formulate; quanto quella, ad essa anteriore, del 12/07/2016. Pertanto, non essendo mai stata avviata la procedura per correzione dell’errore materiale, si deduce che la deliberazione sia avvenuta prima dell’udienza per eventuali repliche e della formale chiusura del dibattimento, con conseguente violazione delle regole processuali e nullita’ della pronuncia.
3.2. Venendo, quindi, al ricorso proposto dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), l’impugnazione si articola in sei distinti motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
3.2.1. Con il primo di essi, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 416 c.p., nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. Sotto un primo profilo, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato l’esistenza di una associazione per delinquere a partire dal dato, invero, non concludente, relativo all’esistenza di una struttura societaria, senza che pero’ sia stata dimostrata l’esistenza di un vincolo associativo stabile e di un programma criminoso. Sotto altro profilo, i giudici di appello avrebbero errato nell’affermare che fosse stata dimostrata la partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio, apoditticamente rinvenuta nella asserita necessita’ che la presunta associazione disponesse di figure professionali in grado di muoversi consapevolmente in ambito fiscale. La sentenza, infine, sarebbe illogica laddove avrebbe ritenuto ininfluente la circostanza che (OMISSIS), indicato come il dominus del sodalizio, nell’ambito del quale sarebbe stato necessario realizzare una gestione contabile accentrata, non conoscesse e non avesse avuto alcun contatto con lo stesso (OMISSIS), ovvero con il soggetto al quale sarebbe stata affidata l’intera gestione contabile delle cartiere.
3.2.2 Con il secondo motivo, la difesa di (OMISSIS) censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), c l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, contestato al capo D) della rubrica, nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. La sentenza di secondo grado, infatti, avrebbe omesso di rispondere alle doglianze con le quali, nell’atto di appello, era stato dedotto che nel capo D) dell’imputazione non fossero state indicate le fatture relative alle operazioni asseritamente inesistenti, ne’ le societa’ che le avrebbero emesse; e con le quali era stato opinato che le operazioni inesistenti contestate al capo D), che secondo l’ipotesi accusatoria sarebbero state utilizzate in compensazione, sarebbero state, in realta’, esenti da Iva e, come tali, inidonee allo scopo. Inoltre, in relazione alla mancata dimostrazione della consapevolezza di (OMISSIS) dell’attivita’ di illecita compensazione, la sentenza avrebbe illogicamente tratto argomento a favore della piena conoscenza dell’attivita’ illecita dal fatto che il commercialista si interfacciasse con i gestori di fatto delle cartiere e come, in presenza di palesi indici di anomalia delle societa’ in questione, egli dovesse certamente avvedersi della loro “operativita’ solo fittizia”.
3.2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera E), la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, in relazione all’affermazione di responsabilita’ di (OMISSIS) per il delitto di distruzione o occultamento delle scritture contabili, non avendo la Corte territoriale adeguatamente valorizzato alcuni elementi di fatto pacificamente provati nel corso del dibattimento: la circostanza che fosse stata depositata la quietanza relativa alla consegna a (OMISSIS), da parte di (OMISSIS), dei documenti contabili; che la non operativita’ della (OMISSIS) era dovuta al recente trasferimento della sede; che la posta della societa’ veniva ritirata non da (OMISSIS) ma dalle sue impiegate, su richiesta di quelle della (OMISSIS); che le intercettazioni tra Forlani e (OMISSIS) avrebbero dimostrato che (OMISSIS) fosse convinto dell’avvenuto allagamento dei locali in cui era custodita la documentazione contabile.
3.2.4. Con il quarto motivo, la difesa di (OMISSIS) si duole, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), dell’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 319 e 321 c.p. nonche’ della mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. I giudici di appello non avrebbero dimostrato il coinvolgimento di (OMISSIS) nella dazione della somma al funzionario corrotto, (OMISSIS), che sarebbe stata ordita a sua insaputa dai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), come emergerebbe da una intercettazione telefonica tra i due. La circostanza che l’incontro con (OMISSIS), nel corso del quale aveva avuto luogo la dazione della somma, fosse avvenuto nello studio di (OMISSIS) non ne proverebbe la compartecipazione illecita, tenuto conto del fatto che lo stesso (OMISSIS) prestava la propria opera professionale a favore delle societa’ controllate e che, quindi, l’incontro nel suo studio, ove era disponibile la documentazione utile al controllo, sarebbe stato del tutto giustificato.
3.2.5. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E), la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, sotto il profilo del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che la sentenza avrebbe apoditticamente giustificato con la “evidente gravita’ del comportamento tenuto”, senza considerare gli elementi a favore evidenziati dalla difesa, quali la corretta condotta professionale svolta per molti anni, la sua irreprensibile condotta di vita, il leale comportamento processuale.
3.2.6. Con il sesto motivo, la difesa di (OMISSIS) lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 322 – ter c.p.p., nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. Sotto un primo aspetto, si rileva come la Corte territoriale non abbia risposto alla questione, posta in sede di appello, relativa alla necessita’ di scomputare alcune somme (quali quella relativa ai crediti oggetto di indebita compensazione di alcune societa’ che (OMISSIS) non aveva assistito professionalmente, nonche’ quella detratta dalla (OMISSIS) S.r.l., che non sarebbe mai stata cliente dell’imputato). Sotto altro profilo, si osserva come i giudici di appello abbiano erroneamente ritenuto che il bene sottoposto a confisca, pur formalmente intestato alla moglie dell’imputato, fosse in realta’ appartenente a quest’ultimo. In particolare, la sentenza impugnata non avrebbe risposto alle censure svolte in appello circa l’acquisto dell’immobile con i fondi presenti su un conto corrente bancario intestato alla donna e alimentato da prestiti e donazioni di amici e parenti, nonche’ utilizzando somme che le sarebbero state fornite dal marito, il quale le avrebbe, in realta’, restituito quanto in precedenza ella gli avrebbe dato in prestito.
3.3. Con atto depositato in data 26/11/2016 ha proposto per cassazione anche l’avv. (OMISSIS) in nome e per conto della (OMISSIS) S.p.A., il quale, dopo avere sunteggiato i punti principali della presente vicenda processuale, ha dedotto due distinti motivi di impugnazione.
3.3.1. Con il primo di essi, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita’ in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 39, 40, 41, 42, 43, 56 e 59, articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articolo 185 c.p.p., atteso che l’illecito amministrativo da cui e’ conseguita l’adozione del sequestro preventivo e l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria non sarebbe mai stato notificato al Dott. (OMISSIS), liquidatore e legale rappresentante della (OMISSIS) S.p.A., mai indagato e quindi in situazione di non incompatibilita’ a ricevere la contestazione dell’illecito, secondo quanto ritualmente e tempestivamente eccepito fin davanti al giudice dell’udienza preliminare (e, successivamente, al tribunale e alla stessa Corte di appello). Secondo la difesa, infatti, la societa’, pur dopo il fallimento, conserverebbe la sua soggettivita’ e la conseguente legittimazione processuale in relazione ai profili cautelari e sanzionatori, secondo quanto desumibile dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 39.
Su tali basi, il primo motivo di ricorso invoca l’annullamento della sentenza in relazione sia alla disposta condanna alla menzionata sanzione pecuniaria, sia al sequestro preventivo.
3.3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 24 – ter, 69, 39, 40, 41, 42, 43, 56 e 59 articolo 322 – ter c.p., atteso che l’illecito amministrativo sarebbe prescritto, che in base al Decreto Legislativo n. 231 del 2001 non potrebbe configurarsi alcuna responsabilita’ amministrativa dell’ente nel caso di reato associativo finalizzato alla commissione di reati tributari.
4. Con successivo motivo aggiunto, la difesa di (OMISSIS) ha dedotto la nullita’ della sentenza ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 322 – ter c.p. e articolo 321 c.p.p., avendo la Corte di appello respinto la richiesta di revoca della confisca per equivalente dei beni mobili e immobili nonche’ dei valori mobiliari e delle quote societarie oggetto di sequestro preventivo, sul presupposto che, vigendo il principio di solidarieta’ dei correi fosse legittima la confisca per equivalente del profitto sull’ammontare complessivo del danno tributario al netto delle somme nel frattempo riscosse dall’Agenzia delle Entrate sul patrimonio di (OMISSIS) oltre che su quello del coimputato (OMISSIS).
Invero, dalla documentazione depositata davanti al Tribunale sarebbe emerso che con polizze fideiussorie, da lui garantite personalmente fino a 15 milioni di euro, l’Erario avesse gia’ riscosso la cifra di 9.282.240,51 di Euro, apprestandosi a riscuotere il restante ammontare della fideiussione per circa 15 milioni di euro complessivi, di talche’ doveva ritenersi l’evidente sproporzione tra il valore dei beni attinti dalla confisca rispetto al profitto illecito asseritamente attribuito ad (OMISSIS). Erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che (OMISSIS) fosse soggetto al principio di solidarieta’ relativamente al profitto conseguito da altri soggetti coimputati per diversi fatti di reato, risultando inconsistente l’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 416 c.p. e percio’ della possibile solidarieta’ tra correi. Ed invero il profitto illecito attribuito al ricorrente sarebbe risultato essere pari a 11.341.277,00 euro, come indicato dalla stessa sentenza impugnata e (OMISSIS) avrebbe gia’ corrisposto 9.282.240,51 Euro; circostanza che la Corte territoriale avrebbe, pero’, omesso di considerare, senza effettuare alcuna comparazione tra il valore dei beni assoggettati alla misura ablativa e quello ancora dovuto all’Erario, pur risultando facilmente riscontrabile dagli atti del processo la sproporzione tra il valore dei beni in sequestro e la somma capitale di imposta evasa ancora dovuta. Per consolidata giurisprudenza la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare circa la sproporzione tra beni in sequestro e il profitto dei reati non ancora soddisfatti, ma la Corte si sarebbe sottratta a tale incombente non avendo formulato alcuna valutazione circa il valore dei beni a suo tempo sequestrati ad (OMISSIS) rispetto al danno erariale da risarcire, pur risultando chiaramente la necessita’ di effettuare tale verifica.
5. In data 26/09/2017, la difesa di (OMISSIS) S.p.A. ha depositato motivi nuovi, con i quali ha dedotto la prescrizione dell’illecito amministrativo, atteso che il sistema di contestazione del medesimo, cosi’ come il regime prescrizionale, sarebbero quelli del diritto civile; sicche’ la contestazione avrebbe dovuto essere portata a conoscenza del dott. (OMISSIS), liquidatore della societa’ e non del curatore fallimentare della societa’ fallita. Ne’ avrebbe rilevanza il fatto che il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 43, comma 2, consideri valida la notifica e la conoscenza dell’incolpazione al legale rappresentante della societa’ ancorche’ imputato e quindi incompatibile, considerato che, nella specie, il legale rappresentante sarebbe stato il citato dott. (OMISSIS).
Pertanto e conclusivamente, considerato che la contestazione del reato e’ stata compiuta fino al 2011 e che quella dell’illecito amministrativo non sarebbe stata ritualmente svolta, quest’ultimo sarebbe ormai prescritto. In ogni caso, la conoscenza fattuale del procedimento da parte del ricorrente, sarebbe comunque successiva al decorso del termine prescrizionale, considerato che la contestazione del reato associativo, riferita a tutto l’anno 2011, sarebbe stata in realta’ eccedente rispetto ai fatti, essendo i reati-scopo pacificamente antecedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti da (OMISSIS) e da (OMISSIS) sono fondati solo parzialmente e, pertanto, devono essere accolti per quanto di ragione.
2. Partendo dall’analisi dei motivi di impugnazione proposti nell’interesse di (OMISSIS), deve innanzitutto rilevarsi la manifesta infondatezza del sesto motivo, con il quale il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza impugnata, il cui dispositivo recherebbe non la data della sua lettura pubblica, ovvero il 14/07/2016, quanto piuttosto quella, ad essa anteriore, del 12/07/2016; cio’ che dimostrerebbe il fatto che la deliberazione sia avvenuta prima dell’udienza destinata a eventuali repliche e della formale chiusura del dibattimento.
La tesi difensiva, infatti, prova troppo, non potendo assumersi dagli elementi appena riportati un indice univoco della avvenuta deliberazione della decisione prima della formale chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Molto piu’ probabile, infatti, e’ che vi sia stato un mero errore materiale nella indicazione della data in questione. E la circostanza che non vi sia stata, quantomeno fino alla data del ricorso, l’attivazione della relativa procedura ex articolo 130 c.p.p. non e’ parimenti significativa, attesa la mancanza di un termine, sia pure ordinatorio, entro il quale provvedervi.
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