In materia di misure di prevenzione patrimoniale e’ configurabile la buona fede del terzo creditore che vanta sul bene un diritto di garanzia reale sorto antecedentemente al provvedimento di confisca

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 9 aprile 2018, n. 15706.

In materia di misure di prevenzione patrimoniale e’ configurabile la buona fede del terzo creditore che vanta sul bene un diritto di garanzia reale sorto antecedentemente al provvedimento di confisca, soltanto nel caso in cui, avendo riguardo alla particolare attivita’ svolta dal medesimo, risulti dimostrata: a) l’estraneita’ a qualsiasi collusione o compartecipazione all’attivita’ criminosa; b) l’inconsapevolezza credibile in ordine alle attivita’ svolte dal prevenuto; c) un errore scusabile sulla situazione apparente del prevenuto.

Sentenza 9 aprile 2018, n. 15706
Data udienza 27 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matil – Presidente

Dott. PRESTIPINO Anton – Consigliere

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere

Dott. DE SANTIS Anna – Consigliere

Dott. DI PISA – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.P.A.;
avverso l’ordinanza del 16/11/2016 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
sentite le conclusioni del PG DELIA CARDIA la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 16/11/2016 il Tribunale di Reggio Calabria rigettava il ricorso Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 59, comma 6, proposto da (OMISSIS) S.p.A. confermando il provvedimento del G.D. il quale non aveva ammesso allo stato passivo del procedimento a carico di (OMISSIS), in confisca definitiva, il credito vantato da detto istituto di credito.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per Cassazione (OMISSIS) S.p.A., a mezzo procuratore speciale, formulando due motivi:
a. violazione delle disposizioni di cui al c.d. Codice Antimafia.
L’istituto di credito assume che il tribunale aveva errato nell’escludere che l’istituto di credito non possedeva il requisito della “incolpevole ignoranza” prescritto dall’articolo 52 Decreto Legislativo n. 159/2011 in quanto l’onere di acquisire il certificato penale del potenziale cliente non e’ previsto ne’ dalla normativa vigente ne’ dalle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia e, per altro verso, non aveva fatto corretta applicazione dei principi di diritto fissati dalla Cassazione nella richiamata pronunzia n. 2334/2014 ove era stato evidenziato che deve ritenersi decisiva la buona fede del terzo derivante da errore scusabile e come tale immune da colpa, non potendosi escludere la buona fede in presenza di un onere non previsto per legge.
Deduce, altresi’, che nella fattispecie in esame, come si evinceva chiaramente dalla documentazione versata in atti, la banca aveva vagliato adeguatamente la situazione economico – finanziaria della ditta (OMISSIS) di (OMISSIS) (esaminando pure la documentazione reddituale della ditta) beneficiaria di affidamenti non particolarmente rilevanti (pari ad Euro 144.500,00 di cui Euro 40.000,00 per circolante ed Euro 104.500,00 per acquisto di beni strumentali) e che la presenza di precedenti assai risalenti non poteva precludere la concessione del credito dovendosi, altrimenti, ritenere che in ipotesi di soggetto con precedenti penali di qualunque genere il creditore dovrebbe essere considerato automaticamente in mala fede.
Rileva, ancora, che ai fini della prova della propria buona fede doveva ritenersi decisivo il dato che gli amministratori giudiziari una volta insediatisi avevano proseguito l’attivita’ commerciale della suindicata ditta;
b. violazione di legge in relazione agli articoli 41 e 56 del c.d. Codice Antimafia.
Assume che dal momento che i rapporti bancari erano regolarmente proseguiti fra la banca e l’amministrazione giudiziaria la banca non era tenuta a restituire alcuna somma, appariva erronea l’affermazione relativa alla sussistenza di un controcredito in favore della custodia/amministrazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
Va premesso che la disposizione invocata (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52), nel testo ratione temporis vigente, titolata “diritti dei terzi”, al comma 1, fissa il principio generale che “La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonche’ i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni…..”.
L’ammissione e’, in particolare, subordinata, unitamente all’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito, alla ricorrenza della condizione di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lettera b), vale a dire che il credito non sia strumentale all’attivita’ illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalita’.
Ed, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, nella valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attivita’ svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attivita’, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonche’, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.
Va rilevato che con tale ultima disposizione il legislatore fissa dei parametri di giudizio di cui il giudice deve tener conto al momento della valutazione probatoria; tali parametri sono obbligatori, ma non sono ne’ esclusivi, ne’ vincolanti.
Le Sezioni Unite civili hanno, invero, operato una stringente interpretazione del comma 3, citato, cui si e’ conformata la giurisprudenza penale della Suprema Corte, chiarendo che: “In altri termini, il giudice deve obbligatoriamente tener conto di tali parametri, ma puo’ considerare altri parametri non menzionati dal legislatore, e puo’ anche motivatamente disattendere i parametri indicati dal legislatore. In sostanza, il legislatore impone al giudice un parziale protocollo logico nel ragionamento probatorio. Va poi aggiunto che le nuove norme, e quelle richiamate, non contengono previsioni espresse in termini di prova; vale a dire, a chi spetti provare la buona fede e l’affidamento incolpevole. Deve ritenersi che l’elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell’ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore, convergano nell’addossare a quest’ultimo la prova positiva delle condizioni per l’ammissione al passivo del suo credito. Tale conclusione e’ conforme al canone ermeneutico dell’intenzione del legislatore (articolo 12 preleggi)”. (vedi Sez. U, Sentenza n. 10532 del 07/05/2013 in parte motiva).
2. Occorre sottolineare che il legislatore del Codice Antimafia e’ intervenuto per regolare i diritti dei terzi nel procedimento di prevenzione, codificando, con la citata norma l’applicazione del principio di buona fede, affermato nella giurisprudenza di legittimita’ e della Corte Costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 487/1995) che l’ha qualificata come “la base giustificativa della tutela del terzo di fronte al provvedimento autoritativo di confisca adottato dal giudice della prevenzione a norma della legislazione antimafia”.
L’accertamento della buona fede da sempre e’ stato ricollegato alla necessita’ di evitare che attraverso strumenti quali titoli di comodo ovvero contratti simulati le stesse misure potessero facilmente essere eluse.
La giurisprudenza ha, pero, sovvertito il principio civilistico della buona fede, facendo ricadere sul terzo l’onere di provare non solo il diritto, ma anche la sua buona fede innanzi al giudice penale. Questa regola trova il suo fondamento nel carattere pubblicistico della misura di prevenzione e nella relativa esigenza di giustificare un’inversione dell’onere probatorio della buona fede, come strumento necessario per combattere particolari forme di criminalita’, anche di natura economica.
Si e’, quindi, esteso l’ambito della buona fede soggettiva sino ad arrivare a un concetto di buona fede oggettiva, nel senso di qualificare l’estraneita’ del terzo come mancanza di ogni collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del fatto-reato, ossia nell’assenza di ogni contribuzione di partecipazione o di concorso, ancorche’ non punibile e, altre volte, nel senso che non puo’ considerarsi estraneo al reato il soggetto che da esso abbia ricavato vantaggi o utilita’.
Ne discende che il giudice deve obbligatoriamente tener conto dei parametri suindicati normativamente stabiliti ma puo’ considerare, al fine di escludere la buona fede, altri parametri non menzionati dal legislatore, specie in settori assai delicati quali quello della gestione del credito bancario.
In questi casi si e’ ritenuto che la verifica del rispetto delle norme e prassi bancarie in materia, oltre che al disposto del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, e della L. n. 197 del 1991, (in materia di antiriciclaggio) potrebbe comportare l’esclusione del riconoscimento del credito nell’ambito del procedimento previsto dalla misura di prevenzione.
In giurisprudenza si e’, ad esempio, affermato che in materia di misure di prevenzione patrimoniale e’ configurabile la buona fede del terzo creditore che vanta sul bene un diritto di garanzia reale sorto antecedentemente al provvedimento di confisca, soltanto nel caso in cui, avendo riguardo alla particolare attivita’ svolta dal medesimo, risulti dimostrata: a) l’estraneita’ a qualsiasi collusione o compartecipazione all’attivita’ criminosa; b) l’inconsapevolezza credibile in ordine alle attivita’ svolte dal prevenuto; c) un errore scusabile sulla situazione apparente del prevenuto. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso la buona fede dell’istituto di credito che, trascurando negligentemente gli obblighi di verifica imposti dalle politiche di prestito e di controllo dei relativi rischi, aveva concesso un mutuo ipotecario di importo manifestamente eccessivo rispetto all’entita’ della base reddituale del beneficiario). (vedi Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015 – dep. 18/12/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 26593001).
3. Muovendo da tali premesse ritiene il Collegio che la motivazione del provvedimento impugnato risulta assai carente e per certi versi illogica quanto alla sussistenza della buona fede che e’ stata esclusa sulla base di considerazioni generiche ed incongrue, tali, quindi, da integrare il vizio motivazionale denunziato.
3.1. Il Tribunale, difatti, nel rilevare che non sussistevano i presupposti per accogliere il ricorso di (OMISSIS) S.p.A. ha evidenziato: “E’ evidente dalla lettura dell’istruttoria effettuata dall’istituto bancario ai fini della concessione del mutuo che non stato compiuto il benche’ minimo vaglio sulla affidabilita’ dei contraente” non tenendo conto, tuttavia, delle concrete risultanze della allegata relazione istruttoria della banca ove sono state stati evidenziati: la circostanza che l’attivita’ economica finanziata era florida e ben avviata; la regolarita’ dei rapporti bancari; i buoni dati economico-patrimoniali dell’azienda; le buone consistenze patrimoniali dei soggetti finanziati; le garanzie offerte.
Ed, ancora, si appalesa del tutto apodittica ed indimostrata l’affermazione del tribunale secondo cui dagli elementi acquisiti emergeva che: “l’istituto di credito ha concesso il mutuo e l’apertura di credito senza rispettare le norme e le prassi bancarie in tema di antiriciclaggio, senza effettuare une rigorosa attivita’ istruttoria, senza inizialmente produrre in giudizio l’istruttoria integrale, senza accertare la affidabilita’ del cliente” non avendo in alcun modo il Tribunale chiarito quali specifiche norme e quali prassi bancarie in tema di antiriciclaggio sarebbero state violate e sotto quale profilo non sarebbe stata verificata l’affidabilita’ del cliente.
Per altro verso va osservato che non puo’ certo farsi carico all’istituto di credito, che non dispone delle banche dati proprie della autorita’ giudiziaria e della P.G., di effettuare penetranti indagini quanto alle pendenze penali a carico del soggetto potenziale beneficiario del finanziamento, non potendo, peraltro, il semplice dato di una condanna penale per un qualunque reato ovvero della assai risalente applicazione di una misura di prevenzione essere, di per se’, ostativo alla concessione del credito, venendo altrimenti minata la funzione economico-sociale delle banche di finanziare le attivita’ che operano nei settori economici piu’ disparati, essendo la ratio della normativa, come detto, esclusivamente quella di evitare un uso distorto del credito bancario, piegato ai fini elusivi della criminalita’.
4. Mancando una logica, non contraddittoria e coerente motivazione che attesti l’esame degli indici obiettivi rivelatori della buona fede dell’Istituto di credito suindicato, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria perche’ proceda a nuovo esame nell’osservanza degli indicati principi.
P.Q.M.
annulla il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

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