In tema di responsabilità di reato degli enti societari il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo al Dlgs 231/2001 e la sanzione irrogata nel corso del fallimento legittima lo Stato al recupero dell’importo di natura economica attraverso l’insinuazione al passivo.

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[…]

Cio’ nonostante, il sequestro preventivo, disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Brescia il 27/06/2013, era stato eseguito sui beni della stessa (OMISSIS) S.p.A.; e, per tale motivo, questa Sezione della Suprema Corte, con sentenza n. 31457 del 31/03/2016, aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal curatore fallimentare in nome e per conto del fallimento della societa’ in questione, ravvisando in capo a tale organo un difetto di legittimazione, connessa al fatto che il curatore, in quanto “soggetto terzo” rispetto al procedimento cautelare, non sarebbe titolare di diritti sui beni in sequestro, ne’ potrebbe agire in rappresentanza dei creditori, non essendo anche questi ultimi, prima dell’assegnazione dei beni e della conclusione della procedura concorsuale, titolari di alcun diritto sugli stessi.
Nondimeno, gli atti del presente processo, a partire dall’avviso di conclusione delle indagini ex articolo 415 – bis c.p.p., e dalla successiva richiesta di rinvio a giudizio (del 30/07/2013), erano stati notificati all’avv. (OMISSIS), in qualita’ di difensore del fallimento e successivamente all’avv. (OMISSIS), difensore di ufficio, sempre per conto della societa’ fallita e del curatore fallimentare, dott. (OMISSIS), senza che alcun atto processuale fosse stato notificato al liquidatore della (OMISSIS) S.p.A..
Coerentemente con tale impostazione, con sentenza del 14/07/2016 la Corte di appello di Brescia ha condannato la (OMISSIS) S.p.A. in persona del suo curatore fallimentare.
Dunque, nonostante che nella procedura cautelare sia stato configurato un deficit di legittimazione del fallimento alla proposizione del ricorso avverso il sequestro preventivo, nel procedimento principale di merito tutti gli avvisi e, corrispondentemente, la condanna e’ stata pronunciata nei confronti del fallimento.
Ora, la difesa del dott. (OMISSIS), legale rappresentante della (OMISSIS) S.p.A. fino al suo fallimento, opina che, non realizzando il fallimento della societa’ una estinzione della stessa ed anzi mantenendo essa, pur dopo il fallimento, la sua soggettivita’, il suo legale rappresentante conserverebbe la legittimazione processuale nell’ambito sia del procedimento cautelare che di quello di merito, secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 39.
4.2. Tanto premesso, deve osservarsi che in tema di responsabilita’ da reato degli enti, il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001 (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 17/03/2015, (OMISSIS) Spa e altro, Rv. 263682). Cio’ in quanto l’instaurazione della procedura concorsuale non integra una situazione assimilabile a quella della morte dell’autore del reato (Sez. 5, n. 4335 del 16/11/2012, dep. 29/01/2013, Franza e altro, Rv. 254326; Sez. 5, n. 44824 del 26/09/2012, dep. 15/11/2012, P.M. in proc. Magiste International S.A., Rv. 253482). Il fallimento, infatti, non determina alcun mutamento soggettivo della societa’, la quale viene sottoposta semplicemente a una procedura di gestione della crisi ad opera di un pubblico ufficiale (il curatore) e sotto il controllo dell’autorita’ giudiziaria. L’estinzione dell’ente, del resto, che non si produce, automaticamente, nemmeno alla chiusura della procedura concorsuale, essendo necessario un atto formale di cancellazione della societa’ da parte del curatore (Sez. 5, n. 47171 del 2/10/2009, dep. 11/12/2009, Vannuzzo). Fino a quel momento, dunque, la societa’ rimane in vita, mantenendo funzioni limitate ed ausiliarie e potendo comunque ritornare in bonis, con conseguente riespansione dei poteri gestionali ed amministrativi degli organi sociali (Sez. 5, n. 44824 del 26/09/2012, dep. 15/11/2012, P.M. in proc. Magiste International S.A., in motivazione).
In questa prospettiva, la sentenza che dichiara il fallimento priva la societa’ fallita dell’amministrazione e della disponibilita’ dei suoi beni esistenti a quella data, assoggettandoli alla procedura esecutiva concorsuale finalizzata al soddisfacimento dei creditori; fermo restando che tale effetto di spossessamento non si traduce in una perdita della proprieta’, in quanto la societa’ resta titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare (Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, dep. 9/07/2004, C. fall. in proc. Focarelli, Rv. 228164).
Ne consegue che, durante il fallimento, la societa’ continua ad essere soggetto passivo della sanzione pecuniaria, di cui risponde con il suo patrimonio ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 27; e la sanzione irrogata nel corso del fallimento potra’ legittimare la pretesa creditoria dello Stato al recupero dell’importo di natura economica mediante la insinuazione al passivo.
Per tali ragioni, dunque, il legislatore delegato non prevede il fallimento tra le vicende modificative disciplinate dalla sezione 2 del Capo 2 del Decreto Legislativo n. 231, atteso che il fallimento non comporta una modifica soggettiva dell’ente e non e’ assimilabile in alcun modo alle fattispecie cola’ contemplate. Ma vi e’ anche una ragione di politica criminale, connessa alla finalita’ preventiva e sanzionatoria perseguita dal legislatore con la previsione della responsabilita’ amministrativa; finalita’ che impone di scoraggiare soluzioni di calcolo preventivo del costo dell’illecito nella valutazione economica delle conseguenze delle condotte da adottare. In questa prospettiva, si comprende anche la ragione per la quale la sanzione continui a gravare sul patrimonio dell’ente anche quando, per l’incapacita’ di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, sia stato dichiarato il fallimento di quest’ultimo (per tali considerazioni Sez. 5, n. 4335 del 16/11/2012, dep. 29/01/2013, Franza e altro, in motivazione).
4.3. Poste queste premesse, deve ulteriormente osservarsi che, in linea generale, il curatore cumula la legittimazione ad agire che gli deriva dalla gestione patrimoniale degli affari del fallito e la legittimazione ad agire che gli deriva dalla rappresentanza degli interessi patrimoniali dei creditori che, ai sensi della L.Fall., articolo 51, non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, ma devono sottoporre la loro pretesa all’accertamento degli organi fallimentari secondo le regole proprie del concorso. In questa prospettiva, come recentemente osservato da questa Sezione della Suprema Corte (Sez. 3, n. 37439 del 7/03/2017, dep. 22/07/2017, Cosentino, non massimata), il curatore e’ un soggetto che a) ai sensi della L.Fall., articolo 31, ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite, stando in giudizio con l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che in alcuni casi specificati dalla legge; b) ai sensi della L.Fall., articolo 42, a seguito della sentenza che dichiara il fallimento, ha l’amministrazione e la disponibilita’ dei beni del fallito esistenti alla data della dichiarazione di fallimento, a meno che il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, non abbia rinunciato alla relativa acquisizione; c) ai sensi della L.Fall., articolo 43, sta in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative ai rapporti patrimoniali del fallito, il quale puo’ intervenire in giudizio personalmente solo per le questioni dalle quali puo’ dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento e’ previsto dalla legge (o, va aggiunto, se il curatore ha mostrato disinteresse rispetto a quella lite, per esempio l’impugnativa di un avviso di accertamento tributario o di una cartella esattoriale); d) ai sensi della L. Fall., articolo 240, puo’ costituirsi parte civile nel procedimento per bancarotta fraudolenta a carico del fallito con la puntualizzazione che, laddove abbia manifestato il relativo disinteresse, alla costituzione possono provvedere i creditori in proprio, i quali hanno sempre e comunque una legittimazione autonoma allorquando intendano far valere un titolo di azione propria personale.
Ora, se per un verso non puo’ affermarsi che, dopo l’apertura del fallimento, il legale rappresentante del fallimento sia sempre il curatore, atteso che, sia pure in limitati casi, coesiste con quella del curatore la legale rappresentanza del soggetto originariamente investito dei relativi poteri (ad es. per presentare istanza di concordato fallimentare o per impugnare le cartelle esattoriali che il curatore non abbia impugnato o per liquidare beni che il curatore abbia abbandonato etc.), con riferimento all’illecito amministrativo della societa’ deve nondimeno riconoscersi la legittimazione processuale della curatela fallimentare, potendo configurarsi, in conseguenza dell’applicazione della relativa sanzione, il sorgere di un credito privilegiato dell’Erario nei confronti del fallimento, rispetto al quale deve configurarsi la legittimazione in capo all’organo istituzionalmente preposto alla ricostruzione e alla tutela del patrimonio fallimentare.
Consegue alle considerazioni che precedono, l’inammissibilita’ dell’impugnazione proposta dal dott. (OMISSIS) nell’interesse della (OMISSIS) S.p.A.. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., in capo al liquidatore dott. (OMISSIS), l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 Euro.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata: nei confronti di (OMISSIS), limitatamente ai reati di cui ai capi A) e D), rigettando nel resto il ricorso; nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) S.p.A. in persona del liquidatore dott. (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle Ammende.

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