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3. Il ricorso risulta fondato nella parte in cui e’ stata censurata l’affermazione della insussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato all’imputato.
Tale decisione risulta fondata esclusivamente sul dato formale del rilascio della autorizzazione alla occupazione del suolo pubblico per un periodo non superiore a sei mesi, che avrebbe determinato nell’imputato la convinzione della liceita’ della sua condotta anche sul piano urbanistico – edilizio, in assenza di qualsiasi indagine a proposito delle conoscenze e delle informazioni assunte dall’imputato, nonche’ riguardo alle eventuali assicurazioni fornitegli dagli uffici amministrativi ai quali si era rivolto e alle prassi esistenti nella realta’ territoriale di riferimento, cosicche’ risulta mancante il dato della evidenza della sussistenza della causa di proscioglimento che ha determinato il giudice per le indagini preliminari a pronunciare la sentenza impugnata.
Per pronunziare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, occorre, infatti, che le circostanze idonee a escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi’ che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento”, e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento” (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274; conf., Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445; Sez. 3, n. 6027 del 18/11/2016, Mazzarol, Rv. 269236).
Nel caso in esame, invece, il giudice per le indagini preliminari, richiesto di emettere decreto penale di condanna nei confronti dell’imputato, ha disatteso tale richiesta e ha pronunciato la sentenza di proscioglimento impugnata, ritenendo, sia pur implicitamente, evidente la mancanza di rilevanza penale della condotta dell’imputato, in assenza, pero’, di qualsiasi approfondimento circa le sue conoscenze della disciplina applicabile, il suo stato soggettivo, la sua eventuale buona fede, che avrebbero potuto ipoteticamente consentire di addivenire a una sentenza di proscioglimento per l’erroneo, ma incolpevole, convincimento della liceita’ della condotta.
La valutazione dello stato soggettivo dell’imputato, al fine dell’accertamento della sua buona fede, idonea a escludere la colpevolezza, deve tenere conto tanto dei fattori esterni che possono aver determinato nell’agente l’ignoranza della rilevanza penale del suo comportamento, quanto delle conoscenze e delle capacita’ del medesimo (Sez. 6, n. 43646 del 22/06/2011, S., Rv. 251045), sicche’ sarebbe stata necessaria una siffatta indagine onde verificare la esistenza di uno stato di buona fede o la scusabilita’ dell’errore di diritto.
Non essendo stata compiuta una tale indagine risultano fondate le denunzie di violazione degli articoli 5 e 47 c.p. compiute dal pubblico ministero ricorrente, cui consegue la necessita’ di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata, con la restituzione degli atti al Tribunale di Rimini, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Rimini
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