Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 21 febbraio 2018, n. 8409. Le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione

Le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio prognostico di “elevata probabilita’ di colpevolezza”, tanto lontano da una sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure presuntivo, poiche’ di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli elementi gia’ acquisiti dal pubblico ministero, e non su prove, ma su indizi.
In tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono di per se’ a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilita’ dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilita’, fondando nel frattempo una qualificata probabilita’ di colpevolezza.
Se la qualifica di gravita’ che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di “prova” idoneo a integrare la condizione minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilita’, del potere cautelare, e si riferisce al grado di conferma, allo stato degli atti, dell’ipotesi accusatoria, e’ problema diverso quello delle regole da seguire, in sede di apprezzamento della gravita’ indiziaria ex articolo 273 c.p.p., per la valutazione dei dati conoscitivi e, in particolare, della chiamata di correo.
In tema di misure cautelari, “l’ordinanza del Tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, quindi l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro”.
Il giudice della misura cautelare, nell’emettere una nuova misura per gli stessi fatti che fondavano la misura precedente, deve indicare specificamente i nuovi elementi indizianti, mentre quello del riesame deve motivatamente spiegare perche’ non opera la preclusione costituita dal precedente provvedimento. 
In tema di intercettazioni telefoniche, la motivazione dei decreti di proroga puo’ essere ispirata anche a criteri di minore specificita’ rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della constatata plausibilita’ delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero.

Sentenza 21 febbraio 2018, n. 8409
Data udienza 26 settembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 03/03/2017 del TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO MATTEO SOCCI; sentite le conclusioni del PG, Dr. CUOMO LUIGI: “Inammissibilita’ dei ricorsi”.

Udito il difensore, Avv. (OMISSIS), anche quale sost. Proc., che ha concluso per: “Accoglimento dei ricorsi”

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza 3 marzo 2017, confermava l’ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari disposti dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brescia del 30 gennaio 2017, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativamente al reato di cui all’articolo 416 c.p. al fine di commettere una pluralita’ di reati di natura fiscale ed in particolare quelli afferenti all’emissione di fatture inesistenti, a dichiarazioni fraudolente, a illecite compensazioni ovvero occultamento o distruzione di scritture contabili obbligatorie.

2. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso ( (OMISSIS), due ricorsi, uno a firma dell’Avv. (OMISSIS) e uno a firma dell’Avv. (OMISSIS)) ex articolo 311 c.p.p., tramite i difensori di fiducia, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

2. 1. I ricorsi contengono sostanzialmente motivi comuni che saranno trattati, quindi, congiuntamente, tranne alcune specificazioni soggettive.

Violazione di legge, articolo 416 c.p., irrilevanza dei comportamenti leciti e determinati da legami di parentela, per la posizione di (OMISSIS).

I gravi indizi di colpevolezza consisterebbero nel contenuto delle intercettazioni, s.i.t. di (OMISSIS), oltre che nelle annotazioni di P.G. del 7 agosto 2015, (OMISSIS) agiva come intermediario non solo con (OMISSIS) – commercialista – ma anche nei confronti di (OMISSIS). (OMISSIS) e’ indagato solo per il reato associativo. (OMISSIS) ha parlato con (OMISSIS) per un preliminare di un immobile che sarebbe stato rispettato, non mutato, come dichiaratogli dai suoi fratelli. L’adesione al programma criminoso dovrebbe riguardare l’attivita’ illecita, non puo’ invece riguardare l’attivita’ lecita.

Anche i contatti con il commercialista (OMISSIS) devono ritenersi leciti poiche’ (OMISSIS)u doveva gestire il denaro, oggetto di sequestro, per la sua attivita’ relativa all’hotel (OMISSIS); e del resto era stato nominato amministratore di una societa’ sequestrata.

Egli non aderiva quindi al programma criminale ma semplicemente dava corso ad un contratto (esecuzione) e gestiva il patrimonio esistente.

2. 2. Ne bis in idem cautelare relativo a precedente procedimento cautelare di cui all’ordinanza del 24 giugno 2015 del Giudice per le indagini preliminari.

Il 24 giugno 2015 il G.I.P. emise ordinanza su richiesta del P.M. (richiesta per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p.); il G.I.P. riqualifico’ i fatti nell’articolo 416 c.p., tuttavia i soggetti coinvolti sono sostanzialmente gli stessi sia del precedente provvedimento e sia di quello in odierno giudizio. L’associazione per delinquere e’ la stessa nei due provvedimenti. Sotto il profilo soggettivo i fratelli (OMISSIS) sono indagati, insieme al commercialista (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) nei due procedimenti cautelari; e’ vero che non vi sono alcuni soggetti e altri invece sono stati aggiunti, ma gli stessi hanno ruoli meramente esecutivi, marginali, comunque l’associazione e’ ritenuta esistente tra i fratelli (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e (OMISSIS), commercialista.

Nel precedente provvedimento l’associazione (passata dall’articolo 416 bis c.p. all’articolo 416 c.p.) era finalizzata a commettere una pluralita’ di reati fiscali, fallimentari, fraudolenta intestazione di beni e di riciclaggio e di impiego; anche l’associazione del provvedimento in odierno giudizio e’ finalizzata a commettere reati fiscali, emissione di fatture inesistenti, dichiarazioni fraudolente, omesse dichiarazioni, compensazioni, distruzione ed occultamento di documentazione fiscale.

Anche le societa’ alle quali si faceva e si fa riferimento sono le stesse (Societa’ (OMISSIS), Gruppo (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS)). E’ difficile pensare ad una diversa associazione da quella presa in considerazione nella prima ordinanza.

Conseguentemente l’ordinanza contiene l’applicazione di una misura cautelare per la medesima imputazione provvisoria, nell’ambito del medesimo procedimento.

Il Tribunale del riesame aveva escluso la sussistenza della gravita’ indiziaria nei confronti di (OMISSIS), e, quindi, era venuta meno l’associazione (nel primo procedimento cautelare). Il G.I.P. escludeva l’associazione anche per (OMISSIS), commercialista. Nei confronti di (OMISSIS) comunque vi era stata la richiesta del P.M. ed il fatto che non sussiste impugnazione del P.M. sta a significare solo che il provvedimento e’ definitivo; non certo che la sua posizione non rileva ai fini del ne bis in idem cautelare.

Pacifica risulta la natura permanente del vincolo associativo che puo’ nel tempo parzialmente modificarsi, senza dar vita a diverse associazioni.

Inoltre la permanenza del vincolo associativo dovrebbe ritenersi cessata con la carcerazione dei due fratelli nel luglio del 2015.

Unici contatti successivi alla carcerazione, riportati nell’ordinanza di custodia cautelare, sono quelli del terreno di cui alla posizione di (OMISSIS), del tutto neutri ai fini del delitto associativo.

Tutti i documenti erano del resto gia’ contenuti nel fascicolo, dal 2015, acquisiti nel corso delle perquisizioni fatte per l’esecuzione della prima misura cautelare. Come visto del resto il comportamento di (OMISSIS) e’ normale, per un familiare che ha in carcere i suoi familiari.

In definitiva, una volta interrotta la permanenza del vincolo associativo, con la carcerazione di due dei ricorrenti, la valutazione o rivalutazione della relativa posizione doveva ancorarsi ad elementi di fatto nuovi, e non a comportamenti di altri associati.

2. 3. Violazione di legge, mancanza di esigenze cautelari, e di attualita’ e concretezza del pericolo di reiterazione dei reati.

Anche alla luce della custodia cautelare gia’ subita da (OMISSIS) e (OMISSIS), le esigenze cautelari erano certamente attenuate.

Infatti era stata applicata la sola misura di presentazione alla P.G., infrasettimanale. Di tali evenienza la motivazione dell’ordinanza impugnata non tiene conto.

3. Nullita’ dell’ordinanza per violazione di legge, articolo 274 c.p.p. e articolo 292 c.p.p., lettera C), – Ricorso di (OMISSIS).

L’esigenza cautelare viene illegittimamente desunta dal titolo del reato: “la natura del reato concorsuale commesso costituisce prova concreta del pericolo di future fattispecie di reato in forma partecipata ed organizzata”.

Ai sensi dell’articolo 274 c.p.p. l’esigenza cautelare non puo’ desumersi dalla natura del reato in accertamento.

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