Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 21 febbraio 2018, n. 8409. Le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione

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A norma dell’articolo 273 c.p.p., comma 1 bis, nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per l’adozione di una misura cautelare personale si applicano, tra le altre, le disposizioni contenute nell’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n. 36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601). Si e’, al riguardo, affermato che, se la qualifica di gravita’ che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di “prova” idoneo a integrare la condizione minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilita’, del potere cautelare, e si riferisce al grado di conferma, allo stato degli atti, dell’ipotesi accusatoria, e’ problema diverso quello delle regole da seguire, in sede di apprezzamento della gravita’ indiziaria ex articolo 273 c.p.p., per la valutazione dei dati conoscitivi e, in particolare, della chiamata di correo (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598).

Relativamente alle regole da seguire, questo Collegio ritiene che, alla stregua del condivisibile orientamento espresso da questa Corte, l’articolo 273 c.p.p., comma 1 bis, nel delineare i confini del libero convincimento del giudice cautelare con il richiamo alle regole di valutazione di cui all’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, pone un espresso limite legale alla valutazione dei “gravi indizi”.

5. 2. Si e’, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per Cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimita’ e’ limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331).

Il detto limite del sindacato di legittimita’ in ordine alla gravita’ degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, “l’ordinanza del Tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, quindi l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro” (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).

5. 3. Dall’analisi della motivazione dei due provvedimenti (quello impugnato del Tribunale e quello del Giudice delle indagini preliminari) non si rinvengono carenze motivazionali e la tesi prospettata dai ricorrenti (carenza di gravi indizi di colpevolezza ex articolo 273 c.p.p.) non trova elementi certi negli atti, e ne’ gli stessi, del resto, sono indicati nell’atto di impugnazione, e quindi sono solo ipotesi teoriche, non valutabili in sede di legittimita’ (vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 260409: “La regola dell'”al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se e’ possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalita’ e plausibilita’, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimita’, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioe’ desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali”. Stesso ragionamento e’ valido per i gravi indizi di colpevolezza, ex articolo 273 c.p.p..

Gli elementi indicati dai due provvedimenti, sono gravi, univoci e convergenti nell’indicare i ricorrenti quali compartecipi all’associazione criminale ex articolo 416 c.p..

Inoltre il provvedimento impugnato ricorda (ai fini della valutazione dei gravi indizi) come per i reati fiscali, in sede cautelare c’e’ stata la conferma del Tribunale del riesame e della Cassazione (sentenza dell’8 luglio 2016), nonche’ la sentenza di condanna emessa dai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Brescia del 21 aprile 2016.

6. Relativamente alla posizione di (OMISSIS), che per i ricorrenti non sarebbe associato, ma avrebbe svolto solo attivita’ lecite, di gestione del patrimonio per i familiari in carcere, e di esecuzione di un preliminare di vendita, si deve osservare che il provvedimento impugnato con motivazione adeguata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicita’ evidenzia come “il ruolo di (OMISSIS) (attivo gia’ prima anche se in posizione subordinata rispetto ai due fratelli) si concretizzava nell’aver fatto da tramite tra i due congiunti detenuti ed il commercialista (OMISSIS), al fine di preservare con modi illeciti il patrimonio del sodalizio illecitamente acquisito con i reati fiscali contestati nei capi di incolpazione successivi. A riprova in atti sono trascritte una serie di conversazioni tra (OMISSIS) ed il commercialista che era da anni addetto alla gestione contabile ed amministrativa di tutte le societa’, concorrendo nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla realizzazione di dichiarazioni fraudolente ovvero nel distrarre crediti dalle diverse procedure fallimentari in atto”.

Sul punto il ricorso risulta generico poiche’ non si confronta con le motivazioni del provvedimento impugnato (in particolare con il contenuto delle intercettazioni citate dal Tribunale) e inoltre introduce elementi di fatto non valutabili in sede di legittimita’; elementi che andavano allegati e provati davanti al Tribunale del riesame, e non per la prima volta in sede di legittimita’.

7. Sull’eccepito ne bis in idem cautelare deve osservarsi che la decisione del Tribunale risulta adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicita’, laddove rileva che “… i reati fine dell’associazione qui contestata sono relativi a fatti accertati solo in data (OMISSIS), quando personale appartenente alla Guardia di Finanza di Brescia eseguiva un decreto di perquisizione e sequestro a carico di (OMISSIS) ed altri destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal GIP di Brescia in data 24/06/2015. Sebbene talune delle societa’ coinvolte siano le medesime, tra tutte (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., si tratta di fattispecie di reato diverse da quelle precedenti, sia per titolo che per anni di contestazione. Infatti, mentre i fatti confluiti nell’ordinanza del giugno 2015 riguardavano per lo piu’ i reati tributari di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter e 10 quater, nel caso di specie, si tratta di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di dichiarazioni fraudolente, quindi di fattispecie di reato all’evidenza differenti. Lo stesso vale per il delitto di associazione a delinquere oggi ipotizzato in chiave accusatoria, perche’, se e’ vero che con ordinanza del 7/8/2016 questo Tribunale escludeva il concorso associativo in capo a (OMISSIS), facendo venire meno per difetto del numero legale la relativa imputazione, il provvedimento oggi impugnato e’ stato emesso sulla scorta di produzioni ed allegazioni nuove ed ulteriori rispetto al passato, che coinvolgono anche il professionista (OMISSIS). Quest’ultimo infatti non era stato raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare del 24/06/2015, avendo ipotizzato all’epoca il GIP l’associazione a delinquere solo in capo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (ne’ il Tribunale del riesame, in assenza di impugnativa del Pubblico Ministero, che aveva chiesto all’epoca la misura anche per il (OMISSIS), avrebbe potuto analizzare, altresi’ il ruolo di quest’ultimo). Pertanto la deduzione difensiva che vorrebbe ritenere formato sul punto un giudicato cautelare e’ del tutto fuor d’opera, sia perche’ il tribunale aveva escluso la sussistenza dell’associazione per ragioni meramente formali (mancanza del numero legale) non entrando nel merito della questione, sia soprattutto perche’ la posizione di (OMISSIS), per le motivazioni su esposte, non era nemmeno stata presa in considerazione…”.

Invero, deve pero’ osservarsi che, la posizione del (OMISSIS) era stata gia’ considerata, poiche’ nei suoi confronti era stata richiesta la misura cautelare (non concessa dal G.I.P.), ma questo non e’ stato determinante, nel giudizio del Tribunale, sull’inesistenza del giudicato cautelare, in quanto la successiva attivita’ di indagine (in particolare le intercettazioni) ha comportato una diversa e sostanziale ricostruzione dei reati: “… gli elementi nuovi acquisiti all’indomani dell’esecuzione della precedente ordinanza – in particolar modo, i risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte a carico di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – corroborano definitivamente le conclusioni a cui sono giuntigli inquirenti nell’informativa finale del 7 /06/ 2016, rispetto ad un’associazione a delinquere gia’ preesistente al giugno del 2015 (quantomeno tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) a cui si affianca la figura di (OMISSIS). L’attivita’ di indagine successivamente svolta a carico di quest’ultimo dimostra, infatti, come le prestazioni rese a favore degli altri due fratelli, non possano piu’ considerarsi occasionali (alla stregua di quanto riteneva questo Tribunale in data 7/08/2015) ma facenti parte di un unico disegno criminale”.

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