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3. in particolare l’ordinanza della Sesta sezione civile-3 della Corte di cassazione, 5 giugno 2012, n. 8997 risulta così massimata: “In tema di azione per la responsabilità civile dei magistrati, ai fini dell’individuazione del giudice competente per territorio, il criterio di collegamento di cui all’art. 11 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 4 della legge n. 117 del 1988, opera nei confronti di tutti i magistrati, compresi quelli delle istituzioni di vertice (nella specie, Consiglio di Stato), non ostandovi, sul piano lessicale, il termine distretto, adoperato nell’art. 4 cit., atteso che tutti i magistrati, anche quelli che non hanno un distretto di appartenenza, operano comunque in una sede (nella specie, in Roma), rispetto alla quale può individuarsi la sede diversa ex art. 11 cod. proc. pen. (nella specie, in Perugia), al fine di assicurare che i giudici competenti a decidere sulla responsabilità non siano prossimi ai giudici cui la responsabilità è ascritta”;
l’ordinanza della medesima sezione 11 gennaio 2013, n. 668 risulta inserita nella raccolta di massime di Italgiure come non massimata conforme a quella appena ricordata;
con l’ordinanza della Sesta sezione civile-3 del 16 maggio 2012, n. 10224, non massimata, questa Corte ha pure affermato che “il criterio di collegamento di cui all’art. 11 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 4 l. n. 117 del 1988 opera nei confronti di tutti i magistrati, ivi compresi quelli delle istituzioni di vertice (Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei conti), atteso che tutti (anche quelli che non hanno un “distretto” di appartenenza) operano comunque di fatto in una sede, quale ambito territoriale, rispetto alla quale resta pur sempre possibile individuare la diversa sede ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen., in relazione alla sede del magistrato al momento in cui egli ha posto in essere la condotta oggetto dell’azione di responsabilità”;
4. come evidenziato dal P.G., sebbene nell’ordinanza impugnata il principio affermato dalle ivi richiamate ordinanze nn. 8897/2012 e 668/2013 sia rappresentato come conforme al principio enunciato da Cass., sez. un., ord. 16 marzo 2010, n. 6307 – che aveva previsto che, per individuare il giudice territorialmente competente, il criterio di collegamento fissato dall’art. 11 c.p.p. dovesse valere anche per i giudici non ordinari, sebbene non articolati su base distrettuale – in realtà si tratta di un principio del tutto innovativo in tema di responsabilità civile ex lege n. 117/1988;
le Sezioni Unite, infatti, si sono pronunciate sul criterio di collegamento territoriale in relazione a domande di equa riparazione introdotte ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. Legge Pinto), quando era ancora vigente il richiamo dell’art. 3, primo comma, all’art. 11 c.p.p., poi abrogato con la modifica introdotta alla stessa norma dall’art. 1, comma 777, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, affermando che: “In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente in ordine alla relativa domanda, il criterio di collegamento stabilito dall’art. 11 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 3, comma primo, della legge 24 marzo 2001, n. 89, va applicato con riferimento al luogo in cui ha sede il giudice di merito, ordinario o speciale, dinanzi al quale ha avuto inizio il giudizio presupposto, anche nel caso in cui un segmento dello stesso si sia concluso dinanzi alla Corte di cassazione, non ostandovi, sul piano lessicale, il termine distretto adoperato nell’art. 3 cit., il quale appartiene alla descrizione del criterio di collegamento e vale a delimitare un ambito territoriale in modo identico, quale che sia l’ufficio giudiziario dinanzi al quale il giudizio presupposto è iniziato e l’ordine giudiziario cui appartiene, in quanto ciò che viene in rilievo non è l’ambito territoriale di competenza dell’ufficio giudiziario, ma la sua sede. (In applicazione di tale principio, le S. U. hanno dichiarato competente la Corte di Appello di Salerno, in quanto il giudizio presupposto, pur essendosi concluso dinanzi al Consiglio di Stato, era iniziato dinanzi al Tar Calabria, avente sede nel distretto della Corte d’Appello di Catanzaro)”;
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