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I rilievi di costituzionalita’ sono pertanto manifestamente infondati cosi’ come inammissibile e’ l’istanza tesa a sollecitare il legislatore all’emanazione di una legge di interpretazione autentica, attivita’ ermeneutica peraltro sintetizzata nella citata pronuncia delle sezioni unite per i profili rilevanti in questa sede.
3. Anche gli altri tre motivi di ricorso – relativi ai requisiti del fumus e del periculum in mora – non presentano profili di fondatezza.
Occorre premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanza emesse in materia di sequestro preventivo e’ ammesso ai sensi dell’articolo 325 c.p.p. solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice (ex multis Cass. sez. 5 sent. n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009 – Rv. 245093).
Sono pertanto inammissibili le censure relative alla ricostruzione in fatto della vicenda (quarto motivo di ricorso) con le quali la difesa tende a far valere una lettura delle acquisizioni processuali diversa da quella sottesa alla decisione impugnata al fine di escludere un collegamento fra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) in relazione alla somma di Euro 15.000 oggetto di sequestro perche’ ritenuta pertinente al delitto di truffa contestata al capo 1).
3.1 La motivazione del tribunale risulta tutt’altro che mancante o incompleta, coerente con i principi di diritto che disciplinano la materia:
– trattandosi di beni appartenenti a terzi estranei al reato (quale sarebbe nella prospettazione della societa’ ricorrente la (OMISSIS) s.r.l.), deve applicarsi il principio secondo cui in tema di sequestro preventivo – avente ad oggetto, appunto, beni appartenenti a terzi estranei al reato – il giudice ha un dovere specifico di motivazione sul requisito del “periculum in mora”, sia pure in termini di semplice probabilita’ del collegamento di tali beni con le attivita’ delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano concretamente indicativi della loro effettiva disponibilita’ da parte di quest’ultimo per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione, ovvero di particolari rapporti in atto tra il terzo titolare e l’indagato (di recente Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 47007 del 12/10/2016 – dep. 09/11/2016 – Rv. 268172), con il corollario che nessun obbligo motivazionale specifico (diverso cioe’ da quello previsto in tema di sequestri) sussiste in relazione al fumus commissi delicti;
– il fumus del reato di truffa non risulta oggetto della richiesta di riesame ed in realta’ neanche nel ricorso in esame la societa’ ricorrente chiarisce quali aspetti renderebbero lacunosa la motivazione del decreto del gip (nel terzo motivo si deduce genericamente che “il fumus contestato si concentrava proprio sulla commissioni dei delitti ad opera del (OMISSIS) in prima persona o per il tramite della (OMISSIS) s.r.l.”);
– il tribunale, sempre in relazione al fumus, ha in ogni caso fatto riferimento ad accertamenti bancari ed al ruolo del (OMISSIS) nei trasferimenti di ingenti somme di denaro, in un breve arco temporale e tramite una societa’ inesistente (la (OMISSIS)), ad altra societa’ (la (OMISSIS)) di cui costui era legale rappresentante, evidenziando che si trattava di importi versati dalle vittime della truffa per l’acquisto di inesistenti pannelli fotovoltaici;
– il periculum in mora e’ stato oggetto di specifica motivazione non soltanto in relazione al rapporto in atto tra il terzo titolare e l’indagato (in termini addirittura di immedesimazione, rivestendo il (OMISSIS) il ruolo di amministratore unico della societa’ (OMISSIS)) ma con riferimento anche alla circolazione del denaro tramite bonifici dalle vittime della truffe a soggetti giuridici amministrati in via esclusiva dal (OMISSIS) stesso;
– trattandosi di sequestro di somme di denaro depositate presso una banca (e quindi beni che non sono normalmente destinati alla commissione di reati) il rapporto di pertinenza fra le cose ed i reati e’ stato individuato e chiarito nella motivazione del provvedimento, nel senso che e’ ben specificato che il denaro costituisce il profitto dei reati di truffa.
4. Un approfondimento motivazionale e’ opportuno in relazione all’eccepito vizio di ultrapetizione del provvedimento impugnato in considerazione anche delle osservazioni del P.G. che nella requisitoria scritta ha ritenuto fondato il rilievo, pur riconducendo la denunciata patologia alla categoria giuridica delle nullita’ dell’atto e non gia’ della abnormita’.
Il ricorrente sostiene – come accennato in precedenza – che “il giudice del riesame (avrebbe) indebitamente confermato sotto altra veste la misura cautelare diversa da quella effettivamente contenuta nell’originario atto propulsivo della pubblica accusa e nell’ordinanza di convalida del g.i.p. trasformando surrettiziamente il decreto di sequestro preventivo richiesto e poi convalidato in un sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato” (secondo motivo); riconosce in seguito, nell’ambito della trattazione del terzo motivo, che il sequestro preventivo in esame era stato disposto “per evitare la protrazione dei reati” richiamando a tal fine il contenuto dell’ordinanza del Gip che riteneva corretta sul punto la valutazione del P.M..
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