Nell’ambito delle opere edilizie – anche alla luce dei criteri di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31, comma 1, lettera d) – la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre e’ ravvisabile la “ricostruzione” allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima.
La ristrutturazione edilizia mediante ricostruzione di un edificio preesistente venuto meno per evento naturale o per volontaria demolizione si attua, nel rispetto della L. n. 457 del 1978, articolo 31, comma 1, lettera d), attraverso interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne dell’edificio preesistente, senza aumenti di superficie o di volume, in presenza dei quali, invece, si configura una nuova costruzione, sottoposta alla disciplina in tema di distanze (vigente al momento della realizzazione dell’opera) e alla relativa tutela ripristinatoria, dovendosi escludere che i regolarmente locali possano incidere, anche solo indirettamente con la previsione di soglie massime di incremento edilizio, sulle nozioni normative di “ristrutturazione” e di “nuova costruzione” e sui rimedi esperibili nei rapporti tra privati.
Nel caso al vaglio, peraltro, non v’e’ evidenza che dimostri che il rialzo del sottotetto sia risultato funzionale all’allocazione d’impianti tecnologici non altrimenti situabili, unica ipotesi nella quale questa Corte ha reputato derogabile la regola
Va, tuttavia, considerato che la lesione resta circoscritta alla violazione della disciplina sulle distanze relativamente a quella parte del fabbricato ricostruito fuori sagoma, cioe’ esorbitando l’ingombro volumetrico del opera preesistente. Con la conseguenza che, salvo diversa ed espressa previsione dello strumento urbanistico, che qui non consta, la condanna al ripristino deve essere limitata alla predetta parte del manufatto.
Sentenza 5 dicembre 2017, n. 29092
Data udienza 27 giugno 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16593/2013 proposto da:
(OMISSIS), ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– c/ricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1199/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/05/201;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente e ricorrente incidentale, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
I FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 20 giugno 2007, in parziale accoglimento della domanda avanzata da (OMISSIS), condanno’ (OMISSIS) a ripristinare una canaletta di scolo, posta lungo il muro perimetrale. Era, cosi’ rimasta disattesa la domanda principale, con la quale l’attore, premettendo che il fratello aveva, in sostituzione del precedente fabbricato, edificato un nuovo manufatto a distanza illegale, sia dall’edificio dell’attore che dal confine, tenendo conto della normativa locale vigente al tempo della nuova costruzione, aveva chiesto ripristino e risarcimento.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 24 maggio 2012, accolto l’appello principale, proposto da (OMISSIS), nonche’ quello incidentale, promosso da (OMISSIS), in riforma della statuizione di primo grado, condanno’ ” (OMISSIS) ad abbattere la porzione del suo edificio ricavata mediante la sopraelevata di 80 cm, rispetto all’altezza originaria del preesistente edificio, sino a rispettare le distanze dal confine e dall’edificio collocato sul fondo del fratello prescritte dal regolamento edilizio Comune di Martellago”; rigetto’, inoltre, la domanda di (OMISSIS) riguardante la canaletta di scolo.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione (OMISSIS), illustrando tre motivi di censura. Resiste con controricorso (OMISSIS), in seno al quale svolge ricorso incidentale, articolato su due motivi. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative all’approssimarsi dell’udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
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