Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 5 dicembre 2017, n. 29092. Nell’ambito delle opere edilizie cosa si intende per nuova costruzione

[….segue pagina antecedente]

Nell’ambito delle opere edilizie – anche alla luce dei criteri di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31, comma 1, lettera d) – la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre e’ ravvisabile la “ricostruzione” allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (S.U., n. 21578, 19/10/2011, Rv. 619608).

Si e’, successivamente ulteriormente chiarito che la ristrutturazione edilizia mediante ricostruzione di un edificio preesistente venuto meno per evento naturale o per volontaria demolizione si attua, nel rispetto della L. n. 457 del 1978, articolo 31, comma 1, lettera d), attraverso interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne dell’edificio preesistente, senza aumenti di superficie o di volume, in presenza dei quali, invece, si configura una nuova costruzione, sottoposta alla disciplina in tema di distanze (vigente al momento della realizzazione dell’opera) e alla relativa tutela ripristinatoria, dovendosi escludere che i regolarmente locali possano incidere, anche solo indirettamente con la previsione di soglie massime di incremento edilizio, sulle nozioni normative di “ristrutturazione” e di “nuova costruzione” e sui rimedi esperibili nei rapporti tra privati (Se. 2, n. 17043, 20/8/2015, Rv. 636135).

Nel caso al vaglio, peraltro, non v’e’ evidenza che dimostri che il rialzo del sottotetto sia risultato funzionale all’allocazione d’impianti tecnologici non altrimenti situabili, unica ipotesi nella quale questa Corte ha reputato derogabile la regola (Sez. 2, n. 11049, 27/5/2016, Rv. 639946).

Va, tuttavia, considerato che la lesione resta circoscritta alla violazione della disciplina sulle distanze relativamente a quella parte del fabbricato ricostruito fuori sagoma, cioe’ esorbitando l’ingombro volumetrico del opera preesistente (Sez., 2, n. 472, 14/1/2016, Rv. 638211). Con la conseguenza che, salvo diversa ed espressa previsione dello strumento urbanistico, che qui non consta, la condanna al ripristino deve essere limitata alla predetta parte del manufatto.

Per completezza argomentativa non e’ superfluo evidenziare la diversita’ di ambito di tutela delle norme aventi sola valenza urbanistica rispetto a quelle integratrici del precetto codicistico sulle distanze.

Da una tale diversita’ deriva che in caso di violazione delle norme del regolamento edilizio locale disciplinanti solo l’altezza, in se’, degli edifici, ossia senza considerare la distanza intercorrente tra gli stessi, il privato ha diritto solo al risarcimento dei danni e non anche alla riduzione in pristino del manufatto, trattandosi di disposizioni che hanno quale scopo principale la tutela di interessi generali urbanistici, sicche’, quanto agli interessi dei privati, resta preservato il solo valore economico delle proprieta’ viciniori (Sez. 2, n. 10264, 18/5/2016, Rv. 640009).

Difatti, sono da ritenere integrative delle norme del codice civile solo le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalita’ la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, mentre le norme che, avendo come scopo principale la tutela d’interessi generali urbanistici, disciplinano solo l’altezza in se’ degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi, tutelano, nell’ambito degli interessi privati, esclusivamente il valore economico della proprieta’ dei vicini; ne consegue che, mentre nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, nel secondo e’ ammessa la sola tutela risarcitoria (Sez. 2, n. 1073, 16/01/2009, Rv. 606225).

Per converso, questa Corte ha chiarito che, in tema di distanze legali tra costruzioni, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati; tali deroghe, se concordate, sono invalide, ne’ tale invalidita’ puo’ venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiche’ il singolo atto non puo’ consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici (Sez. 2, n. 9751, 23/4/2010, Rv. 612554).

La reciproca soccombenza giustifica la totale compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stati i ricorsi proposti successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte di entrambi i ricorrenti (principale e incidentale), a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa per intero fra le parti le spese legali del giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti (principale e incidentale) dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *