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Tale statuizione e’ fondata su una pluralita’ di rationes decidendi, ed in particolare sul fatto che la disposizione dell’articolo 1489 c.c., si riferisce alle sole servitu’ non apparenti, mentre nel caso in esame si trattava di servitu’ apparenti e per di piu’ conosciute dalla (OMISSIS).
Con la seconda doglianza la ricorrente lamenta la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto, ed in particolare del principio di conservazione delle singole clausole, stabilito dall’articolo 1367 c.c., nonche’ per avere qualificato come clausola di stile” il gia’ menzionato articolo 8). Conviene premettere che in materia contrattuale e’ rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da congrua e corretta motivazione, lo stabilire se una determinata clausola contrattuale sia soltanto “di stile” ovvero costituisca espressione di una concreta volonta’ negoziale, con efficacia normativa del rapporto.
E’ stato tuttavia precisato che, sia per il principio di conservazione delle clausole contrattuali, sia perche’ rispondente all’interesse dell’acquirente di un immobile a non esser limitato nella disponibilita’ e nel godimento del medesimo, non puo’ ritenersi generica ed indeterminata, e pertanto di stile, la clausola secondo la quale l’alienante garantisce la liberta’ del bene da ipoteche, pesi e trascrizioni pregiudizievoli, pur se essa e’ sintetica e onnicomprensiva, laddove essa non aggiunga ulteriori argomenti al riguardo(Cass. n. 19104 del 2.9.2009).
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato la propria qualificazione della clausola n.8) come “clausola di stile”, accertando che le servitu’ in oggetto erano “apparenti” ed anzi “evidenti” e conosciute dalla promissaria acquirente.
Ha pertanto richiamato l’orientamento di questa Corte, secondo cui la responsabilita’ ex articolo 1489 c.c. e’ esclusa sia nel caso in cui il compratore abbia effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, che nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino da opere visibili e permanenti, perche’ il compratore, avendo la possibilita’ di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato cio’ che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il principio di autoresponsabilita’ (Cass. 2856/1995 e Cass. 8500/2013).
Cio’ comporta che la garanzia di cui trattasi e’ da intendersi esclusa, nel caso in cui le limitazioni fossero effettivamente conosciute dall’acquirente, applicandosi la presunzione legale che il compratore a conoscenza delle servitu’ abbia ugualmente accettato il bene con quelle limitazioni, anche a fronte della dichiarazione del venditore, della inesistenza di pesi o oneri sul bene medesimo, non operando in tal caso il principio dell’affidamento nella rilevanza negoziale delle dichiarazioni della controparte.
A tale principio si e’ conformata la Corte territoriale, sulla scorta dell’accertamento di fatto, alla stregua del quale la (OMISSIS) era a conoscenza dell’esistenza delle servitu’ da qualificarsi come -apparente” ed anzi – evidente”, secondo quanto ritenuto nella sentenza impugnata. Quanto sopra assorbe l’esame delle ulteriori doglianze formulate in relazione alla dedotta violazione degli articoli 1362 e ss., nonche’ 1341 e 1370 c.c..
Il quarto motivo censura la pronuncia della Corte d’Appello laddove afferma che nella fattispecie in esame si sarebbe trattato di -oneri apparenti”, ravvisando sia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1061 c.c., che l’omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5).
Il motivo presenta profili di inammissibilita’, in quanto la medesima questione viene prospettata mediante mezzi di impugnazione eterogenei, quali la violazione di norme di diritto, che presuppone accertati gli elementi del fatto, e l’omesso esame di un fatto decisivo (Cass. 31.1.2013, n. 2299).
Il motivo e’ inammissibile anche sotto altro profilo, poiche’ esso, nei termini in cui e’ formulato, non censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ne’ la violazione dell’articolo 1061 c.c., ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non piu’ censurabile alla luce del nuovo disposto dell’articolo 360 codice di rito, comma 1, n. 5), (Cass. SS.UU. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato le risultanze dell’istruttoria espletata.
L’omesso esame di un fatto decisivo non puo’ infatti consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale e’ assegnato alla prova (ex plurimis Cass. n. 6064/08).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha accertato l’evidenza della servitu’ sulla base delle caratteristiche delle opere e della loro visibilita’, come risultante non solo dalla loro descrizione, ma anche dalle fotografie in atti, definite piu’ che eloquenti, ed ha inoltre evidenziato che la situazione giuridica dei luoghi era puntualmente desumibile dalle planimetrie presentate in Comune dalla (OMISSIS), pochi mesi dopo la conclusione dei preliminari: in tali planimetrie era ben descritta ed evidente, la linea elettrica dell’alta tensione, evidenziata da una doppia linea tratteggiata, che attraversava i terreni in oggetto.
A fronte di tale accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, adeguatamente motivato, in quanto si fonda sulle riproduzioni fotografiche e sulle acquisizioni documentali, appare inammissibile il rilievo della ricorrente, che contesta, nel merito, che fosse rilevabile che la servitu’ di elettrodotto insisteva proprio sul fondo oggetto dei preliminari.
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