segue pagina antecedente
[…]

Con l’ottavo mezzo, i ricorrenti denunciano che la liquidazione nel decreto impugnato delle spese a proprio carico e’ stata effettuata in violazione del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 9, avendo il Tribunale applicato le tariffe professionali abrogate, anche se non era stato ancora emanato il d.m. per la liquidazione delle spese processuali, in assenza del quale il Giudice avrebbe dovuto chiarire la norma applicabile e gli standards di riferimento; che anche a ritenere corretto il riferimento del Tribunale a seguito della successiva modifica dell’articolo 9 del Decreto Legge cit., il Giudice avrebbe dovuto indicare sistema e tariffa applicata, ed in ogni caso la liquidazione e’ eccessiva, ne’ il totale corrisponde alla somma dei due importi.
Col nono, si dolgono della condanna all’iva e cpa, essendo il Fallimento soggetto iva.
In primis, vanno disattese le prime due eccezioni preliminari del Fallimento, atteso che il ricorso e’ chiaramente rivolto e notificato al Fallimento, come si ricava agevolmente e senza alcuna incertezza dalla indicazione della societa’, in persona dei curatori, dalla notifica al difensore della Procedura nel giudizio avanti al Tribunale, dal preciso riferimento al giudizio di opposizione allo stato passivo e dalla richiesta di cassazione del decreto, al fine di ottenere l’ammissione in prededuzione.
Cio’ posto, alla stregua di quanto fatto valere nella memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1, deve considerarsi l’incidenza nel presente giudizio dell’intervenuta sentenza della Corte d’appello di Cagliari n.7 /2016, depositata il 3 maggio 2016 e passata in giudicato, che, ritenuti insussistenti i presupposti della revoca dell’ammissione al concordato preventivo disposta con il decreto del Tribunale di Cagliari del 13/3/2009, ha revocato detto decreto ed “annullato” la sentenza dichiarativa di fallimento della societa’ (OMISSIS) s.p.a..
Sulla sorte del giudizio di opposizione allo stato passivo nel caso della revoca della sentenza di fallimento, questa Corte si e’ pronunciata con l’ordinanza 19752/2017 nell’omologo giudizio di cui al n.rg. 11004/2012, promosso dagli stessi odierni ricorrenti nei confronti della Casa di Cura (OMISSIS), nei termini che seguono.
“La questione, in considerazione dell’applicazione nella specie della normativa fallimentare novellata, deve ritenersi nuova davanti a questa Corte, che si e’ gia’ pronunciata sull’incidenza della sopravvenuta revoca della dichiarazione di fallimento, ma nella vigenza della normativa ante riforma, affermando, tra le ultime nella pronuncia del 29/5/2013, n. 13337 che il riacquisto della capacita’ processuale del fallito, conseguente alla chiusura (o alla revoca) del fallimento determina soltanto l’interruzione del processo nel quale sia parte il curatore fallimentare, onde il giudizio di opposizione allo stato passivo puo’ essere riassunto nei confronti del (o proseguito dal) fallito tornato in bonis, al fine di giungere all’accertamento giudiziale sull’esistenza o meno del credito di cui si era chiesta l’ammissione al passivo (ex multis, Cass. 15934/2007, 1514/1998, 8331/1994, 3052/1983, 3478/1969). Ne’ va sopravvalutata la circostanza…che le conclusioni della parte che prosegue il giudizio continuino, come nella specie, ad essere formulate in termini di ammissione al passivo fallimentare e non di condanna al pagamento del credito a carico della parte fallita tornata in bonis. Invero la domanda d’insinuazione al passivo si inserisce in un processo esecutivo concorsuale e tende all’accertamento del credito in funzione esecutiva mediante la sua collocazione sul ricavato dell’attivo fallimentare, sicche’ include qualcosa in piu’, e non di meno, della mera condanna al pagamento richiesta nel giudizio ordinario(Cass. 15934/2007 cit.)….
Ora, tale orientamento non puo’ essere trasposto nella specie (tra l’altro, anche perche e’ intervenuta la revoca del fallimento nel corso del giudizio di legittimita’, per il quale non e’ predicabile l’interruzione del giudizio), trovando applicazione la legge fallimentare riformata, visto che questa ha inteso strutturare il giudizio di opposizione allo stato passivo come un procedimento strettamente connesso alla procedura fallimentare, inteso ad accertare il credito ai soli fini dell’ammissione al passivo, come chiaramente evincibile alla stregua dell’espressa disposizione di cui all’articolo 96, u.c. L. Fall., che dispone che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte all’esito dei giudizi di cui all’articolo 99 L.F. producono effetti soltanto ai fini del concorso, cosi’ rendendo palese l’inscindibile collegamento tra il procedimento fallimentare e l’accertamento del passivo che ivi si compie.
E la bonta’ della tesi assunta si coglie chiaramente, come evidenziato dalla difesa dei ricorrenti, nel disposto di cui all’articolo 120, u.c. L. Fall., che prevede che il decreto o la sentenza con la quale il credito e’ stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all’articolo 634 c.p.c..
Ne consegue che il creditore, che intenda agire nei confronti del debitore tornato in bonis, dovra’ munirsi di un titolo esecutivo, potendo avvalersi della pronuncia di ammissione al passivo solo come prova scritta, ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo, cosi’ chiaramente rimanendo preclusa all’accertamento del credito effettuato nella procedura fallimentare la piena efficacia ultrafallimentare.
Su dette basi si giustifica il convincimento dello stretto ed ineludibile rapporto tra il giudizio di opposizione al passivo e la procedura fallimentare, si’ da dover concludere per l’improcedibilita’ del primo a ragione della revoca del fallimento, passata in giudicato.
Ne’ rileva il fatto che non vi sia stata anche la chiusura del fallimento, che si pone quale fase di appendice conseguente alla revoca, che ha gia’ pertanto esplicato i suoi effetti sul giudizio di opposizione allo stato passivo, ne’ possono incidere sull’effetto processuale che si e’ cosi’ determinato in relazione al procedimento fallimentare ormai definito con la revoca la nuova istanza di fallimento e la nuova domanda di ammissione al concordato preventivo.
Deve pertanto conclusivamente pronunciarsi la cassazione senza rinvio della pronuncia impugnata ai sensi dell’articolo 382, comma 3 ultima parte, L. Fall., sulla base del seguente principio di diritto: La sopravvenuta revoca della dichiarazione di fallimento, passata in giudicato, rende improcedibile il giudizio di opposizione allo stato passivo, attesa la natura endofallimentare di detto giudizio, inteso all’accertamento del credito con effetti limitati al concorso allo stato passivo”.
Attesa la natura processuale della presente decisione, conseguente all’intervenuta pronuncia di revoca del fallimento, vanno compensate le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte cassa senza rinvio la pronuncia impugnata. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *