Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 marzo 2018, n. 7221.
Nel caso in cui lo stesso lavoratore renda contemporaneamente la propria prestazione per due società e, inoltre, se le mansioni svolte rendono impossibile distinguere quale parte di esse sia resa nell’interesse di una o dell’altra società, si ha unicità nel rapporto di lavoro. Ne consegue che, con riferimento alle obbligazioni che nascono dal rapporto di lavoro, le due società coinvolte sono solidalmente responsabili nei confronti del lavoratore ai sensi dell’articolo 1294 del Codice civile.
Sentenza 22 marzo 2018, n. 7221
Data udienza 7 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. MANNA Antonio – Consigliere
Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25035-2015 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.R.L., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2960/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/04/2015 R.G.N. 115/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. MANNA ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza pubblicata il 16.4.15 la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame di (OMISSIS) S.p.A. e di (OMISSIS) S.r.l. contro la sentenza non definitiva n. 1577/13 del Tribunale di Benevento, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato il 1.7.10 a (OMISSIS), ordinandone la reintegra nel posto di lavoro.
2. Statuiva la Corte territoriale che le due societa’ appellanti costituivano un unitario centro di imputazione giuridica del rapporto di lavoro della lavoratrice, avendo un’unica struttura organizzativa e produttiva ed un unico scopo, un unico coordinamento tecnico e amministrativo ed un utilizzo in contemporanea delle prestazioni lavorative dei dipendenti. In conclusione, secondo la Corte territoriale era da considerarsi fittizia l’imputazione alla sola (OMISSIS) S.r.l. dei rapporti di lavoro (compreso quello di (OMISSIS)), conseguentemente raggiungendosi la soglia occupazionale prevista per l’applicabilita’ della L. n. 300 del 1970, articolo 18, mediante computo di tutti i dipendenti delle due societa’.
3. Per la cassazione della sentenza ricorrono con unico atto (OMISSIS) S.p.A. ed (OMISSIS) S.r.l., affidandosi ad un solo motivo.
4. (OMISSIS) resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 8, e L. n. 300 del 1970, articolo 18, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto che la ricostituzione del rapporto dovesse avvenire solo nei confronti del datore di lavoro formale (vale a dire la (OMISSIS) S.r.l., che all’epoca del licenziamento aveva meno di 15 dipendenti), anche a prescindere dalla ritenuta unicita’ di imputazione del rapporto, il che avrebbe dovuto comportare l’applicazione della mera tutela obbligatoria; inoltre – prosegue il ricorso – la Corte territoriale non ha considerato che i registri IVA e i bilanci prodotti in giudizio dimostravano un progressivo e inesorabile crollo di circa il 15% (negli anni 2007 – 2009) delle prestazioni sanitarie rese dalla (OMISSIS) S.r.l..
2.1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ dell’impugnazione sollevata dalla controricorrente in relazione ad un preteso conflitto di interessi tra le due societa’ ricorrenti in quanto assistite dal medesimo difensore (avv. (OMISSIS)).
E’ pur vero che, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr. Cass. n. 15884/13; Cass. n. 21350/05; Cass. n. 8842/04), e’ inammissibile l’impugnazione proposta dallo stesso difensore munito di procura conferitagli da due parti processuali nonostante che esse si trovino tra loro in conflitto (attuale o virtuale) di interessi.
Nondimeno nel caso di specie tale conflitto non si ravvisa neppure a livello virtuale, giacche’ proprio la sentenza impugnata ha ribadito la sostanziale unicita’ dell’impresa, di modo che e’ del tutto naturale – e, anzi, costituisce ulteriore indiretta conferma della statuizione dei giudici di merito – il fatto che la difesa delle societa’ ricorrenti sia stata assunta da un unico difensore (cfr. in tal senso Cass. n. 16685/17, pronuncia relativa propria alle odierne ricorrenti e ad un’analoga vicenda lavorativa).
3.1. Il ricorso e’ pero’ infondato.
Si deve, infatti, dare continuita’ alla costante giurisprudenza di questa S.C. secondo cui si ha unicita’ del rapporto di lavoro qualora uno stesso lavoratore presti contemporaneamente servizio per due datori di lavoro e la sua opera sia tale che in essa non possa distinguersi quale parte sia svolta nell’interesse di’ un datore di lavoro e quale nell’interesse dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori di siffatta attivita’ devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, ai sensi dell’articolo 1294 c.c., che stabilisce una presunzione di solidarieta’ in caso di obbligazione con pluralita’ di debitori, ove dalla legge o dal titolo non risulti diversamente (cfr., ex aliis, Cass. n. 1346/15; Cass. 5.3.03 n. 3249; Cass. 20.10.2000 n. 13904; Cass. 10.6.86 n. 3844).
Lo stesso dicasi qualora tra piu’ societa’ vi sia un collegamento economico – funzionale (da non confondersi con quello di cui all’articolo 2359 c.c.), tale da far ravvisare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti quando si accerti l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie societa’ (cfr. Cass. n. 1346/15, cit.; Cass. n. 5496/06; Cass. n. 11275/2000).
Tale unicita’ di imputazione ricorre ogni qual volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attivita’ imprenditoriale fra i vari soggetti del collegamento economico – funzionale e cio’ venga rivelato dai seguenti indici sintomatici: a) unicita’ della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attivita’ esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attivita’ delle singole imprese verso uno scopo comune; d) contemporaneo utilizzo della prestazione lavorativa da parte delle varie societa’, nel senso che la prestazione medesima risulti resa in loro favore allo stesso tempo e in modo indifferenziato (cfr., ex aliis, Cass. n. 19023/17; Cass. n. 26346/16; Cass. n. 3482/13).
Si tratta d’un accertamento rimesso al giudice di merito (cfr. Cass. n. 3482/13, cit.): nel caso di specie la Corte territoriale ha motivatamente confermato la sussistenza di tutti gli indici sintomatici della suddetta simulazione, id est del carattere fittizio del frazionamento in due societa’ ( (OMISSIS) S.p.A. ed (OMISSIS) S.r.l.) di un’unica realta’ aziendale e imprenditoriale.
Pertanto, rettamente i giudici di merito hanno emesso l’ordine di reintegra nei confronti di entrambe le societa’, tenutevi in solido ex articolo 1294 c.c..
Ne consegue che, unico essendo il centro di imputazione del rapporto lavorativo dell’odierna controricorrente, del pari unico debba essere il calcolo del numero dei dipendenti ai fini dell’applicabilita’ della tutela reale del posto di lavoro ex articolo 18 cit., sommandosi i dipendenti medesimi a prescindere dalla formale titolarita’ nel lato datoriale del loro rapporto di lavoro.
E’ quel che correttamente ha fatto l’impugnata sentenza, che non merita le censure rivoltele.
Per il resto, le doglianze mosse per mancata valorizzazione di determinati documenti al fine di dimostrare il giustificato motivo oggettivo posto a base del licenziamento per cui e’ causa sostanzialmente non fanno altro che sollecitare – ad onta dei richiami normativi contenuti in ricorso e della deduzione del vizio sub specie articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – una mera rivisitazione del materiale istruttorio.
Cio’ e’ inammissibile in sede di legittimita’ alla luce sia del previgente sia (a fortiori) del nuovo tenore dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (applicabile ratione temporis).
4.1. In conclusione, il ricorso e’ da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e si attribuiscono ex articolo 93 c.p.c., al difensore antistatario della contro ricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna le societa’ ricorrenti a pagare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con attribuzione in favore dell’avv. (OMISSIS), antistatario.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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