Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 24 giugno 2015, n. 26565
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giusepp – Presidente
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. DOVERE Salvator – rel. Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2476/2013 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di SALERNO, del 30/06/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
sentite le conclusioni del PG Dott. M. Gallo, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso delle parti civili e il rigetto del ricorso dell’imputato;
Udito il difensore della parte civile (OMISSIS), avv. (OMISSIS), insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 30 giugno 2014 il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Salerno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui agli articoli 40 cpv. e 589 c.p., perche’ il fatto non costituisce reato.
Era stato richiesto il rinvio a giudizio dell’ (OMISSIS) perche’ ritenuto responsabile della morte di (OMISSIS), il quale era stato ricoverato il (OMISSIS) presso l’ospedale (OMISSIS) con diagnosi di “endoleak e nuovo flusso aneurismatico in soggetto gia’ trattato con stent endovascolare”. Egli, per l’accusa, quale medico primario del reparto di chirurgia vascolare, aveva omesso di eseguire con tempestivita’ un nuovo intervento chirurgico riparatore della recidiva lesione evidenziata dagli esami sin dalla data del ricovero, cosi’ determinando un aggravamento delle condizioni del degente, che subiva la rottura con fistolizzazione in esofago della parete del tratto distale dell’aorta toracica protesizzata (FAE), con l’insorgenza di shock ipovolemico e con conseguente decesso avvenuto il (OMISSIS).
Il giudice dell’udienza preliminare ha ritenuto, facendo riferimento al quadro delineato dai periti nominati dall’ufficio, che non vi fosse stata violazione di alcuna regola cautelare da parte dell’imputato, essendo stato il paziente sottoposto a trattamenti sanitari considerati necessari dalla letteratura scientifica nazionale e internazionale e che la fistallizzazione, causa esclusiva del decesso scoperta solo in sede di autopsia, non aveva dato segni di esistenza negli esami clinici e strumentali, sicche’ essa non era stata in alcun modo diagnosticabile, a meno di non anticipare l’intervento nella sede dell’endoleak e di effettuarlo a cielo aperto, condotta tuttavia non esigibile da parte dei curanti. Su tale premessa il giudice ha concluso che seppure colpa vi fu, essa deve essere valutata lieve concludendo per la formula di proscioglimento del “fatto non costituisce reato”.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), lamentando la contraddittorieta’ della motivazione della sentenza impugnata la quale da un verso afferma il pieno rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunita’ scientifica e l’adeguatezza del comportamento del medico alle peculiarita’ della quadro clinico del paziente sottoposto al suo esame e dall’altro ritiene sussistente una colpa lieve senza individuare alcun particolare comportamento del medico qualificabile in tali termini.
3. L’ (OMISSIS) ha depositato il 10.2.2015 “memoria ex articolo 127 c.p.p., comma 2”, con la quale ribadisce i contenuti del proposto ricorso e contrasta l’impugnazione presentata dalle parti civili, evidenziando la compiutezza e la non manifesta illogicita’ della sentenza impugnata sul piano dell’affermazione di assenza di nesso causale tra la condotta dell’ (OMISSIS) e l’evento in danno del (OMISSIS).
4. Propongono altresi’ ricorso per cassazione le costituite parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del difensore avvocato (OMISSIS).
Con un primo motivo deducono violazione di legge in relazione agli articoli 589 e 40 c.p., e Legge n. 189 del 2012, articolo 3, nonche’ vizio motivazionale. Rammenta l’esponente che al giudice dell’udienza preliminare e’ inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o comunque ad essere diversamente rivalutate e che, in particolare in tema di colpa medica, ad avviso della giurisprudenza di legittimita’ in sede di udienza preliminare la valutazione in ordine al giudizio controfattuale non puo’ condurre ad una sentenza di non doversi procedere quando esiti in un dubbio ragionevole circa la responsabilita’ dell’indagato (si cita, al riguardo, Cass. n. 17797/2012).
Orbene, nel caso che occupa, continua l’esponente, il confronto tra la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero, quella della parte civile e quella della difesa dall’altra evidenziano che e’ tutt’altro che univoca l’interpretazione delle linee guida da osservare rispetto alla specificita’ del quadro clinico del (OMISSIS). Inoltre i periti nominati dal giudice non hanno risposto interamente ai quesiti posti poiche’ non hanno preso in considerazione tutti i profili di colpa che erano stati individuati dai consulenti del pubblico ministero, i quali segnalavano tanto un errore terapeutico configurante imperizia, consistente nel non aver ponderato i rischi di un endoleak trascurato, che un comportamento imprudente, integrato dall’aver continuato ad assistere lungo un intero mese un soggetto con persistente dolore toracico e diagnosi di endoleak soltanto con terapia medica. Ad avviso dell’esponente il quadro clinico presentato dal (OMISSIS) era tale da imporre al sanitario di non attenersi tout court alle linee guida e di “intervenire fattivamente per scongiurare la morte del degente”; anche in considerazione del referto EGS dal quale si riscontrava una piccola erosione dell’esofago, che avrebbe dovuto far supporre una lesione preulcerativa aorto esofagea. Il ricorrente ravvisa un salto logico nella motivazione, laddove il giudice afferma che la FAE era stata provocata dallo stato di decubito del paziente e poi non considera che questo fu dovuto all’attendismo dei sanitari; rammenta che il rinvio di un intervento urgente non puo’ mai essere considerato conforme a buone pratiche mediche e che la limitazione della responsabilita’ in caso di colpa lieve opera solo per comportamenti imperiti ma non si estende ad errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza, come nel caso dell’ (OMISSIS), in cui il paziente mostrava sintomi indicativi di una degenerazione preoccupante della patologia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Ragioni di economia motivazionale impongono di prendere le mosse dal ricorso proposto dalle parti civili, che risulta fondato nel rilievo che investe la regola di giudizio utilizzata dal decidente.
6. Giova rammentare che la giurisprudenza di questa Corte e’ assolutamente salda nell’affermare che, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non e’ l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilita’ del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti. L’esistenza di un quadro probatorio non univoco, per la contraddittorieta’ degli elementi che vanno a comporlo o per la loro incompiutezza non puo’ giustificare la sentenza di non luogo a procedere se non quando sia ragionevolmente prevedibile che gli stessi siano destinati a rimanere tali all’esito del giudizio (in tal senso, ex multis, Sez. 4, n. 47169 del 08/11/2007 – dep. 20/12/2007, P.C. in proc. Castellano e altro, Rv. 238251; Sez. 2, n. 35178 del 03/07/2008 – dep. 11/09/2008, P.M. in proc. Trunetti, Rv. 242092; Sez. 6, n. 33921 del 17/07/2012 – dep. 06/09/2012, P.C. in proc. Rolla, Rv. 253127).
In definitiva, e’ esattamente questo il canone sul quale la giurisprudenza richiama l’attenzione: valutare se la presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicita’ ed alternativita’ di soluzioni valutative possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale che spettano, nella predetta fase, al giudice naturale (Sez. 6, n. 6765 del 24/01/2014 – dep. 12/02/2014, Pmt in proc. Luchi e altri, Rv. 258806).
Informata a tale criterio di giudizio, la motivazione della sentenza di non luogo a procedere evidenzia le ragioni per le quali il materiale probatorio non sia ulteriormente accrescibile o perche’ non siano risolvibili attraverso il percorso dibattimentale, caratterizzato dalla formazione della prova in contraddittorio, le eventuali aporie o contraddizioni; e non contempla l’esposizione delle ragioni per le quali il Giudice dell’udienza preliminare abbia ritenuto maggiormente attendibile l’una o l’altra prova, essendo tale giudizio riservato al giudice del dibattimento.
7. Nel caso di specie il Giudice dell’udienza preliminare non ha osservato simili prescrizioni. Sin dall’incipit – “assorbente rilievo deve attribuirsi all’esito della perizia espletata d’ufficio, la quale si lascia apprezzare…: ogni critica all’elaborato va dunque decisamente disattesa, traducendosi le doglianze in un tentativo di sostituire alla valutazione oggettiva del perito quella soggettiva della parte” – egli ha reso esplicito l’opzione a favore della perizia disposta nel corso dell’udienza preliminare. Laddove, a fronte delle diverse valutazioni dei numerosi esperti che hanno recato un contributo informativo, il compito del giudice non era quello di decidere chi fosse maggiormente attendibile ma solo quello di valutare se gli elementi a sostegno dell’accusa fossero del tutto inidonei a sostenere l’accusa in giudizio. Cio’ si traduceva nella verifica della ricorrenza di eventuali manifeste incongruenze del contributo dell’esperto posto a sostegno dell’accusa, per l’errata piattaforma fattuale assunta, per la palese insipienza tecnica del metodo o dell’elaborazione, e cosi’ esemplificando, tanto da lasciar ‘sopravvivere’ solo gli elementi di segno avverso. Ma fuori da tale, invero statisticamente eccezionale, ipotesi, il giudice dell’udienza preliminare non puo’ operare una scelta di campo sottraendo la verifica della tenuta delle diverse prove alla contesa dibattimentale.
8. Ne’ va taciuto che nel caso di specie si rinviene un ulteriore ragione di annullamento della sentenza impugnata, ed e’ rappresentata dalle affermazioni contraddittorie formulate dal Giudice dell’udienza preliminare in ordine alla insussistenza di una violazione cautelare nel mentre si aggiunge che non puo’ essere esclusa la sussistenza di una colpa lieve. In tal modo si recede dalla evidenza che dovrebbe caratterizzare l’assenza di una violazione cautelare ed inoltre si formula un giudizio su materia di estrema complessita’, quale il grado della colpa. Giudizio che per cio’ solo – salvo il caso di assoluta evidenza – non puo’ che essere demandato al giudice del dibattimento.
La sentenza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Salerno per l’ulteriore corso.
9. Il ricorso dell’imputato resta assorbito dalla precedente statuizione.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno per l’ulteriore corso.
Leave a Reply