Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 29 gennaio 2016, n. 1718
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13597-2009 proposto da:
(OMISSIS) (DECEDUTO) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
avverso la sentenza n. 1349/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA dep. 11/11/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La causa concerne la proprieta’ – condominiale o privata degli odierni ricorrenti – di un cortile dell’edificio sito in (OMISSIS), e le tende da sole apposte dai convenuti coniugi (OMISSIS) ad un balcone del loro appartamento, nonche’ una domanda riconvenzionale.
L’azione e’ stata proposta nel 1998 da alcuni condomini, i quali hanno ottenuto dal tribunale di Catania sentenza (datata 9 novembre 2002) di accertamento della natura condominiale del cortile, occupato da un gabbione metallico e chiuso con due cancelli dai convenuti; la rimozione dell’intelaiatura metallica per tenda da sole.
La Corte di appello di Catania con sentenza 11 novembre 2008, notificata il 2 aprile 2009, ha confermato tali pronunce e condannato i convenuti (OMISSIS) al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ha confermato il rigetto della domanda concernente l’alterazione del decoro architettonico dell’edificio da parte di due condomini. Il ricorso (OMISSIS) – (OMISSIS), notificato il 4 giugno 2009, consta di 5 motivi.
Nel giudizio di appello molti condomini non si sono costituiti. In questa sede sono rimasti tutti intimati.
Dopo la costituzione di nuovo difensore della ricorrente (OMISSIS) e il deposito di memoria in cui si da atto del decesso del ricorrente (OMISSIS), di cui ella si e’ dichiarata erede testamentaria, all’udienza del 4 novembre e’ stata disposta integrazione del contraddittorio con due condomini, per i quali era mancata la prova della notifica.
Eseguito l’adempimento, la causa perviene a nuova discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2) La Corte di appello di Catania ha ritenuto che non vi erano elementi utili, negli atti notarili, per superare la presunzione di condominialita’ del cortile, perche’ l’atto di provenienza 7 settembre 1978 ne escludeva l’acquisto da parte dei (OMISSIS) – (OMISSIS) e perche’ altro immobile sito a piano terra si affaccia sul cortile.
La Corte ha anche escluso l’usucapione breve, non essendovi titolo idoneo.
Ha respinto l’appello in punto di usucapione ventennale, ritenendo appropriata la valutazione delle risultanze testimoniali e degli elementi induttivi esposti dal “primo giudice”.
Quanto alle tende da sole, ha ritenuto mancante la prova circa il “tempo della costruzione e/o della asserita “destinazione del padre di famiglia””.
Infine ha escluso la fondatezza della lesione del decoro architettonico denunciata in via riconvenzionale dai convenuti, relativa a verande poste in essere dai condomini (OMISSIS) – (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.1) IL primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1117 e 2697 2727 codice civile.
Parte ricorrente deduce che il cortile conteso e’ destinato esclusivamente all’appartamento dei ricorrenti, che vi hanno plurimi accessi diretti, mentre le due finestre dell’altro appartamento sono munite di grate.
Sostiene che non si tratterebbe quindi di un cortile propriamente detto, anche se qualificato cosi’ nel contratto, ma di spazio circostante l’appartamento dei ricorrenti, che e’ l’unica ad avere accesso.
Inoltre la eventuale servitu’ di veduta esercitabile dai vicini abitanti del piano terra, attraverso aperture con grate, non varrebbe ad affermare la natura condominiale.
Secondo il ricorso (p. 11), nella nozione desumibile dall’articolo 1117 codice civile e’ cortile quello destinato ad utilita’ comune (ricorso 11); la sentenza non avrebbe considerato la destinazione reale in relazione alle utilita’ da soddisfare. Pertanto “la sentenza impugnata, fondandosi indebitamente sulla presunzione di condominialita’ del cosiddetto cortile” avrebbe erroneamente posto a carico dei convenuti l’onere “della prova del contrario”.
Il motivo e’ infondato.
Esso non si misura con la ratio principale della decisione, che e’ quella secondo cui (cfr. p. 11) l’atto di acquisto del 1978 “espressamente esclude dall’acquisto il cortile in contestazione”.
La Corte di appello nell’esaminare la censura ha espressamente richiamato l’identico giudizio del giudice di primo grado il quale (pag. 4) aveva espressamente rilevato che, nel citato atto di acquisto, l’immobile compravenduto era stato descritto come confinante con il cortile in contestazione e che quindi quest’ultimo era stato “logicamente” escluso dall’acquisto il cortile stesso.
Questa decisiva interpretazione dell’atto di acquisto non e’ censurata dall’odierno ricorso.
3) Il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 817 codice civile. Esso si riferisce al punto in cui in sentenza d’appello si dice che la presenza di altro affaccio “sul cortile in contestazione” ne esclude la “natura pertinenziale esclusiva”.
Il ricorso osserva per contro che la pertinenza puo’ essere tale anche se la cosa non appartiene al proprietario del bene principale.
La censura non e’ da accogliere, giacche’ attinge, peraltro leggendolo strumentalmente, un argomento esposto solo rafforzativamente dalla sentenza di appello, a supporto della tesi principale secondo cui il cortile era stato escluso dalla vendita a favore degli odierni ricorrenti.
Era infatti volto a negare la esclusivita’ della natura pertinenziale, esclusivita’ che secondo la sentenza di appello era stata vantata dagli appellanti, ma che era smentita, oltre che dal titolo di acquisto, anche dalla compresenza di un beneficio per l’altro appartamento.
4) Anche il terzo motivo e’ da respingere.
Esso denuncia difetti di motivazione della sentenza impugnata, la quale sarebbe viziata per i motivi cosi’ riassumibili:
a) Nel contratto si diceva che l’appartamento era “compravenduto con ogni diritto, accessorio, dipendenza e pertinenza con la proporzionale comproprieta’ sul portone, androne, impianto di riscaldamento funzionante…”;
b) Il rogito descriveva l’appartamento come confinante con il cortile; cio’ significherebbe che se non e’ stato espressamente acquistato il cortile in proprieta’ esclusiva, le parti “non hanno pero’ detto neppure” che il cortile era comune;
c) la Corte di appello avrebbe dovuto espressamente affermare la natura comune del cortile, senza limitarsi all’argomento desunto dalla presenza di altro affaccio;
d) la situazione dei luoghi e’ di una terrazza di copertura di un vano sottostante destinato a parcheggio comune, cui si accede da uno scivolo: vi sarebbe quindi una terrazza a livello, che circonda integralmente l’appartamento dei ricorrenti e di cui si sarebbe tenuto conto nelle quote millesimali a carico dei convenuti, ricostruite dal ctp. Di qui una lacunosa motivazione.
Le ragioni sopraesposte non sono idonee a inficiare la ratio della decisione: essa si regge sufficientemente sulla previsione dell’articolo 1117 codice civile, n. 1 nel testo all’epoca vigente, che considera oggetto di proprieta’ comune i cortili, se il contrario non risulta dal titolo, come gia’ rilevato dal primo giudice..
La lettura del titolo di acquisto vantato dai ricorrenti e’ stata piana e logica: essa risulta dalla sentenza di primo grado e dalla sua conferma resa dal giudice di appello, che, allorquando respinge il gravame, integra la decisione di prime cure, le cui motivazioni vanno quindi considerate.
Nella statuizione di merito era dunque descritto l’appartamento come confinate con il cortile, senza specificare che quest’ultimo faceva parte della proprieta’ da essi acquistata. L’ulteriore argomento che l’appartamento era stato descritto come confinante con il cortile poteva essere utilizzabile per interpretare il titolo di acquisto nel senso della esclusione del cortile dal compendio compravenduto.
Invano, a fronte di questi inequivocabili rilievi, logicamente e ineccepibilmente interpretati nel senso di escludere che potesse emergere una proprieta’ provata esclusiva di un condomino, si cerca di indicare imperfezioni espressive marginali o la mancata considerazioni di altri elementi.
Non e’ nemmeno prospettata la esistenza di un vizio nell’interpretazione dell’atto notarile (violazione dell’articolo 1362 e segg. c.c.), che avrebbe eventualmente potuto inficiare la ratio decidendi valorizzata e non scalfita dai contorni motivazionali rilevati. Basti osservare che il riferimento alle pertinenze contenuto nel rogito e’ esposto all’interno di una tipica clausola di stile, priva di riferimento specifico a una singola pertinenza, sicche’ il silenzio circa l’indicazione del grande cortile – terrazzo, lungi dal giovare ai ricorrenti, nuoce loro, giacche’ anomalo sarebbe stato un atto notarile che avesse trasferito una cosi’ rilevante pertinenza senza farne menzione.
5) Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione sotto tre profili: il primo si riferisce all’usucapione abbreviata del cortile-terrazzo e concerne sempre il riferimento contrattuale al trasferimento delle “pertinenze”.
Il motivo e’ infondato per quanto si e’ sopra riferito: le sentenze di merito hanno escluso che la pertinenza sia identificabile con questa area e quindi correttamente si e’ ritenuto che non sussiste un titolo espresso astrattamente idoneo a trasferire la proprieta’ di questo bene, restando cosi’ irrilevante il possesso ultradecennale.
5.1) Sono invece fondate le doglianze relative alla motivazione in punto di usucapione ventennale dell’area e alla collocazione delle tende da sole.
La sentenza di primo grado aveva ritenuto che secondo le deposizioni dei testi di parte attrice i cancelli di chiusura dell’area contesa erano stati posti nel 1979 e che l’usucapione fosse esclusa dall’azione intrapresa nel febbraio 1998. Ha inoltre considerato inattendibili i testi di parte convenuta e mancante di prova l’acquisto del diritto a mantenere in opera la intelaiatura metallica per tenda da sole, in mancanza di prova di aver acquisito “il relativo diritto” (ritenuto quindi astrattamente usucapibile) per destinazione del padre di famiglia o per usucapione.
La Corte di appello ha esaminato le critiche alla valutazione della prova e, pur riconoscendo che le censure alle deposizioni dei testi valorizzati dal primo giudice sollecitavano “opportune riflessioni”, ha ritenuto mancante la prova rigorosa del possesso ultraventennale, che era onere dei (OMISSIS) offrire.
Il ricorso ha buon gioco nell’evidenziare in primo luogo che questa motivazione e’ quasi tautologica, in quanto insufficiente a sciogliere le critiche sull’attendibilita’ dei testimoni: e’ chiaro, dal complesso della motivazione, che se i testimoni venissero meno, la decisione potrebbe essere diversa, sicche’ lo scrutinio di censure riconosciute meritevole di “opportune riflessioni” non puo’ sottrarsi dall’esplicitarle, vagliarle ed esplicitamente risolverle.
La mancanza di questo vaglio si risolve in una motivazione apparente e comunque insufficiente.
La censura e’ corroborata da altri due rilievi: la mancata considerazione della aerofotogrammetria prodotta al termine del giudizio di primo grado, neppure valutata al fine di considerarla decisiva ex art 345 codice procedura civile e cioe’ documento ammissibile tardivamente; la mancata valutazione delle testimonianze in relazione alle opere – apposizione cancello e intonacatura – eseguite tra il 1976 e il 1978.
Il quesito ex articolo 366 bis codice procedura civile opportunamente evidenzia che se dalla aerofotogrammetria dovesse risultare che i cancelli esistevano gia’ prima del 1978, la valutazione dei testi e della pretesa di usucapione dovrebbe essere diversa e comunque rifatta. Questi rilievi colgono nel segno e impongono la cassazione sul punto della sentenza impugnata, dovendo il giudice di rinvio nuovamente valutare le risultanze testimoniali, previo scrutinio della ammissibilita’ della documentazione tardivamente prodotta ed eventualmente tenendo conto di essa.
6) Fondato e’ anche il quinto motivo di ricorso.
Esso denuncia vizio di motivazione in ordine al rigetto della domanda di rimozione delle verande costruite dai coniugi (OMISSIS).
La Corte di appello ha escluso che dette verande alterino il decoro architettonico dell’edificio, perche’ ha condiviso la valutazione del primo giudice, secondo cui non vi sarebbe lesione, in quanto esse non sono poste sulla facciata principale dell’edificio condominiale.
Il ricorso censura tale decisione, rilevando che l’alterazione del decoro puo’ riguardare anche una facciata interna e che sarebbe da riguardare con attenzione nel caso, come quello in esame, in cui la facciata intaccata riguarderebbe “la maggior parte dell’appartamento dei ricorrenti”, il cui decoro sarebbe quindi “compromesso per intero”.
La doglianza e’ pienamente fondata, giacche’ il fatto che nel precedente citato dalla Corte di appello (Cass. 1297/98) sia stato “escluso il carattere lesivo di una veranda realizzata da un condomino sulla terrazza a livello del proprio appartamento nella parte retrostante del fabbricato” non implica che sempre e in ogni caso sia legittima la creazione di verande in corrispondenza di facciate interne.
La stessa sentenza citata e le successive hanno rimesso al giudice di merito il compito di stabilire volta per volta se in concreto ricorra il denunciato danno all’aspetto della facciata, esterna o interna che sia, di talche’ non costituisce motivazione appagante limitarsi a rilevare che trattasi di facciata interna. E’ bene quindi ricordare che anche di recente vi sono state pronunce relative a facciate interne e che e’ risalente l’affermazione secondo cui per “decoro architettonico del fabbricato”, ai fini della tutela prevista dall’articolo 1120 codice civile, deve intendersi l’estetica dell’edificio, costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (Cass. 18350/13; 10350/11; Cass. 27551/05; cfr. anche 851/07; 14455/09).
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Catania per nuovo esame e nuova motivazione relativamente ai profili indicati.
Il giudice in sede di rinvio liquidera’ anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigettati gli altri motivi, accoglie nei sensi di cui in motivazione il quarto e quinto motivo di ricorso.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Catania, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
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