Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 27 ottobre 2014, n. 22761

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23644/2008 proposto da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 853/2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con tredici censure, raggruppate in 6 motivi di ricorso, la (OMISSIS) spa si duole della sentenza della Corte di appello di Venezia, del 5 luglio 2007.
Con essa, in accoglimento del gravame interposto dall’avv. (OMISSIS), e’ stato confermato il decreto ingiuntivo emesso dal pretore di Venezia il 15 maggio 1998, che condannava la societa’ a pagare al professionista la somma di 4.209,12 euro.
L’avv. (OMISSIS) ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
Il tribunale di Venezia nell’accogliere l’opposizione a decreto ingiuntivo aveva ritenuto che il compenso dovuto all’avvocato, quale componente del collegio sindacale della societa’ per l’anno 1995 e l’anno 1996, fosse pari a euro 2.943,80 e aveva condannato il professionista a restituire alla societa’ la somma di euro 1712,05.
La Corte di appello con la sentenza qui impugnata ha invece rigettato l’opposizione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Secondo l’ingiungente, la prestazione quale membro del collegio sindacale doveva essere liquidata sulla base delle tariffe professionali all’epoca vigenti per gli avvocati.
Il tribunale di Venezia ha respinto questa pretesa, perche’ ha ritenuto fondata la tesi dell’opponente societa’, secondo la quale esisteva un accordo per la liquidazione dei compensi sulla base dei minimi previsti per i dottori commercialisti.
In mancanza di una determinazione in atto costitutivo o da parte dell’assemblea dei soci, il tribunale ha ritenuto che l’accordo, pur mai formalizzato, risultasse comprovato dalle acquisizioni della consulenza tecnica d’ufficio, dalla quale era risultato che tra il 1984 e il 1996 era stato seguito detto criterio o addirittura erano state fatte liquidazioni inferiori. Liquidazione maggiore, a favore dell’avv. (OMISSIS), vi era stata solo nel 1995.
La Corte di appello di Venezia ha accolto due motivi di gravame.
Il terzo motivo, relativo all’estensione dell’esame della consulenza tecnica a documentazione contabile e societaria non tempestivamente prodotta in causa, messa a disposizione del consulente dalla (OMISSIS) spa.
Il sesto motivo, relativo alla insussistenza, secondo il legale, di un accordo.
A tal fine ha osservato che in mancanza di delibera societaria ex articolo 2402 c.c., sull’ammontare del compenso nei limiti del minimo tariffario per i commercialisti, la definizione del compenso non poteva essere pattuita da organi rappresentativi della societa’ non autorizzati dall’assemblea.
Ha considerato pertanto “non rilevante e pertinente” la prova testimoniale dedotta dalla societa’ per comprovare accordi verbali.
Tardiva la ulteriore documentazione prodotta con la comparsa di costituzione in appello.
Ha quindi liquidato il compenso secondo il criterio sussidiario di cui all’articolo 2233 c.c., sulla base della qualifica professionale dell’avvocato ingiungente.
3) Conviene avviare l’esame del ricorso (OMISSIS) dal quarto motivo, giacche’ i primi tre, che gravitano intorno alla consulenza tecnica di ufficio e alla relativa documentazione, possono risultare superati dall’esito delle questioni principali sollevate con le altre censure.
La ricorrente muove dal presupposto che era esistito un accordo tra la societa’ e il professionista in ordine alla determinazione del compenso; che questo accordo era validamente intercorso con l’organo amministrativo, ancorche’ in assenza di deliberazione assembleare, assenza che poteva rilevare solo nei rapporti societari interni.
Formula il seguente quesito: Dica la S.C. se e’ legittimo che un componente dell’organo sindacale e una societa’ per azioni, in assenza di determinazione del’assemblea o di indicazione nell’atto costitutivo del compenso del predetto sindaco, si accordino su i tale aspetto per il tramite dell’organo amministrativo, ai sensi dell’articolo 2384, 2384 bis, su criteri di calcolo della remunerazione: nell’ipotesi rimetta la salutazione al Giudice di rinvio cassando la sentenza 853/07 della Corte adottata su errato diverso presupposto e/o motivazione.
La censura e’ infondata.
Va infatti dato seguito al seguente principio: “L’incarico di competente dal collegio sindacale anche nella societa’ cooperativa e’, ai sensi dell’articolo 2402 c.c. (richiamo dall’articolo 2516 c.c., nel testo “ratione temporis” vigente), necessariamente oneroso, in quanto non riflette solo interessi corporativi, ma concorre a tutelare, a garanzia dei terzi e del mercato, la serieta’, l’indipendenza e l’obiettivita’ della funzione; ne consegue che, ove l’entita’ del compenso non sia stabilita nell’atto costitutivo ne’ fissata dall’assemblea, il giudice che ne sia richiesto – nella specie, in sede di opposizione allo stato passivo del fallimento dell’ente – ha l’obbligo di procedere alla sua determinazione, ai sensi dell’articolo 2233 c.c., non rappresentando un ostacolo la clausola dello statuto che demanda alla stessa assemblea la predetta scelta, attesa l’invalidita’ di tale previsione la quale si risolve nell’affermazione dell’opposta regola della gratuita dell’incarico”.
Coerente con tale principio e’ l’insegnamento delle Sezioni Unite, riassunto da Cass. 21933/08: “Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di societa’ di capitali, ai sensi dell’articolo 2389 c.c., comma 1, (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, e’ necessaria una esplicita delibera assembleare, che non puo’ considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle societa’ dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attivita’ economica, oltre, che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (articolo 2630 c.c., comma 2, abrogato dal Decreto Legislativo n. 61 del 2002, articolo 1); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (articolo 2364 c.c., nn. 1 e 3); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilita’ di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (articolo 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volonta’ della societa’ (articolo 2393 c.c., comma 2). Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non e’ idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’articolo 2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori”.
4) Il rigetto del quarto motivo rende inammissibili i tre precedenti, che erano relativi alla consulenza e alla produzione documentale volta a dar corpo all’accordo dedotto da parte opponente. Sopravviene infatti, quanto ad essi, carenza di interesse di parte ricorrente.
5) Il quinto motivo, che e’ logicamente subordinato al precedente, in quanto presuppone la insussistenza di un valido accordo sul compenso, si articola in due censure.
La prima di esse mira a negare che per l’attivita’ di componente del collegio sindacale di una spa sia utilizzabile la tariffa forense, che sarebbe applicabile solo se riferita alla conseguenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari.
La seconda mira a negare che si potesse determinare l’onorario al di sopra dei minimi legali, non avendo il professionista allegato alcun fatto in ordine alla difficolta’ dell’incarico e non potendo essere utilizzato il parere di congruita’ del Consiglio forense, stante l’assenza di voi e tariffe nel Decreto Ministeriale n. 585 del 1994.
La doglianza e’ infondata.
La Suprema Corte ha affermato che: “Le tariffe professionali degli avvocati sono applicabili solo per quelle attivita’ tecniche, o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico, che siano considerate nella tariffa, oggettivamente proprie della professione legale in quanto specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziali, e non possono essere pertanto, applicate, solo perche’ rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni svolte nell’ambito di una commissione mista, i cui atti siano imputabili esclusivamente all’organo collegiale” (Cass. 27919/13; 2966/14).
Quest’ultima sentenza ha ricordato opportunamente che le tariffe forensi, vigenti al tempo di cui si discute, non possono essere applicate, solo perche’ rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni che richiedono solo un’approfondita conoscenza del diritto, senza alcun riferimento a una pratica o affare determinato (Cass. 19 agosto 1994, n. 7438) e che non siano attribuibili all’esterno al singolo componente.
Cade in tal modo il fondamento della sentenza impugnata, che era proprio ancorata alla competenza giuridica e al conseguente apporto dell’avvocato, sotto tale veste, quale componente del collegio sindacale.
La sentenza va cassata sul punto e la causa rinviata alla Corte di appello per nuovo esame del gravame da condurre alla luce del principio di diritto ribadito in questo paragrafo.
6) Il sesto motivo resta assorbito, poiche’ attiene alla materia della congruita’ dei pagamenti gia’ effettuati, che “dipende” dall’esito della questione gia’ risolta.
La cognizione va rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Venezia anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili primi tre motivi di ricorso.
Rigetta il quarto Motivo. Accoglie il quinto. Dichiara assorbito il sesto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

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