Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 21 maggio 2015, n. 10483
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23525/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
Nonche’ da:
CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2933/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/03/2015 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DFEL PROCESSO
Con sentenza in data 28-11-2005 il Tribunale di Napoli rigettava l’impugnativa per nullita’ o annullamento proposta dai condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del Condominio dell’edificio in (OMISSIS), avverso la delibera del 14-2-2002, adottata, a loro dire, senza il prescritto quorum, con la quale l’assemblea aveva deciso l’apertura di un nuovo varco di accesso al fabbricato dalla via (OMISSIS), in asserito pregiudizio degli istanti e degli altri condomini della scala B e menomando il relativo androne di scala, nonche’ in violazione del decoro e della sicurezza dell’edificio, e a vantaggio dei soli condomini della scala A.
Con sentenza in data 22-7-2008 la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione dagli attori. La Corte territoriale, in particolare, riteneva infondato l’assunto degli appellanti, secondo cui le due scale, ai sensi dell’articolo 1123 c.c., dovevano essere considerate come proprieta’ separate, in quanto ciascuna di esse serviva funzionalmente un gruppo distinto di unita’ immobiliari. Il giudice del gravame osservava, al riguardo, che l’articolo 1123 c.c., non prevede una proprieta’ separata, bensi’ il riparto separato delle spese riguardanti cose destinate a servire i condomini in maniera diversa; e che nella specie si verteva in materia di innovazioni condominiali, regolate dall’articolo 1120 c.c.. Secondo la Corte napoletana, l’apertura del secondo varco costituiva un’innovazione facilitativa ed accrescitiva degli accessi al fabbricato e, conseguentemente, del valore di mercato delle relative unita’ immobiliari. Tale innovazione, ad avviso del giudice di appello, era da considerare pienamente legittima, non comportando alcun pregiudizio per la stabilita’, il decoro architettonico e la sicurezza dell’edificio, non pregiudicando i diritti dei condomini della scala B a vantaggio di quelli della scala A e non costituendo un’innovazione economicamente gravosa o voluttuaria.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.
Il Condominio di (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo.
Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117 e 1123 c.c.. Nel premettere che l’edificio e’ composto da un cortile comune a tutti i condomini, dal quale si accede, attraverso i relativi portoni, agli androni delle scale A e B, le cui chiavi sono in possesso dei soli condomini di ciascuna scala, deduce che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che l’androne della scala B, nel quale e’ stato realizzato il nuovo ingresso, era di proprieta’ comune ed affermato che l’articolo 1123 c.c., non prevede una proprieta’ separata, bensi’ il riparto separato delle spese riguardanti cose destinate a servire i condomini in maniera diversa. Deduce che la decisione impugnata si pone in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza, che ammette la possibilita’ di esistenza di un condominio parziale, allorche’ un bene, per obiettive caratteristiche strutturali, serva in modo esclusivo all’uso e al godimento di una sola parte dell’immobile, rimanendo in tal modo superata la presunzione legale di comunione prevista dall’articolo 1117 c.c.. Sostiene, conseguentemente, che nella specie, essendo la scala B, al pari del relativo androne, in comunione dei soli condomini degli appartamenti ubicati in detta scala, la delibera di apertura del nuovo varco di ingresso all’interno dell’androne di detta scala poteva essere adottata dai soli condomini della scala B, e non con il voto dei condomini della scala A.
L’illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame: Se nell’ambito di un edificio in condominio, l’esistenza di uno stato dei luoghi in virtu’ del quale una parte dell’edificio ha un ingresso autonomo ed e’ separato da altri corpi di fabbrica, configura un condominio c.d. parziale e se nell’ambito del condominio parziale le parti comuni in esso presenti sono di proprieta’ dei soli condomini proprietari di quella parte dell’edificio e se, in virtu’ di cio’, le decisioni inerenti tale parte dell’edificio debbono essere adottate dai soli condomini facenti parte del c.d. condominio parziale.
Il motivo e’ infondato.
Nel condominio di edifici, le scale, al pari degli anditi, sono annoverate tra i beni che l’articolo 1117 c.c. considera di proprieta’ comune dei proprietari dei diversi piani o di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo.
In proposito, la giurisprudenza ha affermato che le scale, con i relativi pianerottoli, costituiscono strutture funzionalmente essenziali del fabbricato e rientrano, pertanto, fra le parti di questo che, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni nella loro interezza, ed anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, a tutti i partecipanti alla collettivita’ condominiale in virtu’ del dettato dell’articolo 1117 c.c., n. 1, (Cass. 12-2-1998 n. 1498), senza che a cio’ sia di ostacolo il disposto dell’articolo 1123 c.c., u.c., il quale, proprio sul presupposto di tale comunione, disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento di esse, ispirandosi al criterio della utilita’ che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae (Cass. 22-.2-1996 n. 1357). In tale ottica, e’ stato precisato che le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualita’ di parti comuni, cosi’ come indicato nell’articolo 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiche’ anche tali condomini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio (Cass. 10-7-2007 n. 15444).
Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto non superata dagli attori la presunzione di comunione in parola, non avendo i predetti offerto la prova della proprieta’ o dell’uso esclusivo delle due scale del fabbricato condominiale in capo ai soli condomini degli appartamenti in esse rispettivamente ubicati.
Le censure mosse dalla ricorrente con il motivo in esame non valgono a scalfire le conclusioni cui e’ pervenuta la sentenza impugnata circa la mancanza di prova di una proprieta’ separata delle due scale.
E’ vero che la giurisprudenza di questa Corte ammette la configurabilita’ del c.d. condominio parziale “ex lege”, tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio, (parte) oggetto di un autonomo diritto di proprieta’, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarita’ necessaria di tutti i condomini su quel bene (Cass. 2-2-1995 n. 1255; Cass. 28-4-2004 n. 8136; Cass. 24-11-2010 n. 23851). Si e’ rilevato, al riguardo, che i presupposti per l’attribuzione della proprieta’ comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l’esistenza e per l’uso, ovvero sono destinati all’uso o al servizio, non di tutto l’edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall’articolo 1123, terzo comma, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto “condominio parziale” derivano implicazioni inerenti la gestione e l’imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarita’, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarita’ delle parti comuni che della delibera formano oggetto (Cass. 27-9-1994 n. 7885; Cass. 7-6-2000 n. 7730; Cass. 25-9-2006 n. 20783).
Pur dovendosi riconoscere, in via di principio, la configurabilita’ di un condominio parziale, si rileva che, nel caso in esame, la situazione di fatto rappresentata nel ricorso non e’ idonea ad avallare la sussistenza di una simile fattispecie. La semplice presenza in un edificio di piu’ scale e piu’ androni, infatti, non e’ di per se’ sola sufficiente – in mancanza di piu’ puntuali indicazioni circa le concreta conformazione e le caratteristiche strutturali del fabbricato oggetto di causa, che per quanto e’ dato evincere dalla lettura del ricorso costituisce un unico blocco – a far ritenere la piena autonomia e indipendenza strutturale e funzionale delle relative porzioni immobiliari rispetto alla rimanente parte dell’intera opera edilizia, ove solo si tenga conto che funzione della scala e’ anche quella di consentire l’accesso al tetto o al lastrico solare comuni all’intero edificio, e che l’androne non da accesso solo alla scala, ma anche ai muri perimetrali, anch’essi comuni all’intero stabile condominiale.
Mancano, pertanto, elementi idonei a far ritenere che la scala B e l’androne in cui la stessa e’ collocata, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, siano posti in modo esclusivo al servizio e al godimento di una parte soltanto dell’edificio in condominio, in guisa da poter essere considerati come di proprieta’ dei soli condomini di detta scala, con conseguenti esclusione del diritto di partecipare all’assemblea inerente ai relativi beni, servizi e impianti da parte dei condomini della scala A.
2) Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c.. Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere che, non configurandosi giuridicamente una proprieta’ dell’androne della scala B in capo ai soli condomini di tale scala, restava assorbito il secondo motivo di appello, inerente al difetto del quorum necessario per una legittima delibera, ha omesso di esaminare l’altra questione posta con il medesimo motivo di impugnazione, riguardante il difetto delle maggioranze di legge, per l’illegittima partecipazione all’assemblea del condominio (OMISSIS), non avente diritto al voto, in quanto proprietario di un immobile adibito a garage-officina realizzato in un interrato dello stabile, del tutto indipendente dall’accesso al palazzo, dalle scale e dagli androni.
Il motivo deve essere disatteso.
Giova rammentare che le delibere condominiali con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea o adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale devono essere qualificate come annullabili e non nulle e devono, pertanto, essere impugnate, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni previsto dall’articolo 1137 c.c. (v. Cass. 7-3-2005 n. 4806).
Nella specie, dalla lettura della sentenza gravata non risulta che con l’atto di impugnazione ex articolo 1137 c.c., gli attori abbiano specificamente fatto valere, quale motivo di invalidita’ della delibera assembleare del 14-2-2002, il vizio derivante dalla partecipazione al voto del condomino (OMISSIS). La stessa ricorrente, d’altro canto, si e’ limitata a lamentare l’omesso esame del motivo di appello proposto sul punto; ma, venendo meno al principio di autosufficienza del ricorso, non ha nemmeno dedotto di aver tempestivamente posto la questione in primo grado, ne’, tanto meno, ha riportato il tenore dell’atto di impugnazione, nella parte inerente all’eventuale denuncia del vizio di cui si discute.
La (OMISSIS), di conseguenza, non puo’ rimproverare alla Corte territoriale di non aver esaminato, nella parte de qua, il secondo motivo di appello, non essendo il giudice di secondo grado tenuto a pronunciare su un motivo di gravame che involga una questione non rilevabile d’ufficio, proposta per la prima volta con l’atto di appello (cfr. Cass. 17-8-2004 n. 16033; Cass. 20-3-2006 n. 6094; Cass. 7-5-2009 n. 10984; Cass. 31-3-2010 n. 7951).
3) Con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla questione prospettata con l’atto di appello, secondo cui l’adozione della delibera assembleare impugnata avrebbe provocato una lesione del godimento dell’androne da parte dei condomini della scala B ed un aggravamento della servitu’ di passaggio esistente, stante la possibilita’, per i condomini di un fabbricato adiacente, di utilizzare in modo indiscriminato il nuovo varco di accesso, per passare da via (OMISSIS) al loro fabbricato.
Il motivo e’ inammissibile, in quanto la sua formulazione non appare rispondente ai requisiti richiesti dall’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame.
E invero, in base alla menzionata disposizione di legge, nel caso previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Cio’ comporta, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603). Il requisito in parola deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato articolo 366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (cfe. Cass. 18-7-2007 n. 16002; Cass. 7-4-2008 n. 8897; Cass. 19-5-2011 n. 11019; Cass. 8-3-2013 n. 5858).
Nella specie, nel motivo in esame non e’ dato cogliere una sintetica e chiara esposizione riassuntiva del fatto controverso in relazione al quale sussisterebbero i dedotti vizi motivazionali, nonche’ delle ragioni della ritenuta inidoneita’ della motivazione a sorreggere la decisione adottata.
Il motivo, inoltre, difetta d autosufficienza.
Premesso, infatti, che la questione del possibile pregiudizio derivante ai condomini della scala B a causa del passaggio dei condomini di un fabbricato adiacente attraverso il nuovo varco non risulta specificamente trattata nella sentenza impugnata, si osserva che sarebbe stato onere della ricorrente trascrivere il contenuto dell’impugnativa di primo grado e dell’atto di appello, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare se, e in quali termini, la predetta questione fosse stata tempestivamente dedotta in sede di impugnazione della delibera assembleare e riproposta in appello, e di vagliare, conseguentemente, la fondatezza delle censure mosse con il motivo in esame.
4) Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1121 c.c.. Sostiene che, essendo l’edificio gia’ dotato di un comodo ingresso dalla (OMISSIS), l’apertura di un nuovo portone non puo’ considerarsi indispensabile per la vita del Condominio e rientra, pertanto, tra le opere voluttuarie, in relazione alle quali, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., comma 1, i condomini dissenzienti che non intendono trame vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo alla spesa.
Il motivo e’ privo di fondamento.
In materia di condominio degli edifici, le innovazioni per le quali e’ consentito al singolo condomino, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa per la quota che gli compete, sono quelle che, oltre a riguardare impianti suscettibili di utilizzazione separata, hanno natura voluttuaria, cioe’ siano prive di utilita’, ovvero risultano molto gravose, con riferimento oggettivo alle condizioni e alla importanza dell’edificio (Cass. 23-4-1981 n. 2408). La relativa valutazione integra un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimita’ se sorretto da motivazione congrua (Cass. 18-1-1984 n. 428).
Nella specie, la Corte di Appello, tenuto conto delle oggettive condizioni e dell’importanza dell’edificio, ha accertato, con motivazione adeguata e logica, che l’apertura di un nuovo accesso dalla via d’Isernia, strada piu’ larga e pianeggiante, costituisce un oggettivo miglioramento rispetto al precedente unico accesso da via (OMISSIS), strada di larghezza esigua ed in salita, facilitando anche le operazioni di carico e scarico di oggetti ingombranti e la sosta di vetture per il trasporto di persone e di cose.
Correttamente, di conseguenza, la sentenza impugnata ha escluso il carattere voluttuario dell’innovazione deliberata, non potendosi attribuire un simile connotato a un’opera che, benche’ non strettamente necessaria, si riveli comunque utile per il Condominio, comportando, come nel caso un esame, un oggettivo miglioramento della funzionalita’ del fabbricato.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente assorbimento del motivo di ricorso incidentale condizionato proposto dal Condominio.
Segue, per rigore di soccombenza, la condanna della ricorrente principale al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese, che liquida in euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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