Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 20 marzo 2017, n. 7081

Il contratto stipulato per effetto diretto della consumazione di un reato, come nella fattispecie di circonvenzione d’incapace ex art. 643 c.p., deve essere dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, giacche’ va ravvisata una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sulla annullabilita’ dei contratti

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 20 marzo 2017, n. 7081

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. BRESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6654/2014 proposto da:

(OMISSIS) – ((OMISSIS)), in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della (OMISSIS) s.r.l., con sede legale in (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, come da procura speciale notarile, depositata in cancelleria in data 12 dicembre 2016;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) – (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 311/2013 della Corte di appello di Cagliari,

sezione distaccata di SASSARI, depositata il 30/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

uditi gli avvocati delle parti, che si riportano agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il sostituto procuratore generale, Alessandro Pepe, che conclude per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 6.6.2005 (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per sentir, in via principale, dichiarare la nullita’ ed inefficacia, ex articolo 1418 c.c., comma 1, dell’atto di vendita notarile del 27.11.1990 in favore della (OMISSIS) s.r.l. (avente ad oggetto alcuni appezzamenti di terreno) e dell’atto notarile di donazione in favore di (OMISSIS) (avente ad oggetto un locale ristorante ed un terreno) di pari data posti in essere dalla de cuius (OMISSIS), perche’ in contrasto con la norma imperativa di cui all’articolo 643 c.p., essendo frutto di circonvenzione d’incapace, e, per l’effetto, dichiararsi che i beni oggetto dei predetti atti facevano parte dell’asse ereditario, con condanna dei convenuti al rilascio degli stessi, perche’ detenuti sine titulo, ed alla restituzione dei frutti; nonche’ chiedeva disporsi la divisione del compendio ereditario, assegnando ai singoli eredi la quota spettante per legge.

2. Si costituiva in giudizio il solo (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., deducendo l’esistenza della capacita’ di intendere e volere in capo alla madre e, comunque, la configurabilita’, a tutto concedere, di una ipotesi di annullabilita’, con conseguente prescrizione dell’azione.

3. Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 108/2008 del 4.4.2008, dichiarava la nullita’ degli atti di disposizione patrimoniale datati 27.11.1990, condannando la societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) alla restituzione, in favore degli eredi di (OMISSIS), dell’intero compendio immobiliare libero da cose e da persone, nonche’ alla corresponsione, in favore di (OMISSIS), dei frutti percepiti dalla data dell’atto dispositivo (27.11.1990) alla restituzione.

4. Avverso tale sentenza proponeva appello (OMISSIS), per quanto ancora interessa in questa sede, per i seguenti motivi, deducendo: a) la erroneita’ della sentenza per violazione dell’articolo 649 c.p., e la conseguente inesistenza della causa di nullita’; b) la erroneita’ della sentenza per insussistenza dell’affermata condotta penalmente rilevante. Si costituiva la parte appellata, chiedendo la reiezione dell’appello.

5. La Corte d’Appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari -, con sentenza del 30.7.2013, rigettava l’appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni: a) la causa di non punibilita’ del reato di circonvenzione di incapace non esclude l’antigiuridicita’ del fatto, ma costituisce una rinuncia all’irrogazione della pena da parte dell’ordinamento sulla base di una scelta di politica criminale, con la conseguenza che il contratto concluso con incapace circonvenuto non puo’ mantenere la propria validita’ per il solo fatto che il circonveniente sia uno dei familiari di cui all’articolo 643 c.p., e che era senz’altro da ravvisarsi un’ipotesi di nullita’ ex articolo 1418 c.c., anche se l’induzione alla conclusione del contratto dannoso era stata posta in essere da uno dei soggetti di cui all’articolo 649 c.p.; b) fermo restando che la prova dell’induzione poteva essere fornita anche mediante presunzioni, nel caso di specie la sentenza di primo grado aveva ricostruito l’incapacita’ d’intendere e volere dell’interessata sulla base dei certificati medici redatti tra il 1988 ed il 1991 (attestanti la sussistenza di una patologia di demenza senile in paziente psicotico), confermati dai medici in sede di escussione testimoniale, e delle testimonianze rese dai familiari e dai conoscenti privi di qualsivoglia interesse in causa (che avevano riferito della grave compromissione della capacita’ critica della (OMISSIS) antecedente di alcuni anni anche la redazione delle certificazioni mediche); c) a nulla rilevava che il notaio avesse rogato gli atti pubblici impugnati senza dare conto dello stato di incapacita’ della disponente, in quanto la valutazione clinica specifica non rientrava fra i compiti notarili.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di un unico motivo. (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria di costituzione con nuovo difensore in data 13 dicembre 2016, incarico conferito con atto notarile. Il ricorrente ha depositato osservazioni scritte in replica alle conclusioni del Procuratore Generale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va rilevato che l’oggetto del presente giudizio riguarda soltanto la nullita’ degli atti indicati sotto il profilo della violazione degli articoli 643 e 649 c.p., rispetto alle quali possono ritenersi non contraddittori necessari gli altri soggetti inizialmente parte del giudizio. In ogni caso, risulta dagli atti la notifica anche ad (OMISSIS) e (OMISSIS).

2. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 643 e 649 c.p., nonche’ articoli 24 e 111 Cost., (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per aver la corte d’appello sostanzialmente ritenuto integrato, seppur astrattamente, il reato di circonvenzione di incapace, nonostante a suo carico non fosse mai stato pendente alcun processo penale. Rileva il ricorrente che restava applicabile l’articolo 428 c.c., che prevede la sanzione dell’annullamento dell’atto compiuto dall’incapace conseguibile ad istanza del medesimo oppure dei suoi eredi o aventi causa. Rileva ancora che, ai fini della configurabilita’ del reato, la giurisprudenza dominante richiede che l’agente tenga un comportamento attivo idoneo ad influire sulla debole volonta’ del soggetto passivo, laddove l’accertamento dello stesso avrebbe necessariamente richiesto o presupposto una preliminare valutazione giuridica di carattere penale da svolgersi in sede penale, con le relative garanzie processuali.

1.1. – Il motivo e’ inammissibile e, comunque, manifestamente infondato. Va, infatti, rilevato che della questione non vi e’ cenno nella sentenza impugnata (vedi in particolare i motivi di appello) e che il ricorrente comunque ha del tutto omesso di indicare con quale atto ed in quale fase processuale tale questione e’ stata sollevata. Va osservato, al riguardo, che qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata (ovvero questioni implicanti un accertamento di fatto o non trattato nella sentenza impugnata), il ricorso deve (a pena di inammissibilita’) non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto (principio di autosufficienza del ricorso). I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili d’ufficio (Cass. 7981/07; Cass. 16632/2010). In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilita’, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (Cass. 9765/05; Cass. 12025/00). Nel giudizio di cassazione, infatti, e’ preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass. 13.9.2007, n. 19164; Cass. 9.7.2013, n. 17041).

1.2 – In ogni caso, occorre rilevare che l’ipotesi di annullamento disciplinata dall’articolo 428 c.c. e la fattispecie di reato prevista dall’articolo 643 c.p., hanno presupposti differenti, a tal punto che il giudicato formatosi sull’insussistenza dell’incapacita’ naturale richiesta per l’annullamento contrattuale ex articolo 428 c.c., e’ inopponibile nel giudizio volto a far dichiarare la nullita’ del medesimo contratto per circonvenzione di incapace, atteso che, mentre l’articolo 428 c.c., richiede l’accertamento di una condizione espressamente qualificata di incapacita’ di intendere e di volere, ai fini dell’articolo 643 c.p., e’, invece, sufficiente che l’autore dell’atto versi in una situazione soggettiva di fragilita’ psichica derivante dall’eta’, dall’insorgenza o dall’aggravamento di una patologia nEurologica o psichiatrica anche connessa a tali fattori o dovuta ad anomale dinamiche relazionali che consenta all’altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio (cosi’, di recente, Sez. 1, Sentenza n. 10329 del 19/05/2016).

1.3 – Parimenti, occorre rilevare che il contratto stipulato per effetto diretto della consumazione di un reato (nella specie, circonvenzione d’incapace, punito dall’articolo 643 c.p.) deve essere dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, giacche’ va ravvisata una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sulla annullabilita’ dei contratti (Sez. 2, Sentenza n. 2860 del 07/02/2008). Cio’ in quanto la fattispecie incriminatrice della circonvenzione d’incapace prevista all’articolo 643 c.p., (il cui scopo va ravvisato, piu’ che nella tutela dell’incapacita’ in se’ e per se’ considerata, nella tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attivita’ negoziale delle persone in stato di menomazione psichica) deve annoverarsi tra le norme imperative la cui violazione comporta, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., oltre alla sanzione penale, la nullita’ del contratto concluso in spregio della medesima (Sez. 2, Sentenza n. 1427 del 27/01/2004).

1.4 – E’ chiaro che, ai fini della declaratoria di nullita’ dell’atto dispositivo a contenuto patrimoniale, il giudice civile sia tenuto, ed al tempo stesso abilitato, ad accertare incidenter tantum l’effettiva sussistenza del reato, in tutti i suoi elementi costitutivi, incluso quello soggettivo (Sez. 3, Sentenza n. 13972 del 30/06/2005).

A conferma di tale impostazione, a seguito della introduzione del nuovo testo dell’articolo 295 c.p.c., per effetto della modifica introdotta con L. n. 353 del 1990, deve ritenersi non piu’ operativo il riferimento all’articolo 3 c.p.p. abrogato, con la conseguenza che, al principio della unita’ della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale, si e’ sostituito quello della autonomia e separazione tra i giudizi.

D’altra parte, qualora il processo penale per il reato di circonvenzione di incapace, comportante il conseguimento di un ingiusto profitto tramite la stipulazione di atti di compravendita, si concluda con l’assoluzione del prevenuto per la ricorrenza della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 649 c.p. (rapporti di parentela), l’azione per il risarcimento del danno derivante da detto illecito, che la parte offesa, dopo aver proposto in sede penale, riproponga in sede civile, non trova ostacolo nella suddetta sentenza penale (Sez. 3, Sentenza n. 532 del 27/01/1986).

Peraltro, come gia’ accennato, lo “stato d’infermita’ o deficienza psichica”, di cui all’articolo 643 c.p., non costituisce un maius rispetto allo stato d’incapacita’ di intendere o di volere di cui all’articolo 428 c.c., ma semmai un minus (Sez. 2, Sentenza n. 2327 del 10/03/1994). Le sentenze menzionate dal ricorrente a pagina 18 del ricorso, a ben vedere, non suffragano la sua tesi difensiva, in quanto si limitano ad affermare che la violazione della norma imperativa di cui all’articolo 643 c.p.c., comporta, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., oltre alla sanzione penale, la nullita’ del contratto concluso in spregio della medesima.

1.5 – Nel caso in questione il giudice dell’appello, cosi’ come il primo giudice, seppure in forma sintetica, ha proceduto alla valutazione della sussistenza di tutti gli elementi di reato, valutandone incidentalmente appunto l’astratta configurabilita’.

2. In definitiva, il ricorso non e’ meritevole di accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.500,00 (tremilacinquecento), oltre Euro 200,00 (duecento) per spese, oltre accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *