SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
sentenza 28 ottobre 2015, n. 22008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Presidente –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. RAGONESI Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
B.C., domiciliata in Roma, via Salaria 400, presso l’avv. De Luca Massimiliano, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Scarfi Stefano, come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.M.I., domiciliata in Roma, via Simon Boccanegra 8, presso l’avv. GIULIANI Fabio, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Vassallo Luviano, come da mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 943 della Corte d’appello di Genova, depositata il 29 luglio 2010;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. NAPPI Aniello;
uditi i difensori avv. GALIONE Angela, delegata per la ricorrente, e avv. GIULIANI Fabio, per la resistente Udite le conclusioni del P.M., Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Genova ribadì il rigetto dell’eccezione di nullità della clausola compromissoria stipulata dai soci della BIT 84 di Rinaldi & c. s.n.c. e la conseguente dichiarazione di incompetenza del tribunale.
Ritennero i giudici del merito che sia valida la clausola compromissoria controversa, benchè non affidi a terzi la nomina degli arbitri, in quanto il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, non esclude l’applicabilità anche in ambito societario della disciplina ordinaria del compromesso arbitrale.
Ha proposto ricorso per cassazione B.C. sulla base di un unico motivo d’impugnazione, cui resiste con controricorso R. M.I.
1. La ricorrente B.C. deduce con l’unico motivo del suo ricorso violazione del D.Lgs. n. 3 del 2003, art. 34, riproponendo l’eccezione di nullità della controversa clausola compromissoria, che non affida interamente a estranei la nomina degli arbitri cui sono devolute le controversie sociali.
Ne consegue che l’eccezione della controricorrente va disattesa, perché “ove l'”overruling” si connoti del carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante “ex post” non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che – in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall1″overruling” nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo” (Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144, m. 617905).
3. Il ricorso è peraltro fondato.
La giurisprudenza di questa corte è ormai univocamente orientata nel senso che “la norma del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 34, contempla l’unica ipotesi di clausola compromissoria che possa essere introdotta negli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’art. 2325 bis c.c., restando escluso il ricorso in via alternativa od aggiuntiva alla clausola compromissoria di diritto comune prevista dall’art. 808 c.p.c.” (Cass., sez. 3^, 20 luglio 2011, n. 15892, m. 619415, Cass., sez. 6^, 10 ottobre 2012, n. 17287, m. 623736, Cass., sez. 3^, 20 luglio 2011, n. 15892, m. 619416).
Sicchè “la clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, la quale, non adeguandosi alla prescrizione del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 34, non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla società, è nulla anche ove si tratti di arbitrato irrituale” (Cass., sez. 1^, 17 febbraio 2014, n. 3665, m. 630038); “con la conseguenza che la clausola non produce effetti e la controversia può essere introdotta solo davanti ” al giudice ordinario” (Cass., sez. 1^, 17 febbraio 2014, n. 3665, m. 630039, Cass., sez. 3^, 20 luglio 2011, n. 15892, m. 619415). E contrariamente a quanto sostiene la controricorrente, questo principio è applicabile anche agli arbitrati irrituali (Cass., sez. 1^, 28 luglio 2015, n. 15841, m. 636117, Cass., sez. 1^, 17 febbraio 2014, n. 3665, m. 630038).
In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2015.
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