cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 27 novembre 2015, n. 24235

 

 

Svolgimento del processo

1.- Con la sentenza, qui impugnata, pubblicata il 20 febbraio 2014 la Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto ha pronunciato sull’appello proposto da Equitalia Sud s.p.a-, nei confronti di D.D. , avverso la sentenza del Tribunale di Taranto – sezione distaccata di Manduria n. 116/2011.
Il Tribunale aveva accolto l’opposizione proposta dal D. avverso l’esecuzione intrapresa dall’Agente della Riscossione con pignoramento di beni mobili del 15 novembre 2010, in virtù di sei cartelle esattoriali, per l’importo complessivo di Euro 6.992,23, ed aveva dichiarato l’inefficacia del pignoramento e la nullità delle cartelle esattoriali.
2.- La Corte d’Appello ha rigettato il gravame, qualificando l’opposizione come opposizione all’esecuzione e ritenendo corretta la sentenza impugnata quanto all’accertamento che le cartelle di pagamento non fossero state notificate nelle forme di legge. La conseguenza sarebbe, secondo la Corte territoriale, il difetto di una “condizione essenziale del pignoramento”, sia “ai fini probatori (art. 2697 c.c.) sia ai fini della configurabilità dei presupposti per legittimamente procedere ad esecuzione forzata (art. 50 DPR 602/1973)”.
In conseguenza del rigetto dell’appello, le spese del grado sono state poste a carico dell’appellante.
3.- La sentenza è impugnata con tre motivi di ricorso da Equitalia Sud s.p.a., quale cessionaria del ramo di azienda di Equitalia Pragma s.p.a. (già Pragma Riscossione s.p.a., già SOGET-Riscossione s.p.a.), relativo all’esercizio dell’attività di riscossione dei tributi della provincia di Taranto.
D.D. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Col primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., sostenendosi che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto che la sentenza di primo grado non fosse affetta da nullità per vizio di ultrapetizione.
La ricorrente ripropone col ricorso le censure già svolte dinanzi al giudice d’appello circa il fatto che la parte esecutata, in primo grado, avesse limitato la propria richiesta alla sospensione del processo esecutivo, mentre la causa sarebbe stata decisa nel merito, travalicando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 1.1.- Seguendo la stessa prospettazione della ricorrente, il vizio in cui sarebbe incorso il primo giudice, e di conseguenza anche il secondo, non sarebbe quello di ultrapetizione, bensì quello di violazione delle norme processuali – specificamente gli artt. 616 e 618 cod. proc. civ. – che impongono che il giudizio di merito sulle opposizioni esecutive si svolga dinanzi ad un giudice diverso dal giudice dell’esecuzione (cfr. Cass. n. 22033/11, nonché di recente Cass. n. 9246/15, in motivazione, oltre numerose altre conformi ivi richiamate).
Così come proposto, il motivo è inammissibile.
2.- Col secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2718 cod. civ., degli artt. 24, 25, 26 quinto comma, 49 e 57 secondo comma, del D.P.R. n. 602/73, dell’art. 5, comma quinto, del d.l. n. 669/96, degli artt. 1 e 6 del D.M. n. 321/99, dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/92, dell’art. 24 del d.lgs. n. 46/99 e dell’art. 617 cod. proc. civ..
La ricorrente denuncia i seguenti vizi della sentenza:
– a) diniego di valenza probatoria agli estratti di ruolo versati in atti dalla procedente in qualità di Agente della Riscossione;
– b) errata valutazione in merito alla notificazione delle cartelle di pagamento, in quanto oggetto della notificazione sarebbero state queste ultime e non gli estratti di ruolo (come affermato dalla Corte di merito), come dimostrato dalla produzione in giudizio degli avvisi di ricevimento e dal raffronto tra gli avvisi e le risultanze degli estratti di ruolo;
– c) errata valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni per procedere esecutivamente, essendo stati compiuti dall’Agente della Riscossione tutti gli atti prodromici al pignoramento;
– d) violazione dell’art. 617 cod. proc. civ. (oltre che degli artt. 21 del d.lgv. n. 546/92 e 24 del d.lgv. n. 46/99) per non avere la Corte di merito dichiarato l’inammissibilità delle censure mosse dal ricorrente, in quanto tardive, poiché relative alla regolarità formale delle notificazioni delle cartelle di pagamento.
L’inammissibilità conseguirebbe alla verifica della notificazione delle cartelle di pagamento (per le quali, le relazioni di notificazione sono interamente riprodotte in ricorso), dalla cui data, per ciascuna, sarebbero decorsi i termini per la proposizione dell’impugnazione (da qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi, quanto alla cognizione riservata al giudice ordinario; da proporsi comunque nel termine di sessanta giorni, quanto alla cognizione riservata al giudice tributario); l’inammissibilità per tardività avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio e comunque era stata eccepita dall’odierna ricorrente già nel primo grado di giudizio.
2.1.- Le censure esposte sotto le lettere a), b) e c) sono fondate alla stregua dei seguenti principi di diritto, affermati da questa Corte di Cassazione, in situazioni processuali analoghe alla presente:
– l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria (così Cass. n. 11141/15 e n. 11142/15, che hanno affermato il principio ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito). Precisamente, il ruolo è il titolo esecutivo in forza del quale l’Agente della Riscossione esercita il diritto di procedere esecutivamente (arg. ex art. 49 del D.P.R. n. 602/73) ed il ruolo, in quanto posto a base della riscossione coattiva, fornisce il riscontro dei dati indicati nella cartella esattoriale; questa, infatti, in conformità al relativo modello ministeriale, contiene l’indicazione del credito così come risultante dal ruolo (arg. ex art. 25, comma secondo, del D.P.R. n. 602/73);
– in materia di riscossione coattiva di crediti tributari, l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 57, primo comma, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dipende dall’atto impugnato e non dal vizio dedotto, sicché, mentre il contribuente non può impugnare dinanzi al giudice ordinario la cartella di pagamento o l’avviso di mora, la cui cognizione è riservata al giudice tributario, può proporre opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso il pignoramento, oltre che per vizi suoi propri, anche per far valere la nullità derivata, conseguente all’omessa notificazione degli atti presupposti e, cioè, della cartella di pagamento o dell’intimazione ad adempiere. Atteso che in materia di riscossione coattiva di crediti tributari, la correttezza del relativo procedimento è assicurata mediante il rispetto della sequenza procedimentale della notificazione della cartella di pagamento e – se l’espropriazione non è iniziata entro un anno – della notificazione dell’avviso contenente l’intimazione ad adempiere previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50, comma 2, cui segue l’atto di pignoramento, l’omissione della notifica dell’uno e/o dell’altro degli atti presupposti costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto di pignoramento col quale inizia l’espropriazione forzata (così Cass. n. 9246/15). Con la precisazione, peraltro, che il giudice ordinario adito con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. avverso l’atto di pignoramento, al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale, dovrà verificare se la notificazione sia stata totalmente omessa ovvero sia giuridicamente inesistente e solo in tale eventualità potrà pronunciare la nullità del pignoramento, laddove nel caso in cui la notificazione della cartella di pagamento sia nulla, ma non inesistente, dovrà procedere a verificare se si sia avuta sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, secondo i principi già affermati da questa Corte per la nullità della notificazione del titolo esecutivo e/o dell’atto di precetto (cfr. Cass. n. 5906/06, nel senso che “La disciplina dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere coordinata con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli, sicché con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. non possono farsi valere vizi – quale la nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto – che devono considerarsi sanati per raggiungimento dello scopo ex art. 156, ult. co., cod proc. civ., in virtù della proposizione dell’opposizione da parte del debitore, quella al precetto in particolare costituendo la prova evidente del conseguimento della finalità di invitare il medesimo ad adempiere, rendendolo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno. Né in contrario vale invocare il disposto dell’art. 617, secondo comma, cod. proc. civ., attinente alla diversa ipotesi in cui il vizio della notificazione per la sua gravità si traduce nell’inesistenza della medesima, così come la circostanza che per effetto della nullità della notificazione possa al debitore attribuirvi un termine per adempiere inferiore a quello minimo di dieci giorni previsto dall’art. 480 cod. proc. civ.”, nonché Cass. n. ord. 23894/12 e n. 13038/13; Cass. n. 19498/13). Ed invero la notificazione della cartella di pagamento assolve, nel sistema delineato dal D.P.R. n. 602/73, alla funzione riservata dall’art. 479 cod. proc. civ. alla notificazione del titolo esecutivo (che, nell’esecuzione esattoriale, è, come detto, il ruolo formato dall’ente impositore e trasmesso all’Agente della Riscossione) e contemporaneamente alla funzione riservata dall’art. 480 cod. proc. civ. alla notificazione del precetto (atteso che, ai sensi del già citato art. 25, comma secondo, D.P.R. n. 602/73, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo);
– in tema di esecuzione esattoriale, qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti esclusivamente di averne ricevuto la notificazione e l’agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, né sussiste un onere, in capo all’agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa (Cass. n. 10326 del 2014). La cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, ed il titolo esecutivo è costituito dal ruolo (così Cass. n. 12888/15);
– in tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma primo, seconda parte, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 e. e, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (così Cass. n. 9246/15).
2.2.- Pertanto, è errato in diritto, perché in contrasto con i principi anzidetti, il presupposto al quale la Corte d’Appello ha fatto conseguire la conferma dell’annullamento delle cartelle esattoriali e della dichiarazione di inefficacia del pignoramento (mancanza di prova della regolare notificazione delle cartelle di pagamento, nonché mancanza del diritto di procedere ad esecuzione forzata per mancata od invalida notificazione di queste ultime), qualificando l’opposizione come opposizione all’esecuzione.
Il secondo motivo di ricorso va perciò accolto nei limiti delle censure sopra specificate.
Conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata.
Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, concernente la sanatoria per raggiungimento dello scopo del vizio di notificazione della cartella esattoriale.
La causa va rinviata perché nel giudizio di rinvio si verifichi, alla stregua dei principi di cui sopra, se siano state ricevute ed in quali date le notificazioni delle cartelle esattoriali, così come comprovate mediante la produzione degli avvisi di ricevimento (riscontrati dalle risultanze degli estratti di ruolo), e quindi se fosse tempestiva l’opposizione proposta avverso le stesse cartelle di pagamento, nonché avverso l’atto di pignoramento per vizio derivato dall’omessa notificazione delle cartelle di pagamento (l’una e l’altra qualificabili come opposizioni agli atti esecutivi, quanto alla cognizione riservata al giudice ordinario).
Il giudizio di rinvio s’impone – impedendo perciò la decisione di merito di questa Corte, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, ult. inciso, cod. proc. civ. – anche al fine di verificare la fondatezza del gravame avverso la decisione del primo giudice sul motivo di opposizione concernente l’impignorabilità dei beni. Su questo motivo la Corte d’Appello non si è pronunciata, ritenendolo implicitamente assorbito, sicché è riesaminabile nel giudizio di rinvio (cfr., tra le altre, Cass. n. 1566/11).
In conclusione, rigettato il primo motivo, va accolto il secondo e dichiarato assorbito il terzo. La sentenza impugnata va cassata.
La causa va rinviata ad altro giudice d’appello, che si individua, ai sensi dell’art. 383, comma primo, cod. proc. civ., nella Corte d’Appello di Lecce (piuttosto che nella sua sezione distaccata di Taranto), anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigettato il primo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

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