La S.r.l.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 2 novembre 2015, n. 22349

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30653-2011 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 478/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 17/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’ o in subordine il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. In data 11.12.2006, veniva notificato alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. il decreto ingiuntivo n. 1570/2006, con il quale si ingiungeva alla medesima di pagare la somma di euro 768.346,00, oltre interessi e spese legali, in favore di (OMISSIS), a titolo di liquidazione della sua quota di partecipazione a detta societa’, in conseguenza del recesso operato dal medesimo con lettera del 30.8.2005, pervenuta all’ente in data 1.9.2005.

1.1. Avverso l’ingiunzione proponeva opposizione la societa’, che veniva accolta dal Tribunale di Pordenone con sentenza n. 469/2009, depositata il 31.3.2009.

2. Avverso tale pronuncia proponeva appello il (OMISSIS) dinanzi alla Corte di Appello di Trieste che, con sentenza n. 478/2011, depositata il 17.8.2011, rigettava il gravame.

2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, pienamente legittime, ai sensi degli articoli 2481, 2481 bis e 2468 c.c., la Deib. consiglio amministrazione 4 agosto 2005, nonche’ la precedente Delib. autorizzativa dell’assemblea in data 29 luglio 2005, con la quale si stabiliva che l’aumento di capitale della predetta societa’, contestualmente deliberato, potesse essere sottoscritto dai soci con conferimenti in denaro o in natura. Sicche’ il recesso, motivato dall’appellante con riferimento a detta Delib., si sarebbe rivelato del tutto privo di fondamento.

3. Per la cassazione della sentenza n. 478/2011 ha, quindi, proposto ricorso (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex articolo 378 c.p.c.. La resistente ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2468 c.c., comma 4 e articoli 2473, 2481 e 2481 bis c.c., nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto illegittimo il suo recesso dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. – effettuato dal ricorrente con missiva del 30.8.2005, ricevuta dalla societa’ l’1.9.2005 – sebbene la Delib. consiglio amministrazione di detta societa’, in data 4 agosto 2005, avesse del tutto genericamente stabilito che la sottoscrizione dell’aumento di capitale – deliberata dall’assemblea del 29.7.2005, adottata in assenza del ricorrente, e con la quale era stato conferito mandato al consiglio di amministrazione di procedere a detto aumento – potesse essere effettuato mediante conferimenti “in natura e/o in denaro”. Siffatta Delib. dell’organo di gestione sarebbe venuta ad incidere sui diritti riconosciuti ai soci, ai sensi dell’articolo 2468 c.c., comma 4, ed avrebbe, pertanto, legittimato il recesso del (OMISSIS) a norma dell’articolo 2473 c.c., comma 1.

1.2. Sotto un diverso profilo, il diritto di recesso sarebbe legittimato, a parere dell’istante, dal disposto dell’articolo 2481 bis c.c. – che, non a caso, richiama espressamente l’articolo 2473 c.c. – avendo la predetta Delib. del consiglio di amministrazione, sia pure su delega dell’assemblea (Delib. 29 luglio 2005), previsto, altresi’, la sottoscrizione dell’aumento di capitale, ad libitum dei soci e con valutazione pienamente discrezionale dell’organo amministrativo circa l’idoneita’ del conferimento operato, che la sottoscrizione dell’aumento di capitale potesse venire effettuata anche mediante conferimenti in natura. Tale previsione sarebbe, invero, sostanzialmente assimilabile – poiche’ anch’essa idonea ad incidere negativamente sul diritto a sottoscrivere l’aumento di capitale – a quella, espressamente prevista dall’articolo 2481 bis c.c., comma 1, dell'”offerta di quote di nuova emissione a terzi”. Ne deriverebbe, per effetto delle illegittime Delib. suindicate, un consistente vulnus del diritto del socio alla sottoscrizione dell’aumento di capitale, tale da legittimare il recesso del medesimo dalla societa’.

1.3. Il motivo e’ infondato.

1.3.1. Deve anzitutto escludersi che il recesso del (OMISSIS) possa considerarsi legittimo – come assume il ricorrente – in forza dell’ipotesi legale di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, risultante dal combinato disposto dell’articolo 2468 c.c., comma 4 e articolo 2473 c.c., comma 1.

1.3.1.1. La previsione contenuta in tale ultima norma e’, infatti, testualmente riferibile all’ipotesi in cui venga operata dalla societa’ “una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468, comma 4”, modificazione per la quale la disposizione richiamata richiede “il consenso di tutti i soci”. E tuttavia, come si desume dall’articolo 2468 c.c., comma 3 cui rinvia il citato comma 4 della stessa norma, i diritti in parola sono quei “particolari diritti riguardanti l’amministrazione della societa’ o la distribuzione degli utili”, che l’atto costitutivo attribuisce “a singoli soci”.

Il combinato disposto normativo succitato si riferisce, dunque, al solo caso in cui vengano attribuiti a singoli soci, dall’atto costitutivo, particolari diritti in materia di amministrazione della societa’ o di distribuzione di utili, ovverosia diritti diversi, quantitativamente o qualitativamente, da quelli normalmente spettanti a ciascun socio sulla base della partecipazione detenuta (es. diritto alla nomina di uno o piu’ amministratori, o di porre il veto al compimento di talune operazioni, o all’attribuzione di una determinata aliquota degli utili netti, ecc.).

1.3.1.2. Nel casco concreto, il (OMISSIS) denuncia, per contro, una pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, spettante a tutti i soci, in proporzione delle partecipazioni da essi possedute, come si evince dal chiaro disposto dell’articolo 2481 bis c.c., comma 1. Sicche’ e’ del tutto evidente che la fattispecie di recesso, invocata dal ricorrente, non puo’ trovare applicazione nel caso concreto.

1.4. Ma neppure giova al (OMISSIS) dedurre – ai fini di legittimare lo scioglimento del rapporto sociale nei suoi confronti, con il conseguente obbligo per la societa’ di procedere alla liquidazione della sua partecipazione, ai sensi dell’articolo 2473 c.c., commi 3 e 4 – la violazione, da parte della Delib. consiglio amministrazione 4 agosto 2005, del disposto di cui agli articoli 2464, 2481 e 2481 bis c.c., per avere detta Delib. stabilito, sia pure in esecuzione del precedente deliberato assembleare del 29.7.2005, modalita’ di esecuzione dei conferimenti diversi da quelle previste dalle norme succitate.

1.4.1. A tal riguardo, deve anzitutto escludersi che ricorra, nel caso concreto, l’ulteriore, invocata, fattispecie legale di recesso prevista dall’articolo 2481 bis c.c., comma 1, a tenore del quale – nell’ipotesi in cui “l’atto costitutivo” preveda che l’aumento di capitale possa essere “attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi” (fatta eccezione per l’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale) – “spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso”. Detta norma vieta agli amministratori – in sede di Delib. di aumento del capitale sociale ai sensi dell’articolo 2480 c.c. – di limitare o escludere, di loro iniziativa, il diritto di opzione dei soci sulle quote di nuova emissione, essendo la limitazione o esclusione del diritto in parola consentita solo se prevista nell’atto costitutivo. E tuttavia, in tale ultima ipotesi, qualora la Delib. del consiglio di amministrazione, legittimata dall’atto costitutivo, venga ad attuare tale limitazione o esclusione del diritto di opzione, il socio dissenziente dall’aumento puo’ recedere dalla societa’, a norma dell’articolo 2473 c.c..

1.4.2. Senonche’, nel caso di specie, l’impugnata sentenza ha accertato, alla stregua delle risultanze documentali in atti, che la Delib. consiglio amministrazione 4 agosto 2005 si e’ limitata, recependo quanto stabilito dall’assemblea nella seduta de 29.7.2005, a disporre l’aumento del capitale sociale da euro 103.480,00 ad euro 1.100.000,00, da offrire in sottoscrizione ai soci “in proporzione delle partecipazioni da essi possedute”, ai sensi dell’articolo 2481 bis, comma 1, prima parte, ed ha escluso che tale Delib. abbia stabilito – a norma del comma 1, seconda parte – che detto aumento di capitale si sarebbe dovuto effettuare mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi.

1.4.3. Ebbene, il (OMISSIS) non ha in alcun modo allegato – neppure con riferimento alla censura concernente il denunciato vizio motivazionale – che siffatta statuizione della Corte territoriale sia stata adottata sulla base di una incongrua valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti. Il ricorrente si e’, infatti, limitato a dedurre (p. 10) che la imitazione o esclusione del proprio diritto di opzione sarebbe sostanzialmente in re ipsa, attesa l'”indeterminatezza delle Delib. con riferimento al tipo di conferimenti”, e considerata la stabilita “l’imposizione della immediata integrale sottoscrizione” dell’aumento di capitale deliberato.

Senonche’, e’ anzitutto evidente che la censura non investe il capo di decisione nel quale il giudice di appello ha, in maniera esplicita, escluso che l’aumento di capitale fosse stato deliberato dal consiglio di amministrazione mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi, unica ipotesi nella quale l’articolo 2481 bis c.c., comma 1, consente al socio dissenziente il diritto di recesso. E’, dipoi, del pari evidente che il (OMISSIS) confonde la fattispecie legale di recesso prevista dalla norma succitata, con il preteso vulnus che le modalita’ di sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberate dal consiglio di amministrazione (in natura, o mediante integrale sottoscrizione delle quote in denaro) arrecherebbero al proprio diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale, e che sarebbe sostanzialmente assimilabile – a suo dire – all’ipotesi codificata dell’offerta delle nuove quote a terzi. Siffatta assimilazione non trova, tuttavia, giustificazione alcuna sul piano normativo, trattandosi di due fattispecie distinte e non sovrapponibili, sicche’ la sua allegazione non e’, di certo, idonea a legittimare il recesso dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. operato, nella specie, dal (OMISSIS).

1.5. Sotto tale ultimo profilo – concernente le modalita’ di sottoscrizione dell’aumento di capitale, stabilite dall’assemblea del 29.7.2005 e dalla Delib. consiglio amministrazione 4 agosto 2005 – non coglie nel segno, infine, neppure l’ulteriore assunto del ricorrente, secondo il quale la legittimita’ del proprio recesso dalla predetta societa’ si fonderebbe, in ogni caso, sull’illegittimita’ delle delibere suindicate, poiche’ adottate in violazione degli articoli 2464 e 2481 bis c.c.. Tali delibere, avrebbero, difatti, stabilito – in deroga al disposto dell’articolo 2464, commi 3 e 4 dell’articolo 2481 bis c.c., comma 4, e senza che il (OMISSIS) fosse presente nell’assemblea del 29.7.2005 – la liberazione integrale (e non in misura del 25%, come previsto dall’articolo 2481 bis c.c., comma 4) della parte di capitale sottoscritta in denaro, con facolta’, ad libitum del socio e con valutazione pienamente discrezionale dell’organo amministrativo circa l’idoneita’ del conferimento operato, di sottoscrivere l’aumento di capitale anche mediante conferimenti in natura, rendendo, in tal modo, di fatto piu’ gravoso il diritto di sottoscrizione del soci, il quale non potrebbe, pertanto, non essere legittimato al recesso.

1.5.1. Anche nella prospettiva in esame, la censura si palesa del tutto infondata. Non e’ di certo possibile, infatti, accertare incidenter tantum, in sede di valutazione della legittimita’ del recesso del (OMISSIS) dalla predetta societa’, la validita’ e la correttezza delle Delib. con le quali l’assemblea ed il consiglio di amministrazione – peraltro, come si evince dell’impugnata sentenza (p. 9), a tanto legittimati dall’articolo 5 dello statuto sociale – hanno stabilito che l’aumento di capitale avrebbe potuto essere liberato anche mediante conferimento di beni in natura, in deroga al disposto degli articoli 2464 e 2481 bis c.c..

1.5.2. In materia di disciplina dell’invalidita’ delle deliberazioni dell’assemblea delle societa’ di capitali, vige, invero, la regola generale – espressa dagli articoli 2377, 2378 e 2379 c.c. e articolo 2388 c.c., comma 4, – secondo cui le delibere dell’assemblea contrarie alla legge o all’atto costitutivo, o adottate nonostante la mancata convocazione dell’assemblea, o la mancanza del verbale o l’impossibilita’ o illiceita’ dell’oggetto, e le delibere del consiglio di amministrazione lesive dei diritti dei soci, sono impugnabili, ai fini di ottenerne – a seconda dei casi – l’annullamento ex articolo 2377 c.c., o la declaratoria di nullita’ ex articolo 2379 c.c., entro il termine previsto dalle norme succitate. Qualora il socio dissenziente non abbia proposto impugnazione, ai sensi di dette disposizioni, la Delib. resta, quindi, esecutiva e vincolante per la societa’, per ciascuno dei soci e nei confronti dei terzi (cfr. Cass. 23174/2006). Nella sola ipotesi – certamente non ricorrente nella specie – di deliberazioni “che modificano l’oggetto sociale prevedendo attivita’ illecite o impossibili”, l’articolo 2479, comma 1, seconda parte, consente, invero, l’impugnazione della Delib. senza limiti di tempo ed il rilievo d’ufficio della nullita’ da parte del giudice (ai sensi del comma 2 della stessa norma), del pari senza limiti di tempo. Ne discende che – avendo il (OMISSIS), come dal medesimo dichiarato in ricorso (p. 3), abbandonato il giudizio di impugnazione della Delib. 29 luglio 2005 e Delib. 4 agosto 2005, lasciandolo estinguere – dette delibere devono ritenersi ormai definitivamente valide ed efficaci nei confronti dell’odierno ricorrente.

1.6. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, la censura va rigettata.

2. Con il secondo motivo di ricorso, (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1322, 1362, 1366 e 1372 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Avrebbe errato la Corte di Appello nel ritenere che, una volta stabilito che il recesso legale dell’odierno ricorrente fosse illegittimo, andasse escluso anche il recesso convenzionale, per il solo fatto che l’atto costitutivo della (OMISSIS) s.r.l. non prevede tale ipotesi. In realta’, a parere dell’istante, il recesso convenzionale si sarebbe perfezionato per effetto dell’accettazione della dichiarazione unilaterale del socio (missiva del 30.8.2005) da parte della societa’, in conseguenza della quale sarebbe venuta in essere tra (e parti una fattispecie negoziale, in forza della quale lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio sarebbe stato concordato tra le parti.

2.2. Gli elementi, dai quali tale pattuizione risulterebbe, sarebbero sostanzialmente due: 1) la comparsa di risposta della (OMISSIS) s.r.l., nel giudizio di impugnazione della Delib. 29 luglio 2005 e Delib. 4 agosto 2005, nella quale la societa’ faceva un espresso e specifico riferimento al “recesso” del (OMISSIS), “pacificamente avvenuto in data 1.9.2005”, ed al fatto che, al momento della proposizione dell’azione “l’attore non rivestiva oramai la qualifica di socio della convenuta”; 2) il verbale di udienza della medesima causa, in data 13.9.2005, nel quale il giudice, nel formulare una proposta conciliativa, considerava un punto fermo della controversia “l’intervenuto recesso del socio (OMISSIS) (…..) “, traendone la conclusione che “il thema decidendum per i soli fini conciliativi” fosse limitato alla liquidazione della quota sociale. Tali emergenze processuali non sarebbero state, tuttavia, adeguatamente prese in considerazione e valorizzate dalla Corte territoriale, sicche’ l’impugnata sentenza sarebbe affetta anche dal denunciato vizio motivazionale.

2.3. Il mezzo e’ infondato.

2.3.1. Premesso che non risulta controverso tra le parti – e risulta dall’impugnata sentenza – che l’atto costitutivo della (OMISSIS) s.r.l. non prevede ipotesi di recesso convenzionale diverse da quelle legali – non puo’ revocarsi in dubbio che l’unica ipotesi di recesso di tipo convenzionale puo’ ricorrere nel caso in cui l’organo deliberativo o gestorio dell’ente accetti il recesso, dopo averne verificato la validita’ e l’efficacia. La stessa decisione di questa Corte citata dal ricorrente afferma, invero, che la deliberazione di accettazione delle dichiarazioni di recesso presentate da uno o piu’ soci, poiche’ con essa si attua il controllo della sussistenza dei presupposti del recesso, si inserisce in una fattispecie complessa di natura negoziale, derivandone che il ritiro unilaterale della deliberazione comporterebbe la violazione del vincolo contrattuale (Cass. 3114/1996, riferita al regime precedente la novella di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003). La possibilita’ di revoca unilaterale della deliberazione di accettazione delle dichiarazioni di recesso e’ ora codificata dall’articolo 2473 c.c., u.c., da cui si desume, peraltro, una conferma testuale del fatto che il recesso puo’ avvenire in forma convenzionale solo mediante Delib. societaria.

2.3.2. Ne discende che, nel caso di specie, in assenza di una Delib. societaria di accettazione del recesso del (OMISSIS) dalla (OMISSIS) s.r.l., nessun rilievo possono rivestire le dichiarazioni contenute nell’atto di costituzione della societa’ in altro giudizio e le risultanze del processo verbale di conciliazione del medesimo processo.

2.3.2.1. Le prime – trascritte sia nel ricorso che nell’impugnata sentenza – sono state formulate, invero, all’evidente fine di eccepire il difetto di legittimazione attiva del (OMISSIS) alla stregua della prospettazione da lui stessa operata di essere socio della predetta societa’, dalla quale il medesimo aveva invece dichiarato, prima della notifica dell’atto introduttivo di quel giudizio, di voler recedere. Talche’ nessuna valenza negoziale puo’ attribuirsi a siffatte affermazioni, ispirate, invero, da un’evidente finalita’ difensiva, dalla quale esula qualsiasi intenzione di accettare il recesso del (OMISSIS), dopo averne verificato i presupposti; manifestazione di volonta’, questa, che – come dianzi detto – puo’ essere contenuta unicamente in una Delib. societaria avente tale oggetto.

2.3.2.2. Ma tanto mento siffatta valenza convenzionale e’ ascrivibile alle risultanze dei verbale di udienza (13.9.2005) suindicato: in primo luogo, perche’ il riferimento all'”intervenuto recesso del socio” e’ effettuato dal giudicante, in sede di tentativo di conciliazione della controversia, e non dalla societa’ convenuta; in secondo luogo, perche’ tale riferimento al recesso e’ operato – come si evince dal tenore letterale del verbale – ai “soli fini conciliativi”, e non certo allo scopo di convalidare in qualche modo il recesso del (OMISSIS) dalla societa’.

2.4. La censura in esame non puo’, di conseguenza, essere accolta.

3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dal (OMISSIS) deve essere integralmente rigettato.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in euro 15.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie ed accessori di legge.

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