Corte di Cassazione, sezione I civile, ordinanza 22 giugno 2017, n. 15467

In tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, “deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneita’ ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacita’ a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilita’ reali prevalenti su questi ultimi”. Hanno natura di straordinaria amministrazione, quando incidano significativamente sul patrimonio, le transazioni. Sicche’ e’ plausibile la qualificazione come atti di straordinaria amministrazione sia del contratto di transazione con il dipendente licenziato sia del contratto di appalto di servizi controverso.

In tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilita’, intesa come prognosi di concreta realizzabilita’ del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilita’, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilita’ giuridica, intesa come non incompatibilita’ del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilita’ economica, intesa come realizzabilita’ nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso, verificare unicamente la sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

ordinanza 22 giugno 2017, n. 15467

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) s.p.a., domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avv. (OMISSIS), prof. (OMISSIS), (OMISSIS), come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) – spa, domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. prof. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende con l’avv. prof. (OMISSIS), come da mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2014 della Corte d’appello di Trento, depositata il 3 maggio 2014;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

Lette le conclusioni del P.M. che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) spa impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione di Bolzano, che ne ha rigettato il reclamo contro la dichiarazione del suo fallimento.

I giudici del merito hanno ritenuto che fosse inammissibile la domanda di concordato preventivo depositata dalla (OMISSIS) spa, mentre risultava fondata la richiesta di fallimento proposta dal pubblico ministero, essendo palese Io stato di insolvenza del debitore.

La societa’ fallita propone i seguenti sei motivi d’impugnazione.

1) Erroneamente i giudici del reclamo hanno giustificato la ribadita dichiarazione di inammissibilita’ del concordato con riferimento ad atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, che sarebbero stati compiuti durante la fase preconcordataria, mentre altre erano state le ragioni esibite dal tribunale; sicche’ la corte d’appello ha violato i limiti della devoluzione previsti dalla L. Fall., articolo 18, e dall’articolo 345 c.p.c., in quanto si e’ fondata su fatti nuovi allegati nella memoria difensiva della curatela: e un conto e’ affermare che si possano dedurre nuove eccezioni altro conto e’ affermare che si possano dedurre nuovi fatti.

2) Erroneamente i giudici del merito hanno qualificato come eccedenti l’ordinaria amministrazione il licenziamento di un dirigente, con successiva stipulazione di transazione di riconoscimento di un debito di 120 mila Euro nei confronti del dipendente, e la conclusione di un contratto di appalto di servizi per 30 mila Euro, per di piu’ applicando la sanzione dell’inammissibilita’ del concordato, non prevista nel testo della L. Fall., articolo 161, vigente all’epoca.

3) Erroneamente i giudici del merito hanno considerato inattendibile l’attestazione allegata alla proposta di concordato, finendo in realta’ per valutare indebitamente la fattibilita’ economica del piano concordatario.

4) Il giudizio di inattendibilita’ dell’attestazione e’ radicalmente privo di motivazione: si definisce incomprensibile l’attestazione, sol perche’ espressa inevitabilmente in dati numerici; carente di criteri la valutazione di congruita’ della cessione del ramo di azienda, ma senza un’adeguata considerazione dei dati esposti; ingiustificata la mancata considerazione del conflitto di interessi del sig. (OMISSIS), legale rappresentante della (OMISSIS) e anche socio e legale rappresentante di una delle societa’ acquirenti, benche’ tale doppio ruolo fosse notorio; incompleta la circolarizzazione dei crediti, senza tener conto della complessita’ delle obbligazioni connesse ai contratti di appalto; insufficienti le rettificazioni dei crediti commerciali, senza neppure leggere la situazione patrimoniale di riferimento.

5) In particolare e’ immotivata la qualificazione di incomprensibilita’ del piano concordatario, fondata soprattutto sull’affermazione di uno degli attestatori circa redazione di parte dell’attestazione prima della redazione del piano.

6) Erroneamente i giudici del merito hanno censurato la mancata indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attivita’ d’impresa, che e’ invece necessaria solo quando il piano preveda che dai ricavi conseguiti con la prosecuzione dell’attivita’ dipenda la soddisfazione dei creditori concordatari.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso e’ infondato.

2. Quanto al primo motivo, nella giurisprudenza di questa corte e’ indiscusso che al giudizio introdotto con il reclamo avverso la sentenza di fallimento non si applicano i limiti che l’articolo 345 c.p.c., impone all’introduzione di nuove eccezioni nel giudizio d’appello (Cass., sez. 1, 24/3/2014, n. 6835). E nuove eccezioni sono quelle fondate su fatti non allegati in precedenza, non certo quelle destinate a postulare diversi effetti giuridici per fatti gia’ allegati, che sono rilevabili d’ufficio dal giudice anche nel giudizio d’appello (Cass., sez. I, 7/4/2000, n. 4392, Cass., sez. L, 15/3/2016, n. 5051).

In particolare, secondo la giurisprudenza di questa corte, “nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilita’ del concordato, perche’ parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale della stessa crisi, sicche’, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando innanzitutto la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adito ai sensi della L. Fall., articoli 18 e 162, e’ tenuto a riesaminare, anche avvalendosi dei poteri officiosi previsti dalla L. Fall., articolo 18, comma 10, tutte le questioni concernenti detta ammissibilita’, pur attinenti a fatti non allegati da alcuno nel corso del procedimento innanzi al giudice di primo grado, ne’ da quest’ultimo rilevati d’ufficio, ed invece dedotti per la prima volta nel giudizio di reclamo ad opera del curatore del fallimento o delle altre parti ivi costituite” (Cass., sez. 1, 22/6/2016, n. 12964).

3. Quanto al secondo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, “deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneita’ ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacita’ a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilita’ reali prevalenti su questi ultimi” (Cass., sez. 1, 20/10/2005, n. 20291). E in realta’ si ritiene piu’ in generale che abbiano natura di straordinaria amministrazione, quando incidano significativamente sul patrimonio, le transazioni (Cass., sez. 2, 25/8/1989, n. 3755).

Sicche’ e’ plausibile la qualificazione come atti di straordinaria amministrazione sia del contratto di transazione con il dipendente licenziato sia del contratto di appalto di servizi controverso. Ne’ le conclusioni dei giudici del merito, circa l’inammissibilita’ del concordato, risultano tratte in termini di automaticita’, bensi’ in ragione di una valutazione della portata fraudolenta di quegli atti.

4. Quanto ai restanti motivi del ricorso, si tratta di censure che attengono al giudizio di fatto plausibilmente motivato da parte dei giudici del merito in ordine all’idoneita’ della proposta di concordato e dell’attestazione di cui era corredato.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “in tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilita’, intesa come prognosi di concreta realizzabilita’ del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilita’, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilita’ giuridica, intesa come non incompatibilita’ del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilita’ economica, intesa come realizzabilita’ nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso, verificare unicamente la sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato” (Cass., sez. 1, 6/11/2013, n. 24970).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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