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L’ampiezza e l’indeterminatezza del momento oggettivo, trova pero’ un limite nell’indefettibile presenza del dolo specifico, momento selettivo che qualifica il portato antidoveroso: lo scopo elusivo” (Sez. 2, n. 40 del 24 novembre 2011, dep. 4 gennaio 2012, Rv. 251748). In questo contesto si e’ ancora affermato che ai fini dell’integrazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori previsto dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 quinquies, convertito in L. 7 agosto 1992, n. 356, lo “scopo elusivo” che connota il dolo specifico prescinde dalla concreta possibilita’ dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito (Sez. 2, n. 2483 del 21/10/2014 Rv. 261980). Difatti il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, articolo 12 quinquies, e’ un reato di pericolo astratto, essendo sufficiente, per la sua commissione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta “ex ante”, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio – temporale (Sez. 2, n. 12871 del 09/03/2016, Rv. 266661).
E nel caso in esame, l’analisi della condizione personale operata dal Tribunale del riesame con riferimento ai precedenti penali di (OMISSIS) ed ai carichi pendenti nei confronti dello stesso, ha portato, prima il G.I.P. e poi il collegio della Liberta’ di Roma, a concludere, con giudizio esente dalle lamentate illogicita’, per la sussistenza in capo al predetto di un concreto e fondato timore di essere sottoposto a procedimenti di prevenzione che ne avevano indotto le attivita’ di intestazione fittizia. Dall’analisi del provvedimento impugnato e degli stessi ricorsi, che sul punto si dilungano, risulta che (OMISSIS) e’ stato condannato per furto nel 1985, per ricettazione, falsita’ materiale commessa da privato ed induzione alla falsita’ ideologica del p.u. nel 2002, per bancarotta fraudolenta nel 2005. Nel 2003 veniva tratto in arresto perche’ coinvolto in un procedimento per i delitti di cui agli articoli 416 bis e 644 c.p., fattispecie dalle quali veniva poi assolto nel 2012; rinviato a giudizio anche per associazione a delinquere finalizzata ad usura ed estorsione il giudizio relativo si concludeva con la declaratoria di prescrizione adottata dal Tribunale di Roma il 3 novembre 2015. Inoltre, il Tribunale del riesame, con affermazioni sul punto rimaste prive di smentita, richiama alle pagine 17-18 dell’ordinanza gravata da ricorso l’esistenza a carico dello stesso ricorrente di “ulteriori pendenze per reati di natura tributaria e finanziaria”. A fronte di tale complessiva situazione, non possono ritenersi fondate le doglianze difensive tutte tese ad asserire che a seguito della revoca della misura di prevenzione disposta dalla Corte di appello di Roma con decreto del 30 settembre 2009 e dell’assoluzione per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa (del 2012), (OMISSIS) fosse soggetto del tutto estraneo ad ogni pendenza’ giudiziaria e cosi’ privo di qualsiasi interesse, che non fosse quello di donare ai figli, ad operare le intestazioni fittizie. Viceversa, deve proprio ritenersi, sulla base di un adeguato giudizio ex ante che il giudizio del Tribunale della Liberta’ abbia ancorato tale valutazione a precisi dati di fatto, poiche’ e’ gia’ la sola pendenza del procedimento per associazione a delinquere ed usura definito solo nel 2015 con declaratoria di prescrizione che giustificava l’adozione di misure elusive della propria capacita’ patrimoniale e reddituale. In conclusione sul punto, e posto che la valutazione viene compiuta soltanto sotto il profilo della gravita’ indiziaria, deve ritenersi che la precedente condanna per reati produttivi di illecito profitto e la pendenza di procedimenti per vari delitti alcuni contestati in relazione all’articolo 416 c.p. paiono essere state legittimamente e logicamente valutate dal giudice del riesame quale causa giustificatrice le ripetute operazioni di intestazione fittizia.
Peraltro, questa Corte ha gia’ escluso che l’avvenuta revoca della misura di prevenzione precluda la configurabilita’ del contestato delitto di cui all’articolo 12 quinquies; si e’ difatti affermato che in tema di trasferimento fraudolento di valori (Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies), le valutazioni effettuate nel giudizio di prevenzione sulla pericolosita’ del proposto non sono stabili e sono soggette a possibili rivalutazioni, sicche’ le stesse non hanno la capacita’, anche se negative, di elidere l’elemento soggettivo del reato, relativamente alle condotte poste in essere nel periodo in cui nel procedimento di prevenzione era stata esclusa la pericolosita’ del proposto, requisito necessario per la adozione delle misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 4136 del 02/12/2014, Rv. 262363).
2.4 Va poi esaminato un ulteriore motivo comune ai ricorsi presentati nell’interesse dei ricorrenti e relativo alla configurabilita’ del reato contestato, nel caso, come quello di specie, in cui i fittizi intestatari siano i prossimi congiunti, coniugi o figli, dei ricorrenti. Il giudice dell’appello cautelare (f.19 dell’ordinanza impugnata) ha ritenuto, richiamando una recente pronuncia di questa Corte condivisa dal collegio (Sez. 5, 6 aprile 2016 n.40278, Rv. 268200), che ai fini della configurabilita’ del reato previsto dalla L. n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies e’ sufficiente l’attribuzione fittizia ad altri della titolarita’ o della disponibilita’ di denaro, beni o altre utilita’ anche nel caso in cui i beni siano stati intestati ad un familiare di un soggetto sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione patrimoniale. La L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, u.c., – ora sostituito dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 2, – nel prevedere presunzioni d’interposizione fittizia destinate a favorire l’applicazione di misure di prevenzioni patrimoniali antimafia non impedisce infatti di configurare, eventualmente anche a titolo di concorso, il delitto di cui alla L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, trattandosi di norme relative a situazioni aventi presupposti operativi ad effetti completamente differenti (Sez. 2, n. 7999 del 01/02/2017, Rv. 269545; Sez. 6, 6 maggio 2014 n.20769, P.M. in proc.Barresi). In particolare, la Corte, ha ritenuto in dette pronunce che il reato di cui al citato articolo 12 quinques si manifesta attraverso una condotta comunque capace di mettere in pericolo l’interesse protetto dello Stato, tenuto conto “che l’esistenza di una mera presunzione relativa di elusivita’ nella intestazione di beni ai familiari del proposto (ai sensi della L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter) non e’ certo elemento idoneo ad escludere ex se l’offensivita’ del contestato delitto ex L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, commesso al deliberato scopo di eludere, appunto attraverso la propria interposizione fittizia, la efficacia di adottare misure di prevenzione patrimoniale” (Cass. sez. 1, n. 31884 del 06/07/2011, Asaro). Non bisogna quindi confondere gli elementi integranti la fattispecie incriminatrice in esame con i criteri di giudizio ovvero con le presunzioni iuris tantum previste dalla disciplina delle misure di prevenzione reale ai fini dell’adozione di siffatti provvedimenti di natura ablatoria, anche perche’ assimilare le due “situazioni”, aventi presupposti operativi ed effetti completamente differenti, finirebbe per comportare l’arbitraria, e percio’ inammissibile, creazione di una causa di esclusione della punibilita’ a norma del menzionato articolo 12 quinquies. Questa Corte in altra pronuncia (Sez. 2, 27 ottobre 2011 n. 5595, Cuscina’ e altro), anch’essa condivisa dal collegio, ha precisato che l’ambito di operativita’ del predetto articolo 2-ter (oggi articolo 26 codice antimafia) e’ squisitamente processuale, poiche’ la disposizione regolamenta particolari aspetti del procedimento di prevenzione per le misure patrimoniali, mentre quello dell’articolo 12 quinquies e’ penale sostanziale, poiche’ la disposizione punisce con la reclusione la fittizia intestazione comunque commessa – di un bene ad un qualsiasi soggetto terzo, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con la conseguenza che l’applicazione dell’una non esclude l’applicazione dell’altra.

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