Corte di Cassazione, sezion eferiale penale, sentenza 21 settembre 2017, n. 43144. Riciclaggio e autoriciclaggio con intestazioni fittizie

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Al proposito, pero’, devono essere richiamati quegli orientamenti di questa Corte che hanno gia’ affrontato la problematica risolvendola nell’esatto senso indicato dal Tribunale del riesame nell’impugnata ordinanza; si e’ difatti affermato che il delitto di trasferimento fraudolento di valori ex Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies (conv. in L. n. 356 del 1992) puo’ fungere da reato presupposto dei delitti di cui all’articolo 648 bis c.p. e articolo 648 ter c.p. (Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, Rv. 267694) e cio’ conformemente a quanto gia’ in precedenza affermato da altra pronuncia che aveva asserito l’analogo principio proprio in una fattispecie relativa a condotte di riciclo e reimpiego di beni effettuate in ambito societario e volte a schermare le disponibilita’ facenti capo all’imputato e a sottrarle al pericolo di confisca (Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Rv. 251193, imp. Ciancimino). E quindi quella configurazione, secondo cui per aversi riciclaggio autoriciclaggio o reimpiego, occorre che il reato presupposto sia in se’ produttivo delle illecite attivita’ economiche da riciclare o reimpiegare, incentrata su una prospettiva essenzialmente “naturalitica” che vede correlare l’oggetto del riciclaggio o del reimpiego all’oggetto del delitto presupposto, inteso quale bene fisicamente avulso dalla condotta materiale di quest’ultimo delitto, non puo’ essere condivisa, anche se sicuramente presente nello schema piu’ frequente che caratterizza la correlazione tra le varie figure di riferimento. Se, infatti, la ratio del delitto di interposizione fittizia e’ impedire la divaricazione tra titolarita’ formale e reale di beni appartenenti a soggetti sottoponibili a misura di prevenzione, perche’ gravitanti nel contesto della criminalita’ mafiosa, tale possibilita’ deve valere anche per i profitti derivanti dalle attivita’ fittiziamente intestate. Il profitto delle attivita’ oggetto di fittizia intestazione assume carattere illecito proprio in quanto apparente titolare dello stesso e’ un soggetto diverso da quello esposto all’applicazione della misura di prevenzione e quindi esposto alle misure ablatorie; diversamente opinando si finirebbe per attribuire un affetto “sanante” allo svolgimento di attivita’ produttive di profitto economico pur oggetto di iniziale intestazione fittizia in palese dispregio dello scopo della norma. E’ proprio dalla analisi strutturale dell’articolo 12-quinquies che puo’ dedursi la congruita’ di tale fattispecie a fungere quale reato presupposto dei delitti di cui agli articoli 648-bis e 648-ter c.p. dovendosi sottolineare l’esigenza di annettere alla struttura normativa una funzione, di “reato-ostacolo”, in linea con la segnalata esigenza di impedire la accumulazione, il godimento e lo sfruttamento economico di beni in capo ai soggetti sospettati di appartenere ad organizzazioni mafiose, attraverso le piu’ varie – e nella specie, normativamente innominate condotte tese a scongiurare il rischio di misure di prevenzione patrimoniali, specie se di carattere spoliativo. Riciclare o reimpiegare il prodotto dell’opera di fittizia intestazione, realizzata attraverso le condotte sussunte a base della imputazione di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies, integra, pertanto, le contestate fattispecie di cui agli articoli 648-bis e 648-ter c.p., avuto riguardo, fra l’altro, al convergente interesse di tutti gli imputati, di continuare nell’opera di “camuffamento” che impedisse comunque, la riconoscibilita’ della originaria appartenenza delle attivita’ e dei successivi profitti realizzati a (OMISSIS).
Anche tale motivo di ricorso appare pertanto non fondato.
2.7 Infine quanto alle esigenze cautelari ed al profilo dell’attualita’ del pericolo di reiterazione (contestate anche nei motivi aggiunti), il Tribunale del riesame appare avere fatto corretta applicazione dei principi secondo cui in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’articolo 274 c.p.p., lettera c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettivita’ del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare e’ chiamata a realizzare (Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Rv. 269684); e tale valutazione appare essere stata adeguatamente compiuta dal giudice del riesame senza incorrere in alcuna illogicita’ o contraddizione essendosi ricavato il pericolo di reiterazione sulla base di quei concreti elementi indicati alle pagine 32-33 della motivazione dell’ordinanza impugnata, nelle quali viene segnalata la prosecuzione delle attivita’ al momento di applicazione della misura, la ripetitivita’ delle operazioni di fittizia intestazione, la cooperazione di soggetti professionali per l’esecuzione delle stesse. Peraltro il conferimento dei profitti in conti correnti ed acquisti immobiliari esclude la fondatezza della doglianza che sottolinea la rilevanza decisiva dell’avvenuto sequestro preventivo delle compagini sociali, poiche’ le attivita’ di intestazione fittizia avendo seguito diversi schemi non paiono limitabili con il solo ricorso alla misura cautelare reale.
In conclusione, i ricorsi devono ritenersi infondati; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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