Rel. n. 3/12 Roma, 9 gennaio 2012
OGGETTO: CIRCOLAZIONE STRADALE (NUOVO CODICE) – NORME DI COMPORTAMENTO – CIRCOLAZIONE – GUIDA IN STATO DI EBBREZZA – DA ALCOOL – Accertamento dello stato di ebbrezza – Modalità – Necessità dell’uso dell’etilometro – Limiti – Ricorso a qualsiasi elemento sintomatico – Possibilità – Orientamento di giurisprudenza.
RIF. NORM.: Cod. strada, art. 186; D.l. 3 agosto 2007, n. 117, art. 5; D.l. 23 maggio 2007, n. 92, art. 4, comma 1, lett. D); L. 2 ottobre 2007, n. 160, art. 5; L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 4, comma 1, lett. D); L. 29 luglio 2010, n. 120. art. 33.
1. La IV Sezione, con sentenza emessa all’udienza del 9 giugno 2011, e depositata in data 19 luglio 2011, n. 28787 (P.G. in proc. Rata, rv. 250714), ha affermato il principio di diritto così massimato:
<<Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza puo’ essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 Cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi piu’ lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale>>.
In motivazione si premette che il D.l. 3 agosto 2007, n. 117, art. 5, convertito nella L. 2 ottobre 2007, n. 160, ha riformulato il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186 e questa disciplina è rimasta sostanzialmente immutata (con il solo aggravamento delle pene previste per le ipotesi più gravi) anche dopo l’entrata in vigore del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito nella L. 24 luglio 2008, n. 125; la nuova disciplina introdotta nel 2007 prevede tre fasce con sanzioni diverse a seconda del tasso alcolemico accertato. E la giurisprudenza di legittimità ha precisato che si tratta di autonome ipotesi incriminatrici e non di un reato base aggravato a seconda del tasso alcolemico rilevato (cfr. per tutte Sez. IV, 3 giugno – 10 luglio 2008, n. 28547, Morandi, rv. 240380); si è anche chiarito, in più occasioni, che la nuova disciplina non ha fatto venir meno la possibilità di accertare l’esistenza dello stato di ebbrezza in base ai sintomi rilevati, come la giurisprudenza precedente consentiva, e di ritenere quanto meno l’esistenza dell’ipotesi prevista dalla fascia a) più favorevole all’imputato (in questo senso, vengono richiamate Sez. IV, 28 febbraio – 4 giugno 2008, n. 22274, P.G. in proc. Gelmetti, rv. 240173; Sez. IV, 3 – 30 giugno 2008, n. 26132, P.G. in proc. Ohuda, rv. 240850; Sez. IV, 3 giugno – 10 luglio 2008, n. 28547, P.G. in proc. Moranti, rv. 240381).
Il tema ha successivamente assunto un rilievo maggiore, perché la L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 33 (disposizioni in tema di sicurezza stradale) ha innovato la precedente disciplina del codice della strada in relazione alle sanzioni previste dal precedente art. 186 in tema di guida in stato di ebbrezza, conservando la natura di reato delle ipotesi previste alle lettere b) e c) del comma 2, mentre, all’ipotesi prevista dalla lett. a) del medesimo comma (tasso alcolemico da 0,5 a 0,8 grammi per litro) è stata attribuita la natura di violazione amministrativa punita con una sanzione di analoga natura.
Ciò premesso, si è osservato che l’esame alcolemico non costituisce una prova legale e che permane la possibilità di accertare lo stato di ebbrezza in base ad elementi sintomatici, e, di conseguenza, che <<non può affermarsi che l’unica ipotesi di reato in tal modo astrattamente ravvisabile sia quella meno grave perché, così dicendo, ci si porrebbe in contraddizione con il principio appena affermato. Inoltre si sovrapporrebbero indebitamente i due piani, quello processuale (ritenere consentito l’accertamento sintomatico) e quello sostanziale (ravvisare un’ipotesi di reato invece di un’altra). L’unica soluzione giuridicamente corretta è dunque quella di ritenere consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’art. 186 C.d.S.>>. Nel medesimo senso si era già pronunciata Sez. IV, 27 novembre – 29 dicembre 2008, n. 48297, Campregher, rv. 242392 (dello stesso estensore).
La sentenza Rata precisa anche che, <<in tutti i casi in cui – pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima – non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’oltre il ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due fasce di maggior gravità il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superate le soglie superiori>>.
2. In relazione al tema va, peraltro, segnalato un meno recente orientamento, parzialmente difforme, emerso nell’ambito della stessa IV Sezione, affermato da ultimo con sentenza emessa all’udienza del 4 dicembre 2009, e depositata in data 16 dicembre 2009, n. 48026 (ric. P.G. in proc. Falaguerra, rv. 245802), così massimata:
<<Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza (pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod. strada dall’art. 4, comma primo, lett. d), D.L. n. 92 del 2008, conv. con modd. in L. n. 125 del 2008), lo stato di ebbrezza può essere accertato dal giudice, sulla base sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori, ma unicamente con riguardo alla fattispecie meno grave di cui all’art. 186, comma secondo, lett. a), cod. strada>>.
Premesso che, nel caso concreto, il reato era stato commesso l’8 luglio 2006, e che l’incriminazione in questione è stata novellata dal D.L. 3 agosto 2007, n. 117 convertito con L. 2 ottobre 2007, n. 160 che ha configurato tre distinte fattispecie individuate sulla base del tasso alcolemico rilevato (la più tenue di tali incriminazioni, prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), riguarda le situazioni nelle quali l’indice è tra 0,5 e 0,8; ed era all’epoca della pronuncia sanzionata con la sola pena dell’ammenda), si è osservato che tale nuova disciplina non ha cessato di connettere l’illecito allo stato di ubriachezza che, conseguentemente, può essere accertato anche in chiave sintomatica: tuttavia, si è precisato che <<l’unico effetto della nuova disciplina è che, in caso di indagine sintomatica, occorre configurare, ai sensi dell’art. 2 c.p., la più tenue delle incriminazioni di cui al richiamato art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), non essendovi dati obiettivi che consentano di ritenere che il tasso alcolico fosse superiore a 0,8 e che si concretizzi, quindi, alcuna delle incriminazioni più severe di nuovo conio>>.
Nel medesimo senso, Sez. IV, 21 ottobre – 19 dicembre 2008, n. 47378, Dalla Vedova, rv. 242765, aveva affermato che:
<<Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod. strada dall’art. 4 comma primo, lett. d) D.L. n. 92 del 2008, conv. con mod. in L. n. 125 del 2008, lo stato di ebbrezza può essere accertato con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale; tuttavia, in difetto dell’accertamento tecnico, l’affermazione di responsabilità deve essere limitata, in ossequio al principio del “favor rei”, alla meno grave ipotesi di cui alla lett. a)>>.
Al riguardo, si evidenziava, in particolare, che, anche a seguito della novella riformatrice del 2007, non sono mutate le regole di accertamento della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, tradizionalmente basate sulla possibilità di avvalersi non solo dell’ “alcooltest”, ma anche di qualsivoglia elemento sintomatico esterno dimostrativo dello stato di alterazione: <<è vero, infatti, secondo questa opinione, che la nuova fattispecie incriminatrice prevede un trattamento sanzionatorio differenziato a seconda del valore del tasso alcolemico, ma ciò non esclude che, tuttora, per accertare lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo non è indispensabile l’utilizzazione degli strumenti tecnici di accertamento previsti dal codice della strada e dal relativo regolamento (ossia, non necessariamente, ne’ unicamente, attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell’art. 379 reg. C.d.S.: cosiddetto “etilometro”), ben potendo il giudice di merito – in un sistema che non prevede l’utilizzazione di prove legali e dove vale il principio del libero convincimento del giudice – ricavare l’esistenza di tale stato da elementi sintomatici quali l’alito vinoso, l’eloquio sconnesso, l’andatura barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possano far fondatamente presumere l’esistenza dello stato indicato; anzi, in questa prospettiva, essendo consentito al giudice finanche di disattendere l’esito dell’esame alcolimetrico, purché del suo convincimento fornisca una motivazione logica ed esauriente>>.
Si è, peraltro precisato che, <<a fronte della diversificazione delle soglie di alterazione, in difetto di accertamento tecnico, l’affermazione di responsabilità, in ossequio al principio del favor rei, dovrà essere limitata alla meno grave ipotesi di cui alla lettera a)>>, evidenziando che, nei casi in cui la condanna si basi su elementi diversi dagli esiti dell'”etilometro”, <<è particolarmente imposta una motivazione “logica ed esauriente”, laddove si consideri che il reato non si basa genericamente sull’apprezzamento dello stato di ebbrezza, bensì, specificamente, sul superamento di una particolare “soglia” di questa (tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro: cfr. art. 186 C.d.S., comma 6). Il sistema che disciplina la materia, infatti, non vieta indiscriminatamente a chi abbia fatto uso di bevande alcoliche di porsi alla guida di un veicolo, ma prevede una soglia di assunzione oltre la quale scatta il divieto in questione. Ciò che spiega come il principio del libero convincimento e l’assenza di una prova legale per fondare la responsabilità non possano estendersi fino a ritenere che qualunque manifestazione riconducibile all’uso di sostanze alcoliche sia sempre e tout court idonea ad integrare la fattispecie incriminatrice. Per l’effetto, in difetto dell’esame alcolimetrico, per poter ritenere provato lo stato di ebbrezza penalmente rilevante occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare il superamento della soglia prevista dalla legge, non bastando al riguardo l’esistenza di elementi sintomatici di significato “ambiguo”>>.
3. Sempre in tema, va per completezza segnalata, nell’ambito delle decisioni più recenti, Sez. IV, 12 ottobre – 22 novembre 2011, n. 43017, P.G. in proc. Rizzo, rv. 251004, per la quale, pur dovendo ritenersi ammissibile, anche nella vigenza del sopravvenuto regime sanzionatorio, la desumibilità dello stato di ebbrezza da elementi sintomatici, <<è agevolmente intuibile che, sul piano probatorio, la possibilità per il giudice di avvalersi, ai fini dell’affermazione della sussistenza dello stato di ebbrezza, delle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori sarà il più delle volte logicamente da circoscriversi alla sola fattispecie meno grave>>.
Nel caso di specie, in difetto <<di significativi, concreti ed univoci elementi fattuali per ritenere sussistente nell’organismo [dell’imputato], al momento del controllo, un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l>>, il fatto addebitato all’imputato è stato ricondotto all’ipotesi meno grave, all’epoca di commissione prevista e punita come contravvenzione, e successivamente depenalizzata.
Redattore: Sergio Beltrani
Il vice-direttore
(Domenico Carcano)
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