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Anche in tal caso, si e’ statuito che “il giudice della riassunzione non puo’, nel presupposto della negazione del criterio di competenza per materia o per territorio inderogabile, postulare l’intervento della Corte di cassazione perche’ sia affermata l’esistenza di una competenza per valore o per territorio derogabile e, dunque, non puo’ elevare conflitto”. Infine e’ stato affermato che “l’articolo 45 c.p.c., legittima il giudice, che riceve in riassunzione un processo, a sollevare conflitto – e, dunque, ad interloquire ulteriormente sulla competenza nonostante le parti, a seguito della declinatoria di competenza del giudice originariamente adito, abbiano riassunto il processo e non si siano dolute della declinatoria con il mezzo del regolamento di competenza a loro istanza – soltanto se la controversia sia effettivamente regolata da un criterio di competenza per materia o territorio inderogabile ed esso, in quanto effettivamente esistente, non radichi la competenza presso il giudice della riassunzione, bensi’ davanti al giudice che declino’ la competenza o ad altro giudice”.
2.1. Osserva la Corte che gli argomenti tradizionalmente portati a sostegno dell’orientamento maggioritario non sono esenti da aporie e criticita’.
In primo luogo, non sembra dirimente a tal fine l’articolo 44 c.p.c., nella parte in cui sancisce che l’ordinanza che dichiara l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, se non e’ impugnata con istanza di regolamento, rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa e’ riassunta nei termini di cui all’articolo 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell’articolo 28: la clausola di riserva riferita, sic et simpliciter, all’incompetenza per materia o a quella territoriale inderogabile restituisce il problema insoluto e negli stessi termini.
Si deve, poi, notare che l’affermazione secondo cui il giudice ad quem non puo’ chiedere di “spartire la competenza in base al valore, perche’ con la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente ogni questione sulla competenza per valore e’ oramai preclusa” (cosi’ Cass. n. 19792/08, cit.), sembra soffrire di un errore di prospettiva, potendo – in realta’ – ribaltarsi nel suo esatto contrario.
Infatti, non e’ il giudice ad quem a rilevare implicitamente, elevando ex articolo 45 cit., un conflitto negativo per insussistenza della propria asserita competenza per materia o territorio inderogabile, (anche) la propria incompetenza per valore con rilievo ormai precluso per decorso dell’udienza di cui all’articolo 183 c.p.c.: e’ invece il giudice a quo ad aver ritenuto sussistente la propria competenza per valore (essendosi spogliato della causa solo ratione materiae) oppure a non aver rilevato una propria incompetenza ratione valoris (perche’ non esaminata o comunque assorbita da quella per materia) e, per cio’ solo, ad aver reso incontestabile sotto tale profilo la propria competenza.
Pertanto, il giudice ad quem, elevando conflitto, non fa altro che limitarsi a negare la propria competenza per materia, senza nulla rilevare – neppure per implicito – circa la competenza per valore una volta esclusa quella per materia erroneamente attribuitagli dal primo giudice.
Ove la competenza per materia del secondo giudice venisse effettivamente esclusa all’esito della decisione sul regolamento di competenza d’ufficio, resterebbe incontestabile la competenza ratione valoris del giudice a quo.
In altre parole, se innanzi al primo giudice non si e’ posta (in via di eccezione di parte o di rilievo d’ufficio) questione alcuna di incompetenza per valore, ogni discorso a riguardo e’ ormai precluso gia’ presso il primo giudice.
Ne’ – d’altronde – il secondo giudice potrebbe elevare conflitto negativo ratione valoris (l’articolo 45 c.p.c., come si e’ detto, non lo consente).
E allora il secondo giudice, con il sollevare conflitto, si limita a segnalare l’inesistenza della competenza per materia (o territoriale inderogabile) attribuitagli dal primo giudice e, se davvero tale attribuzione e’ erronea, il ritorno della causa al primo giudice deriverebbe non gia’ da un implicito rilievo di incompetenza per valore ad opera del secondo giudice, ma dalla mera constatazione che, venuto meno il criterio per materia come attributivo della competenza al secondo giudice, nulla impedirebbe al primo giudice di conoscere della controversia inizialmente incardinata davanti a lui, atteso che proprio innanzi a lui la competenza ratione valoris si e’ ormai radicata, non essendosi mai posta la relativa questione (ormai processualmente preclusa).
E sarebbe incoerente sostenere che la preclusione dell’eccezione o del rilievo officioso dell’incompetenza per valore opera solo nei confronti del secondo giudice (innanzi al quale la relativa questione non si e’ posta e neppure poteva porsi) e non anche nei confronti del primo (presso il quale la questione poteva porsi, ma non e’ stata posta tempestivamente, oppure, se posta, e’ stata disattesa).
Viene meno, quindi, una ragione fondante dell’orientamento maggioritario di cui s’e’ detto.
Si deve, quindi, condividere quanto si legge nell’ordinanza interlocutoria e cioe’ che costituisce un’aporia affermare che se il giudice di pace nega di essere competente ratione materiae cio’ significa che sta spogliandosi della competenza solo sotto tale profilo, mentre se la medesima asserzione la fa il tribunale cio’ vuol dire che sta declinando la propria competenza (anche) ratione valoris.
E, ancora, appare singolare l’effetto che si realizza seguendo l’argomento cardine dell’orientamento maggioritario: la competenza per valore espressamente riconosciuta o almeno non negata dal primo giudice si trasformerebbe nel suo esatto contrario, ossia in una sostanziale attribuzione della medesima competenza ratione valoris al secondo giudice, in forza d’una preclusione maturata non gia’ innanzi a costui, ma innanzi al giudice a quo.
E se l’effetto della preclusione e’ quello di rendere incontestabile la competenza per un titolo diverso da quello in ordine al quale vi sia stata pronuncia declinatoria, non si comprende come la mera traslatio iudicii conseguente a tale statuizione possa produrre l’effetto addirittura opposto, cioe’ rendere incontestabile con riferimento al giudice ad quem quella competenza per titolo diverso da quello oggetto di declinatoria che, invece, era ormai radicata innanzi al giudice a quo (nel senso che questi non avrebbe mai potuto, in caso di accoglimento dell’altrui regolamento d’ufficio e di conseguente ritorno della controversia innanzi a lui, recuperare spazi di rilevabilita’ d’ufficio dell’incompetenza sotto diversi profili).
In breve, una stessa preclusione cambierebbe effetto con la traslatio iudicii: non radicherebbe piu’ la competenza presso il giudice a quo dove la preclusione medesima era maturata (una volta smentita, se del caso, la sua pronuncia declinatoria in sede di decisione del regolamento di competenza d’ufficio), ma presso il giudice ad quem (prevenendo la decisione stessa del regolamento in quanto ritenuto inammissibile).
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