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Ora, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, tale modifica comporterebbe, alla stregua di un ragionamento a contrario, che anche per i fatti precedenti al novum legislativo la prova dell’elemento costitutivo del reato non possa essere costituita dal solo contenuto del modello 770, essendo necessario dimostrare l’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta e non assolvendo la predetta dichiarazione una siffatta finalita’ (Sez. 3, n. 10509 del 16/12/2016, dep. 3/03/2017, Pisu, Rv. 269141; Sez. 3, n. 10104 del 7/01/2016, dep. 11/03/2016, Grazzini, Rv. 266301).
Tale orientamento interpretativo, benche’ prevalente, non e’ peraltro pacifico, essendo stato affermato, da un minoritario indirizzo esegetico, che il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 7 abbia soltanto “chiarito”, secondo quanto desumibile dalla relazione illustrativa al medesimo decreto, la portata del precedente modello legale della fattispecie incriminatrice. Pertanto, secondo tale minoritaria opinione, anche dopo la menzionata modifica normativa, l’avvenuto rilascio della certificazione attestante l’ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle trattenute operate ai sostituiti nell’anno precedente potrebbe essere dimostrato anche soltanto alla stregua del Modello 770, come di qualunque altra prova documentale o testimoniale (Sez. 3, n. 51903 in data 8/09/2016, dep. 6/12/2016, Vecchi, non massimata). Tale interpretazione, che non attribuisce alla riforma del 2015 alcun carattere autenticamente innovativo rispetto al regime giuridico applicabile ai fatti pregressi, per essere condivisa deve essere, tuttavia, ulteriormente specificata.
Osserva, infatti, questo Collegio che la certificazione delle ritenute ha la funzione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, articolo 4, comma 6-ter, di attestare l’importo delle somme corrisposte dal sostituto di imposta e delle ritenute da lui operate, laddove il cd. modello 770, disciplinato dall’articolo 4, comma 1 del medesimo D.P.R., assolve lo scopo di informare l’Agenzia delle Entrate delle somme corrisposte ai sostituiti, delle ritenute operate sulle stesse e del loro versamento all’Erario. Cio’ comporta che, di regola, esso possa non contenere alcun riferimento all’avvenuto rilascio delle certificazioni; fermo restando che, tuttavia, ove in ipotesi il modello eventualmente ne faccia menzione, esso potra’ fungere da adeguato elemento di riscontro della circostanza in esame.
In altre parole, deve ritenersi che il modello 770 possa essere assunto quale prova, in assenza di ulteriori elementi di fatto, dell’effettivo tempestivo rilascio delle certificazioni soltanto ove il giudice, all’esito di un apposito scrutinio “fattuale” del suo contenuto, abbia specificamente riscontrato l’avvenuta emissione, prima del termine previsto per presentare la dichiarazione unica, delle certificazioni in esame, delle quali tale dichiarazione abbia, dunque, dato atto. In caso contrario, l’eventuale condanna dovra’ fondarsi su elementi di riscontro probatorio diversi dal modello 770.
3. Tanto premesso in termini generali, osserva nondimeno il Collegio che, nel caso di specie, le sentenze di merito non consentono in alcun modo di riscontrare se i giudici di merito abbiano ritenuta raggiunta la prova del tempestivo rilascio delle certificazioni ai sostituti di imposta, ne’ tantomeno, sulla base di quali concreti e specifici elementi possa ritenersi che cio’ sia eventualmente avvenuto.
Mentre la pronuncia di appello ha omesso qualunque riferimento sul punto (limitandosi ad affrontare il distinto profilo della effettuazione delle ritenute, ma non quello del rilascio delle certificazioni), la sentenza di primo grado ha rapidamente richiamato, nell’illustrare la piattaforma probatoria, la presenza in atti del modello semplificato 770 del 2010 ed ha, poi, affermato, nel replicare alle specifiche censure della difesa circa l’insufficienza di tale documentazione, l’adeguatezza del “compendio documentale dell’Agenzia delle Entrate”; compendio che, tuttavia, non e’ stato diffusamente illustrato, con cio’ impedendo di comprendere alla stregua di quali concreti elementi sia stata ritenuta dimostrata l’esistenza delle menzionate certificazioni. Ne’, sul punto, e’ dirimente il riferimento, compiuto dalle sentenze di merito nel ricostruire l’origine del presente procedimento, alle operazioni di controllo dell’Agenzia delle entrate svolte sulle ritenute “risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti” di imposta (v. pag. 1 della sentenza di primo grado e pag. 4 della pronuncia di appello), essendo lo stesso richiamo del tutto generico e non consentendo di comprendere se le ritenute avessero costituito l’obiettivo dell’indagine o se, nel corso del controllo, fossero state effettivamente rinvenute.
In questo modo, evidentemente, la motivazione di entrambe le sentenze di merito non consente di ritenere soddisfatti i requisiti richiesti dal piu’ recente orientamento interpretativo di questa Corte, secondo il quale il Modello 770 (ovvero l’unico documento del quale viene fatta specificamente menzione nelle sentenze) non sarebbe idoneo a dimostrare l’avvenuto rilascio delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro; ma neppure quelli invocati dal secondo orientamento interpretativo, secondo il quale l’avvenuto rilascio delle certificazioni in questione potrebbe essere dimostrato anche dal Modello 770, come da qualunque altra prova documentale o testimoniale, a condizione che la dichiarazione unica contenga, in proposito, un espresso riscontro. Cio’ in quanto l’estrema genericita’, sul punto, della motivazione delle due sentenze di primo e secondo grado non consente di ricostruire il ragionamento probatorio svolto dai giudici di merito, non essendo stato chiarito, in particolare, quale contenuto avesse il Modello 770 semplificato e quali fatti specifici dallo stesso risultassero (se il solo pagamento delle retribuzioni, se l’espletamento delle ritenute, se il rilascio delle certificazioni); e non essendo stato chiarito, come gia’ osservato, in cosa consistesse il compendio documentale dell’Agenzia delle entrate, ne’ quale fosse il contenuto della testimonianza del funzionario, la cui deposizione e’, ovviamente, inaccessibile per il giudice di legittimita’, ove non riportata puntualmente in sentenza.
Dall’accoglimento del primo profilo di doglianza deriva l’assorbimento delle ulteriori censure svolte in sede di impugnazione.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) deve essere accolto, sicche’ la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
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