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4.2. – Si tratta di una conclusione che risale almeno a Cass. 20/05/1998, n. 5031, in base alla quale:
– quanto al fondamento della responsabilita’, l’articolo 2051 c.c., prevede un’ipotesi di responsabilita’ oggettiva, il cui unico presupposto e’ l’esistenza di un rapporto di custodia; del tutto irrilevante, per contro, e’ accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio della vigilanza sulla cosa;
– quanto all’onere della prova, ove sia applicabile l’articolo 2051 c.c., il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un valido nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre il custode ha l’onere di provare che il danno non e’ stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o del terzo;
– quanto all’ambito di applicazione, la norma in esame trova applicazione in tutti i casi in cui il danno e’ stato arrecato dalla cosa, direttamente o indirettamente; non e’ applicabile solamente quando la cosa ha avuto un ruolo meramente passivo nella produzione del danno.
4.3. – In primo luogo, e’ prevalente in dottrina e dominante nella giurisprudenza di legittimita’ la tesi della qualificazione della responsabilita’ in esame come responsabilita’ oggettiva, nella quale non gioca alcun ruolo la negligenza o, in generale, la colpa del custode: e tanto in consapevole meditata accettazione delle teoriche sulla configurabilita’ di una responsabilita’ senza colpa, se non altro in casi particolari e non in linea di principio. In sostanza, per alcune fattispecie particolari, a partire dall’elaborazione dogmatica del sistema francese – soprattutto al suo articolo 1384 originario code civil, oggi corrispondente all’articolo 1242 dopo l’ordonnance 2016-131 del 10/02/2016, in vigore dal 1 ottobre 2016, sulla reforme du droit des contrats – cui il sistema codicistico nazionale si e’ in origine ispirato, e’ apportata deroga al principio ohne Schuld keine Haftung, che permea sia l’altro ordinamento cardine dei sistemi romanisti (come quello tedesco relativamente al Deliktsrecht, ma nel quale si assiste ad un superamento graduale, benche’ solo in determinati settori, in forza di obblighi derivanti direttamente, prima della riforma del 2002, dalla norma sulla buona fede e, poi, dalla previsione della novellata previsione del BGB sulla sussistenza di obblighi di protezione piu’ generali ed ampi rispetto a quelli di prestazione, idonei a riverberare i loro effetti anche a favore di chi non e’ parte del contratto), sia il sistema originario di common law (in cui la Tort Law presuppone appunto la colpa, quanto meno sotto il profilo della Due Diligence).
4.4. – Il tenore testuale dell’articolo 2051 c.c., analogo al vecchio testo dell’articolo 1384, comma 1, code civil (ora articolo 1242, che prevede, al comma 1, che on est responsable non seulement du dommage que l’on cause par son propre fait, mais encore de celui qui est cause’ par le fait des personnes dont on doit repondre, ou des choses que l’on a sous sa garde), prevede invero che “ciascuno e’ responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
4.5. – Va cosi’ osservato che, purche’ si tratti di un danno “cagionato” da una cosa e che questa sia una cosa che si “ha in custodia”, null’altro e’ richiesto: basti allora in questa sede, per l’impossibilita’ di altri approfondimenti dogmatici, da un lato accettare quale ragione giustificatrice di tale peculiare responsabilita’ la sua natura e funzione di contrappeso al riconoscimento di una signoria, quale la “custodia”, sulla cosa che entra o puo’ entrare a contatto con la generalita’ dei consociati, signoria che l’ordinamento riconosce ad un soggetto evidentemente affinche’ egli ne tragga o possa trarre beneficio o in dipendenza di peculiari situazioni doverose; e, dall’altro lato, rilevare come il danno, di cui si e’ chiamati a rispondere, deve essere causato dalla cosa (per il code civil, ancora piu’ icasticamente e stando alla lettera della disposizione, dal “fatto della cosa”: dommage… qui est cause’ par le fait des choses que l’on a sous sa garde).
4.6. – Sotto il primo profilo, il potere sulla cosa, per assurgere ad idoneo fondamento di responsabilita’, deve manifestarsi come effetto di una situazione giuridicamente rilevante rispetto alla res, tale da rendere attuale e diretto l’anzidetto potere attraverso una signoria di fatto sulla cosa stessa, di cui se ne abbia la disponibilita’ materiale (Cass. 29/09/2017, n. 22839): verosimilmente in considerazione del fatto che solo questa puo’ attivare, ovvero rendere materialmente estrinsecabile, il dovere di precauzione normalmente connesso alla disponibilita’ di una cosa che entra in contatto con altri consociati; ovvero, che puo’ consentire l’adozione di condotte specifiche per impedire, per quanto possibile, che le cause ragionevolmente prevedibili dei danni derivabili dalla cosa custodita siano poi in grado di estrinsecare la loro potenzialita’ efficiente.
4.7. – Sotto il secondo profilo, quello della causazione del danno da parte della cosa, non ci si puo’ esimere da una sommaria premessa alla problematica della causalita’ in diritto civile.
4.8. – A questo riguardo, e’ noto che, con la fondamentale elaborazione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze del di’ 11/01/2008, nn. 576 ss., alla cui amplissima ed esauriente elaborazione deve qui bastare un richiamo), ai fini della causalita’ materiale nell’ambito della responsabilita’ extracontrattuale va fatta applicazione dei principi penalistici, di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sicche’ un evento e’ da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non). Tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’articolo 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso e’ riferibile a piu’ azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalita’ efficiente, desumibile dal capoverso della medesima disposizione, in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale gia’ in atto.
4.9. – Al contempo, neppure e’ sufficiente tale relazione causale per determinare una causalita’ giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali cosi’ determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano ex ante idonee a determinare l’evento secondo il principio della c.d. causalita’ adeguata o quello similare della c.d. regolarita’ causale.
4.10. – Quest’ultima, a sua volta, individua come conseguenza normale imputabile quella che – secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarita’ statistica o ad una probabilita’ apprezzabile ex ante (se non di vera e propria prognosi postuma) – integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento (sia esso una condotta umana oppure no) originario, che ne costituisce l’antecedente necessario.
4.11. – E, sempre secondo i citati precedenti delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, la sequenza costante deve essere prevedibile non da un punto di vista soggettivo, cioe’ da quello dell’agente, ma in base alle regole statistiche o scientifiche e quindi per cosi’ dire oggettivizzate in base alla loro preponderanza o comune accettazione, da cui inferire un giudizio di non improbabilita’ dell’evento in base a criteri di ragionevolezza: il principio della regolarita’ causale, rapportato ad una valutazione ex ante, diviene la misura della relazione probabilistica in astratto (e svincolata da ogni riferimento soggettivo) tra evento generatore del danno ed evento dannoso (nesso causale) da ricostruirsi anche sulla base dello scopo della norma violata, mentre tutto cio’ che attiene alla sfera dei doveri di avvedutezza comportamentale andra’ piu’ propriamente ad iscriversi entro l’elemento soggettivo (la colpevolezza) dell’illecito, ove questi dall’ordinamento – benche’ tanto avvenga di norma – siano in concreto richiesti.
4.12. – Tali principi portano a concludere che tutto cio’ che non e’ prevedibile oggettivamente ovvero tutto cio’ che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, ma appunto e per quanto detto rapportato ad una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso fortuito, quale causa non prevedibile: da tanto derivando che l’imprevedibilita’, da un punto di vista oggettivizzato, comporta pure la non evitabilita’ dell’evento.
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