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5.2. Sulla nozione di profitto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche a Sezioni unite, aveva individuato nel tempo una serie di stabili principi:
1) il profitto, per rilevare ai fini della disciplina della confisca, deve essere accompagnato dal requisito della “pertinenzialita’”, inteso nel senso che deve derivare in via immediata e diretta dal reato che lo presuppone (principio di “causalita’” del reato rispetto al profitto) (Sez. Un., n. 9194 del 3/07/1996, Chabni, Rv. 205707; Sez. Un., n. 29951 del 24/05/2004, Focarelli, in motivazione; Sez. Un., n. 29952 del 24/05/2004, Romagnoli, in motivazione; Sez. Un., n. 41936 del 25/10/ 2005, Muci, Rv. 232164; Sez. Un., n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Impianti, Rv. 239924; Sez. un., n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, in motivazione).
In tutte le sentenze indicate si e’ sempre fatto riferimento alla circostanza che il parametro della pertinenzialita’ al reato del profitto rappresenta l’effettivo criterio primario selettivo di cio’ che puo’ essere confiscato; anche la sentenza delle Sezioni unite, n. 20208 del 25/10/2007, – dep. 2008- Miragliotta, Rv. 238700, pur ammettendo la confiscabilita’ dell’utilita’ mediata – c.d. surrogati-, ha tuttavia affermato la necessita’ di individuazione di un profitto originario e di accertare i passaggi attraverso i quali si e’ compiuta la trasformazione dello stesso);
2) tale collegamento diretto reato-profitto esiste anche rispetto ai c.d. surrogati, cioe’ rispetto al bene acquisito attraverso l’immediato impiego/trasformazione del profitto diretto del reato, ma tale estensione del concetto di “pertinenzialita’” trova il suo limite estremo in siffatto requisito di immediatezza (del reimpiego), che – in sostanza – ne garantisce la “riconoscibilita’” probatoria (Sez. un., Miragliotta, cit.; Sez. un., n. 38691 del 25/06/2009, Caruso);
3) in virtu’ del “principio di causalita’” e dei requisiti di materialita’ e attualita’, il profitto, per essere tipico, deve corrispondere a un mutamento materiale, attuale e di segno positivo della situazione patrimoniale del suo beneficiario ingenerato dal reato attraverso la creazione, trasformazione o l’acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica, sicche’ non rappresenta “profitto” un qualsivoglia vantaggio futuro, immateriale, o non ancora materializzato in termini strettamente economico-patrimoniali (Sez. 5, n. 10265 del 28/12/2013, – dep. 2014-, Banca Italease s.p.a., Rv. 258577; ma anche Sez. un. “Fisia impianti”, cit.);
4) quanto al c.d. profitto risparmio di spesa, esso potrebbe assumere rilievo solo se inteso non in senso assoluto ma in senso relativo, presupponendo tale concetto un ricavo introitato e non decurtato dei costi che si sarebbero dovuti sostenere; anche nel caso di profitto- risparmio sarebbe stato, cioe’, necessario un risultato economico positivo concretamente determinato (Sez. un., “Fisia impianti”, cit..; nello stesso senso, anche letteralmente, Sez. 6, n. 35490 del 28/05/ 2013, – dep. 2014- Ri.va. Fire s.p.a. ed altro, Rv. 244274).
Il tema del profitto – risparmio di spesa e’ stato storicamente connesso con quello dei reati tributari in relazione ai quali era condivisa l’affermazione secondo cui l’illiceita’ connota non la produzione della ricchezza da sottoporre a tassazione quanto, piuttosto, la sua sottrazione a tassazione.
Si assumeva che il profitto non potesse essere assoggettato a confisca diretta perche’ 1) il valore sottratto, cioe’ l’imposta non corrisposta, essendo gia’ presente nel patrimonio del reo, non poteva considerarsi “proveniente da reato”; 2) era impossibile ricostruire il nesso di derivazione tra “res”, cioe’ il denaro risparmiato, e il reato.
Si affermava, cioe’, che in tema di reati tributari il profitto consistesse, salvo in casi eccezionali, solo in un mancato esborso conseguente all’inadempimento di un obbligazione di pagamento.
Sul punto, era intervenuto il legislatore, attraverso l’articolo 1, comma 143, della legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, prevedendo espressamente l’applicabilita’ dell’articolo 322 ter c.p., ai reati tributari.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno poi affermato il principio secondo cui, in tema di reati tributari, il profitto confiscabile anche nella forma per equivalente e’ costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito dalla consumazione del reato e puo’ dunque consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario (Sez. un., n. 18734 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036).
5.2. In tale articolato quadro di riferimento, si colloca Sez. un., n. 2014 del 30/01/2014, Gubert, con cui e’ stata recepita una nozione di profitto funzionale alla confisca molto piu’ ampia perche’ capace di accogliere al suo interno “non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilita’ che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attivita’ criminosa… la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non e’ quindi di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben puo’ avere ad oggetto il bene di investimento cosi’ acquisito. Infatti, il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca e quindi nelle indagini preliminari, ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 2, il suddetto sequestro, deve intendersi come comprensivo non soltanto dei beni che l’autore del reato apprende alla sua disponibilita’ per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma altresi’ di ogni altra utilita’ che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attivita’ criminosa”.
Sul tema sono nuovamente intervenute le Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza emessa n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261117, nel processo per i tragici fatti della “Tyssen”.
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