Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1754. Il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca

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Non sono consentite impugnazioni che richiamino, come passaggio logico indispensabile della deduzione, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza, quindi senza alcuna possibilita’ e tantomeno necessita’ di interpretazione o integrazione, dalla contestazione. Ogni argomentazione, pur in diritto, che non deduca la palese eccentricita’ della qualificazione giuridica che e’ stata proposta al Giudice e da questi condivisa, e richieda, per il proprio esame, una premessa in fatto che non risulti con la evidenziata necessaria peculiare immediatezza dal capo di imputazione, e’ preclusa.
3. Sulla base di tali condivisibili principi, il motivo di ricorso rivela la sua infondatezza, al limita della inammissibilita’.
Nel caso di specie, non emerge alcun elemento per ritenere che il Giudice abbia errato nella qualificazione dei fatti e, in particolare, nel ricondurli nell’ambito di un unico patto corruttivo, con conseguente decorso del termine di prescrizione solo dalla data dell’ultima dazione di denaro.
Al di la’ della necessita’ di distinguere le dazioni di denaro in relazione alle singole vicende al fine della quantificazione del profitto del reato, si e’ chiaramente ritenuto che le somme furono corrisposte in esecuzione di un unico patto corruttivo, che, tuttavia, ebbe modo di esplicitarsi nel tempo sotto diversi profili ed in relazione a diverse vicende.
A fronte di tale elemento, con il motivo di ricorso, fondato sulla prospettazione della esistenza di piu’ accordi corruttivi e, quindi, sulla esistenza di una pluralita’ di reati con conseguente decorrenza di autonomi termini di prescrizione, si adducono argomenti critici quali la pluralita’ di persone, la diversita’ di tempo e di luogo in cui gli accordi sarebbero intervenuti, per la cui valutazione sarebbe stata necessaria la verifica dibattimentale
L’esame della doglianza rende cioe’ necessario un preliminare accesso alla ricostruzione in fatto che, tuttavia, e’ preclusa dal rito prescelto dall’imputato e dalla sua difesa.
3.1. Infondato e’ altresi’ l’assunto secondo cui, ove pure si volesse fare riferimento ad un unico patto corruttivo, nondimeno le multiple dazioni configurerebbero piu’ fatti – reato unificati per continuazione che, tuttavia, avrebbero un loro autonomo “dies a quo” per il decorso della prescrizione.
Sul punto e’ sufficiente richiamare il principio affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione secondo cui il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa ovvero con la dazione ricezione dell’utilita’, e tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione ricezione, e’ solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l’offesa tipica, il reato viene a consumazione (Sez. un., n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246583).
Tale principio deve essere posto in connessione con l’ulteriore affermazione, secondo cui il reato e’ unico se trova la sua genesi in una sola pattuizione corruttiva, a nulla rilevando le plurime attivita’ funzionali del p.u. o le plurime dazioni eventualmente erogate dal soggetto privato.
Dunque, il delitto di corruzione e’ reato a duplice schema perche’ si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa o con il ricevimento effettivo dell’utilita’, ma, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell’ultimo, che assorbe, facendogli perdere di autonomia, l’atto di accettazione della promessa, perche’ con l’effettiva prestazione si concretizza l’attivita’ corruttiva e si approfondisce l’offesa tipica del reato (Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, Battistella, Rv. 234360; Sez. 6, n. 35118 del 09/07/2007, Fezia, Rv. 237288).
Ne consegue che correttamente il Giudice dell’udienza preliminare ha ritenuto non estinto per prescrizione il reato di corruzione contestato all’imputato, attesa l’unicita’ del patto corruttivo e la commissione dell’ultima dazione di denaro nel 2011.
4. E’ fondato il terzo motivo di ricorso.
Il Giudice dell’udienza preliminare ha disposto la confisca per equivalente dei beni di cui l’imputato abbia la disponibilita’, fino al valore pari a 2,1 milioni di Euro.
Tale somma costituirebbe il profitto derivante dal reato di corruzione che sarebbe stato conseguito dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a.; in particolare il profitto e’ stato individuato nella “possibilita’ per la (OMISSIS) s.p.a., societa’ di cui l’imputato era il legale rappresentante, di continuare ad operare nel mercato algerino, vincendo gare di appalto” (cosi’ testualmente la sentenza), cioe’ nell’essere inserita detta societa’ nei soggetti invitati alle gare di appalto dell’Ente di Stato algerino (OMISSIS) e tra i contrattisti di (OMISSIS).
5. La questione attiene al se detto vantaggio sia tecnicamente qualificabile come profitto derivante dal reato e quindi suscettibile di confisca.
5.1. E’ consolidata l’affermazione secondo cui non si rinviene una nozione generale di profitto non solo nel codice penale, ma anche nelle varie disposizioni contenute in leggi speciali che ne prevedono la confisca; si tratta di norme che danno la nozione per presupposta, ovvero si limitano a contrapporla ad altri concetti parimenti non definiti, quali quelli di “prezzo”, “corpo” e “strumento” del reato, utilizzandola, peraltro, sia per determinare l’oggetto della confisca, sia ad altri fini, come, cioe’, elemento costitutivo della fattispecie di reato o come circostanza aggravante.

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