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Il secondo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c., per aver la sentenza impugnata dato rilievo, in ordine all’usucapione, ad una sola testimonianza, senza considerarne altre “precise e concordanti”. Vengono cosi’ allegate in ricorso le fotocopie integrali dei verbali di udienza del 17 maggio 2007, del 29 maggio 2008, del 4 dicembre 2008 e del 24 marzo 2009, contenenti le deposizioni di altre sei testimoni.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I ricorrenti hanno depositato memoria in data 6 dicembre 2017, senza percio’ osservare il termine di cui all’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
Entrambi i motivi rivelano diffusi profili di inammissibilita’, e risultano comunque del tutto privi di fondamento.
Va premesso che, in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino, convenuto dall’amministratore per il rilascio di uno spazio di proprieta’ comune occupato “sine titulo”, agisca in via riconvenzionale per ottenere l’accertamento della proprieta’ esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la controdomanda sull’estensione dei diritti dei singoli, di tal che la sentenza, pronunciata in assenza di alcuni di essi, in quanto loro non opponibile, sarebbe inutiliter data; pertanto, ove cio’ non avvenga e la domanda riconvenzionale sia decisa solo nei confronti dell’amministratore, l’invalida costituzione del contraddittorio puo’, in difetto di giudicato espresso o implicito sul punto, essere eccepita per la prima volta o rilevata d’ufficio anche in sede di legittimita’, con conseguente rimessione degli atti al primo giudice (cosi’ da ultimo Cass. Sez. 6 – 2, 15/03/ 2017, n. 6649). Il rilievo d’ufficio in questa sede dell’eventuale difetto del contraddittorio suppone, tuttavia, che gli elementi che rivelino la sussistenza di litisconsorti pretermessi emergano, con ogni evidenza, dagli atti gia’ ritualmente acquisiti nel giudizio di merito.
Il primo motivo di ricorso si limita ad una critica generica di ingiustizia della sentenza impugnata con riguardo alla “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, limitandosi poi a richiamare l’articolo 1117 c.c., ma non per denunciare un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da tale norma di legge, quanto allegando un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediata dalle risultanze di causa, ricognizione che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, attraverso il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il primo motivo e’ comunque infondato in radice perche’ suppone di poter superare la presunzione ex articolo 1117 c.c. o sulla base della situazione di fatto o sulla base del titolo d’acquisto del singolo condomino ricorrente.
La situazione di condominio, regolata dagli articoli 1117 e seguenti c.c., si attua, invero, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprieta’ di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unita’ immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. La prospettazione di ricorso non si cura di individuare quel fosse l’atto di frazionamento iniziale, dal quale ebbe origine il Condominio di (OMISSIS); individuato tale momento, doveva reputarsi operante la presunzione legale ex articolo 1117 c.c., di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal primo titolo di frazionamento non risultasse, in contrario, una chiara ed univoca volonta’ di riservare esclusivamente al venditore o ad alcuno dei condomini la proprieta’ di dette parti (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Nella specie, si ha riguardo, per quanto accertato in fatto, ad area cortilizia strutturalmente destinata a dare aria, luce ed accesso al fabbricato condominiale, facente parte delle cose comuni di cui all’articolo 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 29/10/2003, n. 16241; Cass. Sez. 2, 03/10/1991, n. 10309). Tale bene, pertanto, ove manchi un’espressa riserva di proprieta’ o sia stato omesso nel primo atto di trasferimento qualsiasi univoco riferimento al riguardo, deve essere ritenuto parte comune dell’edificio condominiale, ai sensi del medesimo articolo 1117 c.c., ceduta in comproprieta’ pro quota. Ne consegue che non ha alcun rilievo il contenuto dell’atto traslativo del 19 settembre 1985 tra il venditore (OMISSIS) e (OMISSIS), ove non sia dimostrato che tale atto fosse quello costitutivo del Condominio di via Leopardi (e percio’ potesse valere quale titolo contrario ex articolo 1117 c.c.) o che lo stesso (OMISSIS) avesse validamente acquisito dall’originario unico proprietario o suo avente causa la titolarita’ esclusiva dell’area oggetto di lite, e ne potesse percio’ disporre.
Peraltro, questa Corte ha ancora di recente ribadito come, al fine di accertare se l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o piu’ condomini, e’ irrilevante ex se la circostanza che l’area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta piu’ proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unita’ immobiliare (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712).
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