Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 19 febbraio 2018, n. 3955. In tema di risarcimento del danno da occupazione usurpativa

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La mera lettura della parte motiva della sentenza resa da questa Corte – che si e’ sopra integralmente riprodotta per quanto qui di interesse – ove sono concentrati i principi di diritto ai quali il giudice del rinvio avrebbe dovuto attenersi, assicura, dunque, che non si rinviene tra essi nessuna enunciazione nel senso preteso della parte, non avendo la Corte preso posizione – e neppure potendo, del resto, come si vedra’ – in ordine al fatto che il giudice del rinvio nel rinnovare il proprio apprezzamento di fatto alla stregua dei principi anzidetti avrebbe dovuto pure privilegiare una metodica valutativa in luogo di un’altra.
2.5. Ne’, a tacitazione di ogni ulteriore riserva sul punto, indirizza a diversa conclusione osservare che, poco prima di scolpire nei termini riportati il compito del giudice ad quem, la Corte si soffermi sul metodo analitico-ricostruttivo adottato dal precedente giudicante, perche’ il rilievo non riveste alcuna decisivita’ nell’ottica auspicata del ricorrente essendo infatti diretto a sottolineare la fragilita’ ragionamento decisorio che ricorra al criterio di stima in parola senza previamente accertare la destinazione urbanistica del cespite usurpato.
2.6. Va poi ribadito, sempre nella stessa direzione, che, come questa Corte ha gia’ sostenuto in passato, “nella verifica in ordine all’uniformazione del giudice di rinvio al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, ove sia in discussione, in rapporto all’entita’ del “petitum” concretamente individuata dal giudice di rinvio, la portata del “decisum” della sentenza di cassazione, il giudice di legittimita’ deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte, con la quale la pronuncia rescindente non puo’ essersi posta in contrasto” (Cass., Sez. 1, 30/09/2005, n. 19212). Sicche’, una volta preso atto che nella sentenza di cui si discute la Corte era stata sollecitata dal Comune ricorrente a cassare la sentenza impugnata perche’ aveva divisato, in relazione ai fondi interessati, la “destinazione edificatoria senza considerare: a) che essi rientravano in una zona sottoposta dal Piano urbanistico territoriale dell’area (OMISSIS) a diversi vincoli di in edificabilita’ assoluta; b) che, in ogni caso erano compresi per la loro maggiore estensione in zona destinata a verde attrezzato e, comunque a verde pubblico, che li’ rendeva anche sotto questo profilo inedificabili; c) che il calcolo del loro valore non poteva percio’ essere compiuto tenendo conto della loro potenzialita’ edificatoria, essendo la stessa insussistente”, l’assunto che se ne deve trarre e’ che dal thema decidendi, come illustrato dal postulante, esulava totalmente la questione della metodica valutativa, tanto percio’ da non potersi inferire alcun principio di diritto vincolante sul punto il giudice del rinvio.
2.7. Da ultimo va pure rimarcato, a conforto della neutralita’ in argomento del pregresso pronunciamento di questa Corte, che neppure intenzionalmente la Corte avrebbe potuto determinarsi diversamente – ed enunciare cosi’ un criterio di giudizio a cui avrebbe dovuto attenersi il giudice del rinvio – essendo suo convincimento, da tempo esternato, che potendo la determinazione del valore del fondo seguire indifferentemente la via del metodo sintetico-comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto quella del metodo analitico-ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non puo’ stabilirsi tra i due criteri “un rapporto di regola ad eccezione”, essendo percio’ “rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettivita’” (Cass., Sez. 6-1, 31/03/2016, n. 6243). E, dunque, pretendere che il giudice del rinvio sarebbe stato sul punto vincolato dal precedente deliberato di questa Corte, neppure si accorda con la liberta’ di valutazione che al riguardo e’ invece stabilmente riconosciuta al giudice del merito.
2.8. Ne’, per converso, puo’ inferirsi che il punto sia coperto da giudicato interno, non essendo stata la statuizione in ordine alla metodica valutativa a suo tempo adottata dal giudice d’appello travolta dalla pronuncia rescindente di questa Corte. E cio’ per la decisiva ragione, resa ancora piu’ concreta da quanto appena rilevato in ordine alla liberta’ di scelta di cui gode il giudice di merito nell’adottare l’una o l’altra metodica – o nessuna delle due, come fatto qui dal nostro decidente – ai fini dell’aestimatio richiestagli, che la decisione della Corte, come la stessa ha precisato con l’assorbimento del 4 motivo del ricorso principale relativo al criterio di valutazione del fondo (sintetico-comparativo, piuttosto che analitico-ricostruttivo) utilizzato dalla sentenza impugnata, assorbiva la relativa questione, onde su di essa non puo’ essersi formato alcun giudicato vincolante per il giudice del rinvio.
3.1. Entrambi i ricorrenti, rispettivamente con il terzo motivo del ricorso principale e con la prima parte del primo motivo e con il secondo motivo del ricorso incidentale, contestano il criterio adottato dal giudice del rinvio ai fini dell’aestimatio, sostenendo, il (OMISSIS), che, violando l’articolo 113 c.p.c. e articoli 2056 e 1226 c.c., la sentenza e’ pervenuta “senza specifica ed apprezzabile motivazione ad una stima incongrua rispetto al caso concreto e alla determinazione del relativo e principale danno, in termini palesemente sproporzionati per difetto”; i (OMISSIS), che il procedimento logico seguito dal decidente per pervenire a tale conclusione “e’ del tutto ignoto”, tanto da rendere “la valutazione equitativa compiuta dalla Corte d’Appello del tutto priva di motivazione”.

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