Danno abbandono: risarcimento equo e criteri trasparenti necessari
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Danno abbandono: risarcimento equo e criteri trasparenti necessari

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31552 del 9 dicembre 2024, ha stabilito che quando un giudice deve calcolare il risarcimento del danno subito da un figlio a causa dell'abbandono di un genitore, deve seguire criteri ben precisi. In particolare, se il giudice decide di utilizzare un metodo equitativo per determinare l'ammontare del risarcimento, deve indicare chiaramente quali criteri ha seguito.

Questo significa che il giudice non può decidere arbitrariamente l'importo del risarcimento, ma deve basarsi sui fatti e le prove presentate durante il processo. La Corte ha chiarito che il potere discrezionale del giudice è valido solo se egli dimostra di aver tenuto conto di tutti i dati rilevanti.

Nel caso specifico, la Cassazione ha annullato una sentenza che aveva ridotto l'importo del risarcimento basandosi sull'incertezza della relazione parentale prima del riconoscimento legale della paternità, e aveva addirittura negato il risarcimento per il periodo successivo.

Revocatoria fallimentare e interessi dalla domanda giudiziale
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Revocatoria fallimentare e interessi dalla domanda giudiziale

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31652 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che l'azione revocatoria fallimentare, prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare, ha natura costitutiva. Questo significa che, quando un giudice accoglie questa azione, l'obbligo di restituzione che ne deriva è considerato un debito di valuta, e non di valore.

In pratica, questo significa che chi deve restituire delle somme a seguito di un'azione revocatoria fallimentare è tenuto a corrispondere anche gli interessi su tali somme. Questi interessi decorrono dalla data in cui è stata presentata la domanda giudiziale, se è stata fatta, oppure dalla data della sentenza che ha accolto l'azione revocatoria.

La Corte ha quindi stabilito che il creditore ha il diritto di ottenere, oltre alla restituzione delle somme, anche il pagamento degli interessi maturati.

Vacanza “tutto compreso”: annullo uno, annullano tutti
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Vacanza “tutto compreso”: annullo uno, annullano tutti

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31368 del 6 dicembre 2024, ha stabilito che nei contratti di viaggio "tutto compreso", l'obiettivo di trascorrere una vacanza insieme ad altri può essere considerato un elemento fondamentale del contratto, anche se i contratti individuali sono stati stipulati separatamente.

In pratica, se un gruppo di persone (anche piccolo) acquista pacchetti vacanza con l'intenzione di trascorrere le vacanze insieme, questi contratti sono considerati "collegati". Di conseguenza, se una persona del gruppo non può più partire per motivi di forza maggiore, come una malattia improvvisa, anche gli altri membri del gruppo hanno il diritto di annullare il proprio contratto e ottenere il rimborso.

La Corte ha annullato una sentenza che non aveva tenuto conto di questo principio, sostenendo che le vicende personali di un viaggiatore non potevano influenzare il contratto degli altri.

Danno futuro: calcolo su vita e danno morale separato
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Danno futuro: calcolo su vita e danno morale separato

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31684 del 9 dicembre 2024, ha chiarito due aspetti importanti riguardanti il risarcimento dei danni. In primo luogo, ha stabilito che le spese future necessarie per l'assistenza personale di una persona danneggiata sono considerate "danno emergente". Questo significa che il calcolo del risarcimento deve basarsi sulla durata presumibile della vita del danneggiato e sul costo periodico dell'assistenza.

In secondo luogo, la Corte ha precisato che l'aumento del 30% previsto dalla legge per il risarcimento del danno biologico non si applica al danno morale. Il danno morale deve essere calcolato separatamente, seguendo le regole specifiche previste dalla legge.

In pratica, la Corte ha fornito indicazioni precise su come calcolare sia le spese future di assistenza, sia il danno morale, distinguendo chiaramente tra i diversi tipi di danno e le relative modalità di calcolo.

Danno salute e aumento risarcimento solo per casi peculiari
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Danno salute e aumento risarcimento solo per casi peculiari

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31681 del 9 dicembre 2024, ha stabilito che nel calcolo del risarcimento per danni non patrimoniali alla salute, i giudici devono attenersi a criteri ben definiti. In particolare, la Corte ha chiarito che l'importo standard del risarcimento, stabilito dalla legge o dalle tabelle di riferimento (come le tabelle milanesi), può essere aumentato solo in casi eccezionali.

Questo aumento, chiamato "personalizzazione", è giustificato solo quando il danneggiato ha subito conseguenze particolarmente gravi o anomale, che vanno oltre i normali pregiudizi legati alla stessa lesione e all'età della persona. Il danneggiato deve fornire prove dettagliate e tempestive di queste conseguenze eccezionali.

La Corte ha sottolineato che le conseguenze ordinarie di una lesione, anche se dolorose o invalidanti, non giustificano un aumento del risarcimento.

Paternità: curatore speciale nomina discrezionale e non esclusiva
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Paternità: curatore speciale nomina discrezionale e non esclusiva

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31567 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che nel processo per il riconoscimento legale di paternità o maternità, la nomina di un curatore speciale per il minore è una scelta discrezionale del giudice. Questo significa che il giudice può decidere se nominare o meno un curatore speciale, a seconda delle circostanze del caso.

La Corte ha anche precisato che la nomina del curatore speciale non toglie potere al genitore del minore. In altre parole, sia il genitore che il curatore speciale possono agire nel processo, ma le loro azioni non si escludono a vicenda.

In pratica, la decisione di nominare un curatore speciale è lasciata alla valutazione del giudice, che deve considerare se la presenza di un curatore speciale è necessaria per tutelare al meglio gli interessi del minore.

Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita
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Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31665 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che quando un terzo decide di intervenire volontariamente in una causa già in corso, può sollevare nuove eccezioni su fatti già presenti nel processo.

Questo non viola il principio del giusto processo, a condizione che sia garantito il diritto di difesa delle altre parti coinvolte. In altre parole, le controparti devono avere la possibilità di rispondere alle nuove eccezioni, presentare le proprie contro-eccezioni e, se necessario, richiedere una rimessione in termini per presentare nuove prove.

La Corte ha quindi stabilito che l'intervento di un terzo può arricchire il dibattito processuale, purché ciò avvenga nel rispetto dei diritti di tutte le parti.

CTU e attività durante la sospensione feriale
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CTU e attività durante la sospensione feriale

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31680 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che se un consulente tecnico d'ufficio (CTU) svolge attività preparatorie, come ad esempio visite mediche, durante il periodo di sospensione feriale dei termini processuali, ciò non rende nulla la consulenza.

Questo perché la sospensione feriale si applica solo agli atti processuali veri e propri, come la presentazione di documenti o la partecipazione a udienze, e non alle attività materiali necessarie per la redazione della perizia. Quindi, un medico legale può visitare un paziente durante la sospensione feriale senza che la sua consulenza sia invalidata.

In sostanza, la Corte ha fatto una distinzione netta tra le attività processuali, che sono soggette alla sospensione, e le attività materiali, che possono essere svolte anche durante il periodo feriale.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna
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Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31257 del 6 dicembre 2024, ha chiarito un punto importante relativo ai danni per la restituzione ritardata di un immobile locato. In sostanza, la Corte ha stabilito che se un inquilino non restituisce l'immobile alla scadenza del contratto, è tenuto a pagare al locatore il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna effettiva dell'intero immobile.

Questa regola, prevista dall'articolo 1591 del Codice Civile, si applica anche ai contratti di affitto d'azienda, in mancanza di specifiche disposizioni contrarie. Un aspetto cruciale chiarito dalla Cassazione è che la restituzione parziale dell'immobile non libera l'inquilino dall'obbligo di pagamento. In altre parole, fino a quando l'intero immobile non viene riconsegnato, l'inquilino è considerato in mora e deve continuare a pagare il corrispettivo stabilito.

In pratica, anche se l'inquilino restituisce una parte dell'immobile, rimane comunque responsabile per l'intero importo del canone fino alla restituzione completa.

Rito errato: impugnazione segue forma adottata
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Rito errato: impugnazione segue forma adottata

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31431 del 6 dicembre 2024, ha affrontato una questione procedurale delicata: come si impugna una decisione relativa alla liquidazione dei compensi di un avvocato? In questi casi, infatti, si utilizza spesso il rito sommario di cognizione (articolo 702bis del Codice di procedura civile), che prevede l'ordinanza come forma di provvedimento e un determinato tipo di impugnazione.

Tuttavia, la Corte ha chiarito che non è tanto importante il rito che avrebbe dovuto essere utilizzato, quanto piuttosto il rito che il giudice ha effettivamente seguito. Se, ad esempio, il giudice ha consapevolmente trattato la causa con il rito ordinario di cognizione, emettendo una sentenza, anche se questa scelta è errata, l'impugnazione dovrà seguire le regole previste per il rito ordinario, ossia l'appello.

Questo principio si basa sulla "apparenza e ultrattività del rito": in altre parole, la forma del provvedimento adottato dal giudice, sia essa sentenza o ordinanza, determina il percorso di impugnazione, anche se tale forma è frutto di una scelta errata. Ciò che conta, in definitiva, è la forma che il giudice ha scelto di dare al provvedimento, in quanto essa indica la sua intenzione di seguire un determinato iter processuale.