Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 dicembre 2024| n. 31257.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

Massima: In tema di danni per ritardata restituzione di un immobile locato, la norma dell’art. 1591 c.c. – applicabile anche al contratto di affitto d’azienda in mancanza di una disposizione specifica – stabilisce che il conduttore in mora è tenuto a dare al locatore il corrispettivo dovuto fino alla riconsegna, ma non conferisce alcun rilievo alla restituzione parziale del bene oggetto del contratto, di talché in siffatta ipotesi il conduttore continua ad essere in mora e permane a suo carico l’obbligo di pagamento previsto dalla citata disposizione.

 

Ordinanza|6 dicembre 2024| n. 31257. Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Obbligazioni del conduttore – Danni per ritardata restituzione maggior danno ex art. 1591 c. c. – Applicabilità al contratto di affitto di azienda – Rilevanza della restituzione parziale del bene oggetto del contratto – Esclusione – Conseguenze.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dai Signori Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere Rel.

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3565/2023 R.G. proposto da:

MA. Spa, rappresentata e difesa dagli avvocati RI.MA. (Omissis) e LA.PI. (Omissis), elettivamente domiciliata presso gli indirizzi PEC indicati dai difensori

– ricorrente –

contro

CE. Srl, rappresentata e difesa dall’avvocato GI.RE. (Omissis), elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC indicato dai difensori

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 834/2022 depositata il 14/07/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11/07/2024 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ai sensi dell’art. 810 cod. proc. civ. la Ce.Ma. Sas, poi divenuta Ce.Ma. Srl, chiese al Presidente del Tribunale di Imperia di nominare l’arbitro unico al fine di decidere la controversia, da essa introdotta nei confronti della MA. s.p.a, per la qualificazione giuridica del contratto stipulato nel 2001 tra la ricorrente e la dante causa della MA. Spa, avente ad oggetto la gestione di un supermercato.

La Ce.Ma. sostenne, in particolare, che quel contratto doveva essere qualificato come affitto di azienda e che la convenuta, avendo ricevuto regolare disdetta per cessazione del contratto, era tenuta alla restituzione dell’azienda e al risarcimento del danno per il ritardo nella consegna.

La MA. Spa si costituì nel giudizio arbitrale, chiedendo che il contratto stipulato venisse qualificato come locazione o sublocazione, che la Ce.Ma. venisse condannata, in caso di accoglimento della domanda, al pagamento dell’indennità di cui agli artt. 2561 e 2562 cod. civ. e che, in ogni caso, fosse respinta la domanda di risarcimento dei danni.

L’arbitro unico qualificò il rapporto contrattuale come affitto di azienda, accolse le domande della Ce.Ma., condannò quest’ultima a pagare alla MA., ai sensi degli artt. 2561 e 2562 cit., la somma di Euro 53.522,86 e condannò la MA. alla restituzione dell’azienda e al risarcimento dei danni per il protrarsi dell’abusiva occupazione, stabilita in una somma pari al canone mensile di affitto.

2. La MA. Spa ha impugnato il lodo arbitrale e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 14 luglio 2022, ha rigettato il gravame e ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di appello.

La Corte territoriale – dopo aver premesso, alla luce della giurisprudenza di legittimità, che nel caso in esame il lodo era da ritenere impugnabile, ratione temporis, anche per errores in iudicando – ha osservato che tale impugnazione non era consentita “per questioni che attengono alla valutazione delle risultanze probatorie da parte degli arbitri e che comunque riguardano direttamente il merito della controversia”, sicché le censure rivolte contro il lodo non potevano comprendere anche lacune di indagine o di motivazione o non corretto apprezzamento delle risultanze istruttorie.

Ciò detto, dopo aver ribadito l’inquadramento del rapporto contrattuale intercorso tra le parti nella figura dell’affitto di azienda, la Corte genovese ha ricordato che l’appellante aveva posto in luce come la mancata restituzione avesse riguardato solo i beni mobili strumentali e fungibili dell’azienda stessa, ovvero il loro mancato godimento. La società MA. aveva sostenuto, infatti, di essere stata costretta ad abbandonare i locali (sede del supermercato) in data 1 agosto 2014, avendo subito un ordine di rilascio da parte del proprietario (che non era la società Ce.Ma.); ragione per cui aveva eccepito che il danno doveva ritenersi limitato “alla quantificazione del mancato utilizzo dei beni strumentali all’azienda”.

La Corte d’Appello ha espressamente dichiarato che tale tesi era infondata, perché l’azienda è un’unità “che deve essere riconsegnata nella sua integrità”, per cui il canone di affitto costituisce “il danno emergente provocato dalla mancata disponibilità dell’attività”. La responsabilità del locatario per il ritardo nella restituzione della cosa locata, regolata dall’art. 1591 cod. civ., ha dunque natura contrattuale perché deriva dalla violazione dell’obbligo di restituzione ed è predeterminata dalla legge. Del resto, la documentazione prodotta dalla società MA. a pretesa dimostrazione del pagamento delle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2013 è stata ritenuta dalla Corte inidonea allo scopo, perché la fattura non era quietanzata e la società MA. non aveva fornito la prova che la somma oggetto del bonifico fosse realmente pervenuta alla parte creditrice.

3. Contro la sentenza della Corte d’Appello di Genova propone ricorso la MA. s.p.a con atto affidato a due motivi.

Resiste la Ce.Ma. Srl con controricorso.

La società ricorrente ha depositato memoria.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 1591 cod. civ. in relazione alla violazione degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. e dell’art. 112 del codice di rito.

La società ricorrente premette di conoscere la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in sede di ricorso per cassazione avvero la sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo arbitrale per nullità, la Suprema Corte può esaminare solo la decisione di merito e non anche il lodo arbitrale. Ciò nonostante, la ricorrente compie una lunga premessa in fatto per affermare di aver riconsegnato il bene immobile alla proprietaria, che era la società Ed., alla data del 1 agosto 2014, circostanza che sarebbe stata accertata anche dall’arbitro. La Ed., infatti, si era attivata per il rilascio forzato dell’immobile, il che non sarebbe stato valutato dalla sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, si era soffermata solo sull’applicazione dell’art. 1591 cod. civ., senza affrontare l’altra questione posta, con conseguente violazione anche dell’art. 112 cit.; mentre la sentenza avrebbe dovuto considerare che alla società ricorrente poteva essere imputata “solo la mancata consegna dei beni mobili strumentali”. La Corte di merito avrebbe dovuto considerare che l’art. 1591 cit. pone una presunzione semplice di danno, superabile grazie alla prova contraria; e la società Ce.Ma., non avendo più dovuto corrispondere alla società Ed., a decorrere dal 1 agosto 2014, il canone di abusiva occupazione, avrebbe finito per ottenere un’ingiusta locupletazione. Sarebbe dunque errato il rilievo della sentenza secondo cui il complesso aziendale doveva essere restituito nella sua integrità.

1.1. Il motivo non è fondato.

È opportuno premettere che non è più in discussione, in questa sede, la qualificazione giuridica del contratto intercorso tra le parti in termini di affitto di azienda, posto che su questo punto la Corte d’Appello si è pronunciata e non c’è alcuna censura da parte della società ricorrente.

Trova pertanto applicazione la giurisprudenza di questa Corte – alla quale va data in questa sede ulteriore continuità – in base alla quale, poiché nel codice civile tra le norme sulla locazione e quelle sull’affitto, compreso l’affitto di azienda, corre il rapporto tipico tra norme generali e norme speciali, se la fattispecie non è regolata da una norma specificamente prevista per l’affitto dovrà farsi ricorso alla disciplina generale sulla locazione di cose, salva l’incompatibilità con la relativa normazione speciale. Consegue che la violazione, da parte dell’affittuario, dell’obbligo di restituzione dell’azienda all’affittante per scadenza del termine dà luogo, a carico del primo, a responsabilità a norma dell’art. 1591 cod. civ. dettato in tema di locazione, mancando nella disciplina dell’affitto una norma che regoli i danni per ritardata restituzione e non essendo l’art. 1591 cod. civ. incompatibile con la normazione speciale sull’affitto (sentenza 28 gennaio 2002, n. 993, sostanzialmente confermata dalla sentenza 26 giugno 2006, n. 14710).

Tanto premesso, la questione giuridica che il motivo in esame specificamente pone è quella della rilevanza o meno, ai fini della corresponsione della somma di cui all’art. 1591 cit., di una restituzione parziale della cosa locata. Detto in altri termini, la parte ricorrente sostiene che, ponendo l’art. 1591 cit. una presunzione semplice di danno, la restituzione parziale dei beni giustificherebbe il rigetto della domanda di condanna al pagamento della relativa somma.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

1.2. A tale questione la Corte ritiene di dover dare risposta negativa.

Si osserva, al riguardo, che, avendo il contratto di affitto di azienda ad oggetto il godimento dell’immobile e dei beni strumentali, una volta cessato per qualsiasi causa tale affitto, l’obbligazione di rilascio dei cespiti conferiti, cioè del godimento dell’immobile e dei beni, è un’obbligazione che si può dire adempiuta solo con la riconsegna di tutto l’oggetto dell’affitto, e non solo di una parte. Ne consegue che – anche volendo accettare integralmente la ricostruzione in fatto operata dalla società ricorrente, secondo cui essa era stata costretta dal proprietario, che non era la società Ce.Ma., al rilascio, in data 1 agosto 2014, dei locali dove si svolgeva l’attività, per cui la mancata riconsegna avrebbe avuto ad oggetto i soli beni strumentali – l’affittuario è da ritenere ugualmente in mora rispetto all’obbligazione di restituzione ed è, pertanto, tenuto al pagamento del corrispettivo in favore del locatore.

In altri termini, essendo mancato l’adempimento per una parte dell’oggetto e, dunque, non essendo avvenuto il rilascio per l’intero, l’applicazione dell’art. 1591 cod. civ. imponeva il pagamento dell’intero corrispettivo, non essendo possibile – come correttamente ha deciso la Corte d’Appello – ridurre tale corrispettivo proporzionalmente alla parte dell’oggetto dell’affitto restituita. Tale conclusione deriva in maniera indiscutibile dall’art. 1591 cit., il quale non prevede “rilasci parziali”, ma anche dalla logica stessa del sistema, dal momento che l’obbligazione di pagamento del corrispettivo è giustificata dalla natura del rapporto di locazione (e di affitto di azienda) con riferimento al godimento del bene nella sua totalità e, dunque, può venire meno solo quando tutto il godimento cessa. Se così non fosse, si verrebbe a legittimare, nonostante la cessazione del rapporto, un adempimento parziale dell’obbligazione di rilascio purché retribuito proporzionalmente, così determinando una sorta di unilaterale mutamento del contenuto del rapporto ad iniziativa dell’affittuario il quale, rilasciando parzialmente o con restituzioni successive il bene, potrebbe giustificare il permanere di un godimento pro parte del tutto estraneo alla logica del rapporto contrattuale ed alla sua cessazione.

Così ricostruita la logica del sistema, appare evidente come sia fuor di luogo, da parte della società ricorrente, il richiamo alla figura della presunzione, posto che la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che il maggior danno cui fa riferimento l’art. 1591 cod. civ. deve essere provato dal locatore, mentre la corresponsione del canone fino alla riconsegna costituisce una sorta di liquidazione automatica, fondata su di una presunzione iuris et de iure, che non ammette la prova contraria (v. le sentenze 16 luglio 2019, n. 18946, e 7 ottobre 2021, n. 27287, in linea con una precedente giurisprudenza).

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

Per quanto detto, infine, è manifestamente infondata la censura di omessa pronuncia, dal momento che la Corte d’Appello ha specificamente risposto sulla questione del rilascio parziale, con una motivazione del tutto corretta.

Deve essere enunciato, pertanto, il seguente principio di diritto:

“In tema di danni per ritardata restituzione di un immobile locato, la norma dell’art. 1591 cod. civ. – applicabile anche al contratto di affitto di azienda in mancanza di una disposizione specifica – stabilendo che il conduttore in mora è tenuto a dare al locatore il corrispettivo dovuto fino alla riconsegna, non conferisce alcun rilievo alla restituzione parziale del bene oggetto del contratto, di talché in simile ipotesi il conduttore continua ad essere in mora e permane a suo carico l’obbligo del relativo pagamento”.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., vizio di motivazione.

Secondo la ricorrente, la sentenza si sarebbe soffermata esclusivamente sull’applicabilità, in via analogica, all’affitto di azienda della disposizione codicistica dettata in materia di locazione. La Corte di merito non si sarebbe pronunciata sulla rilevante incidenza, ai fini del risarcimento del danno, costituita dalla riconsegna del bene immobile alla proprietaria società Ed., anche perché quel profilo era stato trattato anche dalla difesa avversaria, la quale non aveva negato la consegna del bene.

2.1. Il motivo non è fondato.

Anche volendo tralasciare il fatto che la censura ivi prospettata è parzialmente ripetitiva di quella del primo motivo, valgono le considerazioni già svolte sulla presunta omissione di pronuncia, posto che, come detto, la Corte d’Appello si è occupata del problema, per cui nessun omesso esame è configurabile.

Ritardo restituzione immobile: pagamento intero fino consegna.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, l’11 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2024.

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