Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 dicembre 2024| n. 31680.
CTU e attività durante la sospensione feriale
Massima: In tema di consulenza tecnica d’ufficio, lo svolgimento di attività materiale prodromica alla redazione della relazione (ad esempio, la visita del periziando da parte del consulente medico-legale) durante il periodo di sospensione feriale dei termini non determina la nullità della consulenza, concernendo la sospensione il compimento dei soli atti processuali.
Ordinanza|9 dicembre 2024| n. 31680. CTU e attività durante la sospensione feriale
Integrale
Tag/parola chiave: Prova civile – Consulenza tecnica – In genere art. 195 c.p.c. – Sospensione feriale dei termini – Svolgimento di attività materiale prodromica alla redazione della relazione – Nullità della consulenza – Esclusione – Ragioni.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Presidente di Sezione
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. SPAZIANI Paolo – Relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 06422/2022 R.G.,
proposto da
Vo.To., rappresentato e difeso dall’Avv. Fa.Ca. (pec dichiarata: Fa.Or.), in virtù di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di
Azienda Sanitaria Provinciale di C (già ASL n. 3 di R), in persona del commissario straordinario; rappresentata e difesa dall’Avv. Pa.Pi. (pec dichiarata: Pa.Pe.), in virtù di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché di
Società Re.Mu.;
– intimata –
per la cassazione della sentenza n. 1449/2021 della Corte d’Appello di CATANZARO, pubblicata il giorno 11 novembre 2021;
udìta la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal Consigliere Paolo Spaziani.
CTU e attività durante la sospensione feriale
FATTI DI CAUSA
1. Con citazione del 30 luglio 2004 Vo.Sa., in proprio e nella qualità di procuratore generale del figlio Vo.To. – premesso che il 25 ottobre 2000 Vo.To., a seguito di incidente stradale, aveva subìto, tra le altre lesioni, un trauma cranico ed era stato trasportato in ambulanza all’Ospedale di C; che due giorni più tardi, il 27 ottobre 2000, era stato sottoposto a TAC del cranio, le cui risultanze ne avevano determinato il trasferimento alla divisione neurochirurgica dell’Ospedale di C, ove era stato sottoposto ad intervento di craniotomia per rimozione di un ematoma; e che, a causa del colpevole ritardo con cui i sanitari avevano proceduto alla TAC, erano residuati a suo carico gravi postumi invalidanti – convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Castrovillari, l’Azienda Sanitaria Locale n. 3 di R, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 120.000,00, oltre danno morale e interessi.
Si costituì l’azienda sanitaria, la quale resistette alla domanda e chiamò in manleva la sua compagnia assicurativa, Società Re.Mu..
Si costituì anche quest’ultima, eccependo l’inoperatività della polizza.
Il Tribunale, espletata una CTU medico-legale, rigettò la domanda, con sentenza del 7 settembre 2016.
2. Avverso questa sentenza, non gravata da Vo.Sa. in proprio, ha proposto appello il solo Vo.To.
Costituitesi l’Azienda Sanitaria Provinciale di C (succeduta alla ASL n. 3 di R) e la Società Re.Mu., la Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza impugnata, sui rilievi:
I- che l’eccezione di nullità della CTU per omessa comunicazione alle parti della data di inizio delle operazioni peritali e per essersi svolta parte di esse nel periodo di sospensione feriale dei termini processuali, non era fondata: atteso, sotto il primo profilo, che la data di inizio delle operazioni peritali era stata debitamente indicata dal CTU all’udienza di conferimento dell’incarico (e annotata nel relativo verbale), mentre della data alla quale le medesime operazioni erano state rinviate per prosecuzione, dopo essere state avviate alla presenza dell’attore, il consulente non era tenuto a dare avviso; e considerato, sotto il secondo profilo, che la sospensione del termini concerne gli atti processuali e non le attività del consulente prodromiche alla elaborazione della perizia;
II- che, nel merito, alla stregua delle risultanze della CTU, non sussisteva il dedotto negligente ritardo dei sanitari nell’effettuazione della TAC né, comunque, potevano essere ipotizzate conseguenze dannose specificamente imputabili alla loro condotta;
II.a- che, infatti, il dedotto colpevole ritardo era escluso dalla circostanza che il paziente, risultato vigile e ben orientato all’esame clinico e con esame neurologico negativo, era classificabile come “soggetto con trauma a rischio evolutivo basso”, caratterizzato dal c.d. “intervallo libero” tra la lesione e la sua manifestazione, la quale si realizza e si aggrava con compressione encefalica solo successivamente; si versava, pertanto, in una situazione per la quale, secondo le Linee Guida, era indicata la sola osservazione clinica, senza prescrizione di alcun esame strumentale, che, ove eseguito nell’immediatezza, sarebbe verosimilmente risultato poco significativo;
II.b- che, in ogni caso, l’impossibilità di ipotizzare conseguenze dannose specificamente imputabili alla condotta dei sanitari, quand’anche reputata tardiva, derivava dall’ulteriore circostanza che, all’esito del risolutivo intervento chirurgico era residuata solo una “lieve sindrome soggettiva post traumatica del cranio”, ovverosia delle conseguenze di “modestissima entità”, che vi sarebbero state anche qualora l’accertamento dell’ematoma e la sua rimozione chirurgica fossero avvenuti in tempi più ristretti, nell’immediatezza dell’incidente;
II.c- che, infine, sotto tale specifico profilo, le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio non erano state contrastate dai rilievi del consulente di parte, il quale, mentre aveva affermato che l’intervento avrebbe dovuto essere eseguito immediatamente (con ciò ribadendo il carattere negligente del ritardo nell’esecuzione della TAC), tuttavia non aveva attribuito “alla sindrome soggettiva, ed all’insulto cicatriziale dovuto all’ematoma, una percentuale di aggravamento … riconducibile al mero ritardo” dei sanitari dell’Ospedale di C, né aveva fornito “alcun dato da cui desumere che quella sindrome non vi sarebbe stata … o vi sarebbe stata in misura minore”.
3. Per la cassazione della sentenza della Corte catanzarese ricorre Vo.To., sulla base di quattro motivi.
Risponde con controricorso l’Azienda Sanitaria Provinciale di C, la quale, oltre a resistere nel merito al ricorso, eccepisce preliminarmente la nullità della procura posta in calce allo stesso, per mancanza del carattere di specialità, ex art. 365 cod. proc. civ.
Non svolge difese in sede di legittimità la Società Re.Mu..
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis. 1, cod. proc. civ.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
La sola parte ricorrente ha depositato memoria.
CTU e attività durante la sospensione feriale
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare, va disattesa l’eccezione di nullità della procura per il ricorso per cassazione per asserito difetto di specialità, rilasciata da Vo.To.: nell’atto, posto in calce al ricorso, è specificamente indicato, infatti, che il difensore veniva officiato affinché difendesse il ricorrente “nei confronti della A.S.P. di C , già ASL n. 3 di R, nonché della Società Re.Mu. avverso la sentenza n. 1449/2021”.
Al riguardo va ribadito, in conformità ad un principio affermato da questa Corte nel suo massimo consenso, che, in tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, terzo comma, cod. proc. civ., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (Cass., Sez. Un., 19/01/2024, n. 2075).
2. Passando al merito del ricorso, con il primo motivo viene denunciata la “Nullità della sentenza per omessa motivazione ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.”.
Il ricorrente censura la pronuncia d’appello per non avere “adeguatamente motivato l’adesione al parere del ctu né verificato l’attendibilità delle contrarie deduzioni espresse con la ctp e nell’atto di citazione in appello”.
Osserva che il CTP aveva contestato le valutazioni formulate dal CTU, osservando: 1) che l’ematoma sarebbe stato presente sin dal principio con conseguente sua immediata rilevabilità a mezzo TAC; 2) che, infatti, il c.d. “intervallo libero” sarebbe “prettamente sintomatologico”, talché, nelle 48 ore successive al trauma, si collocherebbe, “non l’insorgenza della malattia, già esistente e coeva al sinistro”, ma “la recrudescenza della sintomatologia ad essa connessa”; 3) che, inoltre, il trauma occorso a Vo.To., in ragione delle modalità e circostanze del sinistro, sarebbe stato classificabile, secondo le Linee Guida Nazionali, non quale “trauma a rischio evolutivo basso” (come erroneamente ritenuto dal CTU), bensì quale trauma a “rischio evolutivo intermedio”; 4) che, in relazione a tale tipologia di traumi, le stesse Linee Guida nazionali prescriverebbero non già la mera osservazione clinica, bensì anche l’esecuzione di una TAC del cranio durante le prime sei ore successive al trauma.
Richiamate le osservazioni del CTP – ed evidenziato che le stesse erano state riproposte con l’atto di appello – il ricorrente si duole che la Corte territoriale non le abbia tenute in considerazione senza adeguatamente motivare sulle ragioni per le quali ha invece “aderito alla diversa impostazione del ctu”.
Con il secondo motivo viene denunciato l’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. sul punto rappresentato dall’inquadramento del rischio evolutivo del trauma secondo la prognosi imposta dalle linee guida nazionali”.
Il ricorrente lamenta che “il Giudice dell’Appello ha omesso totalmente di esaminare la questione – sollevata dall’appellante – dello scorretto inquadramento della malattia, eseguito dal ctu nel gruppo dei traumi a rischio evolutivo basso piuttosto che in quello dei traumi a rischio evolutivo intermedio, per i quali le Linee Guida nazionali impongono l’esecuzione di una tac nelle sei ore immediatamente successive al sinistro”.
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2.1. Il primo e il secondo motivo – da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione – sono inammissibili.
2.1.a. Anzitutto, va rammentato che in seguito alla riformulazione del numero 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012), per un verso, il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al minimo costituzionale, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione e sempre che la grave lacuna motivazionale emerga dal testo della senza impugnata e non dal confronto con altri atti e risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, RRvv. 629830 e 629833 e succ. conformi); per altro verso, il “fatto” di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi della norma sopra citata, deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (ovverosia, un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del diritto azionato) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dell’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053, cit.; Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass. 29/10/2018, n. 27415).
Pertanto, non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma richiamata, l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; del pari, la critica concernente l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio non può ricomprendere “questioni” o “argomentazioni”, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 06/09/2019, n. 22397; Cass. 18/10/2018, n. 26305).
Alla luce dei richiamati principi, vanno evidentemente ritenuti inammissibili sia il primo che il secondo motivo: l’uno per aver dedotto, nella sostanza, il vizio di insufficienza della motivazione (per non essere stata “adeguatamente” motivata l’adesione al parere del CTU), senza dedurre la sussistenza di alcuna delle gravi lacune che sole consentono il sindacato di legittimità della motivazione della sentenza di merito; l’altro per aver censurato, non già l’omesso esame di un fatto storico decisivo e discusso, bensì l’argomentazione diretta a sorreggere il giudizio medico-legale circa l’inquadramento del trauma subìto da Vo.To. tra quelli a basso rischio evolutivo.
2.1.b. Con particolare riguardo al secondo motivo, poi, va evidenziato che esso trova una ulteriore ragione di inammissibilità nella preclusione di cui all’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis (ma la disposizione ha trovato continuità normativa nel nuovo art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n.149 del 2022), la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. “doppia conforme”); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. “doppia conforme” in facto, sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ha l’onere – nella specie non assolto – di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994).
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2.1.c. Non può sottacersi, infine, che se le illustrate ragioni di inammissibilità non ne avessero precluso la delibazione nel merito, i motivi in esame sarebbero risultati anche infondati.
Non è vero, infatti, che la Corte territoriale non abbia tenuto conto delle osservazioni del CTP; piuttosto, essa ha correttamente osservato che tali osservazioni erano idonee a contestare soltanto la prima delle due rationes poste a fondamento del giudizio di irresponsabilità dei sanitari dell’Ospedale di C (ossia, la ragione fondata sull’esclusione del colpevole ritardo nell’effettuazione della TAC), ma non anche la seconda, fondata sulla non ipotizzabilità, in ogni caso, di conseguenze dannose causalmente riconducibili alla loro condotta, quand’anche reputata negligente; ciò, in quanto il CTP, pur rimproverando, per le dette ragioni, ai sanitari dell’ospedale di C di non aver consentito l’esecuzione della TAC e dell’intervento chirurgico nell’immediatezza dell’incidente, tuttavia non aveva individuato una percentuale di aggravamento della patologia sofferta dal danneggiato specificamente ascrivibile al detto ritardo, né aveva fornito dati da cui desumere che, nell’ipotesi di immediata esecuzione della TAC e del susseguente intervento chirurgico diretto alla rimozione dell’ematoma, non si sarebbe determinata – o si sarebbe determinata in misura minore – l’unica conseguenza di cui, unitamente all’insulto cicatriziale, Vo.To. appariva portatore, ovverosia la lieve sindrome soggettiva post-traumatica del cranio.
I primi due motivi, pertanto, vanno dichiarati inammissibili.
3. Con il terzo motivo viene denunciata la “violazione e falsa applicazione degli artt. 194, comma 2 c.p.c. e 90 comma 1 disp. att. c.p.c., nonché dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
La sentenza d’appello è censurata per avere indebitamente applicato alla fattispecie del differimento delle operazioni peritali il principio giurisprudenziale che esonera il CTU dall’obbligo di indicare la data, l’ora e il luogo del loro svolgimento; principio da reputarsi dettato unicamente con riguardo alla diversa fattispecie della prosecuzione delle dette operazioni.
Il ricorrente osserva che, alla stregua di tale principio, deve reputarsi nulla la consulenza tecnica d’ufficio eseguita senza comunicazione alle parti della data, dell’ora e del luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre il CTU, dopo avere dato tale comunicazione (eventualmente, già nel verbale redatto all’udienza di conferimento dell’incarico), non è tenuto a comunicare anche la data della loro prosecuzione, incombendo sulle parti l’onere di informarsi sul prosieguo delle stesse.
Deduce che, nel caso di specie, tale principio sarebbe stato indebitamente applicato ad una fattispecie diversa da quella a cui si riferisce, in quanto il CTU, ricevuto l’incarico all’udienza del 26 maggio 2010, aveva dichiarato al relativo verbale che le operazioni sarebbero iniziate il successivo 21 giugno 2010, alle ore 17.00, presso il poliambulatorio “Vi.Bi.”, sito a Lecce, ma aveva poi rinviato tale incombente ad altra data, senza darne comunicazione né al suo difensore né al CTP; le operazioni peritali si erano poi svolte in data 4 agosto 2010, alle ore 16.00, presso la predetta Casa di Cura, ed erano da considerarsi invalide proprio in ragione della mancata comunicazione del loro svolgimento.
Con il quarto motivo viene denunciata la “violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 195, comma 3 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
CTU e attività durante la sospensione feriale
La sentenza impugnata è censurata per avere reputato irrilevante che le operazioni peritali si erano svolte durante il periodo di sospensione feriale dei termini processuali.
Il ricorrente sostiene che tale circostanza avrebbe invece inficiato di nullità la consulenza tecnica per violazione del diritto di difesa e al contraddittorio e cita, a conforto, la pronuncia di questa Corte n. 18522 del 2018.
3.1. Il terzo e il quarto motivo – da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione – sono manifestamente infondati.
3.1.a. La sentenza impugnata ha disatteso l’eccezione di nullità della CTU, evidenziando che all’udienza di conferimento dell’incarico il consulente nominato aveva indicato la data di inizio delle operazioni peritali, che era stata annotata a verbale ed era dunque da reputarsi conosciuta dalle parti e dai loro consulenti; a tale data, le operazioni era state dunque avviate alla presenza della parte ed erano state poi “rinviate per prosecuzione” ad altra data.
Ciò evidenziato, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che il CTU non era obbligato a dare avviso di tale ulteriore data, in piena conformità al principio – reiteratamente affermato da questa Corte -per cui il consulente tecnico, ai sensi dell’art. 194, secondo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 90, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., deve dare comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre analogo obbligo di comunicazione non sussiste quanto alle indagini successive, incombendo sulle parti l’onere di informarsi sul prosieguo di queste al fine di parteciparvi (Cass. n. 4271/2004, Cass. n. 18598/2008, Cass. n. 6195/2014, Cass. n. 22615/2020).
Al riguardo, appare pretestuoso l’argomento fondato sulla distinzione tra prosecuzione e differimento delle operazioni peritali, in quanto la ratio del principio risiede nel rilievo che le parti, per essere messe in condizione di partecipare a tali operazioni, devono ricevere la comunicazione del tempo e del luogo in cui esse avranno inizio, sicché, una volta che in tale data e in tale luogo esse operazioni siano state, anche solo formalmente, avviate, prima di essere differite ad altra data, le parti devono reputarsi già informate del tempo e del luogo della loro prosecuzione.
La lesione autoevidente delle potenzialità di difesa, valutata ex ante ed in via preventiva dal legislatore, dalla quale consegue la nullità della consulenza, deriva dall’omesso coinvolgimento della parte, quando sia mancata qualunque comunicazione sia del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni del consulente sia di quelli della relativa prosecuzione (Cass. n. 26304/2020), ma l’omessa informazione del tempo e del luogo della prosecuzione, ove siano stati comunicati quelli di inizio delle indagini, resta irrilevante.
3.1.b. Del pari irrilevante è la circostanza che le operazioni peritali (recte: una parte di esse) si fossero volte – il 4 agosto 2010 – allorché erano sospesi i termini processuali per il periodo feriale.
Da un lato, deve reputarsi corretta l’affermazione della Corte di merito, secondo cui la sospensione dei termini concerne il compimento degli atti processuali e non le attività materiali prodromiche alla redazione della relazione di consulenza tecnica; dall’altro lato, appare non pertinente il richiamo del ricorrente ai principi enunciati da Cass. n. 18522/2018.
Con tale pronuncia questa Corte ha affermato il principio secondo cu i “in tema di consulenza tecnica d’ufficio, poiché lo svolgimento delle relative operazioni inerisce ad attività processuale, il giudice non può fissare i termini di cui all’art. 195, comma 3, c.p.c. in modo che ricadano durante il periodo di sospensione feriale, se il processo è soggetto alla detta sospensione e salva rinuncia delle parti ad avvalersi di essa, non potendo operare, peraltro, la proroga automatica degli stessi termini, in modo da rispettare la sospensione, in quanto non prevista l’integrazione di un atto compiuto dal giudice e con il quale abbia disconosciuto l’efficacia della sospensione feriale. L’atto adottato in violazione della sospensione è affetto da nullità soltanto nel caso in cui l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa con riflessi sulla decisione di merito, che, nel caso di atto adottato in udienza, a pena di decadenza e conseguente sanatoria, deve essere eccepita in udienza dalla parte presente o che avrebbe dovuto esservi, atteso che quella sede rappresenta, ex art. 157, comma 2, c.p.c., la prima difesa possibile”.
Alla stregua di questo principio, al di là della subordinazione della rilevabilità della nullità dell’atto processuale all’assoluzione, ad opera della parte interessata, non solo dell’onere processuale di formulare l’eccezione nella prima istanza o difesa ad esso successiva, ma anche di quello sostanziale di dimostrare una lesione effettiva del diritto di difesa (onere, nella specie, non assolto), l’invalidità della consulenza tecnica postula che durante il periodo di sospensione feriale vengano fissati tutti o almeno uno dei tre termini stabiliti dall’art. 195 cod. proc. civ. (ossia, quello entro il quale la relazione deve essere trasmessa dal CTU alle parti, quello in cui le parti devo trasmettere al CTU le proprie osservazioni e quello in cui il CTU deve depositare la relazione medesima), mentre resta irrilevante che durante il detto periodo di sospensione si siano svolte le attività materiali (ad es. la visita del periziando nella CTU medico-legale) prodromiche alla redazione della relazione.
CTU e attività durante la sospensione feriale
I motivi in esame vanno, dunque, rigettati.
4. In definitiva, il ricorso va complessivamente rigettato, per essere inammissibili i primi due motivi e infondati il terzo e il quarto.
5. Le spese del giudizio di legittimità concernenti il rapporto processuale tra il ricorrente e la controricorrente Azienda Sanitaria Provinciale di C seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Non vi è luogo a provvedere su quelle concernenti il rapporto processuale tra il ricorrente e l’intimata compagnia assicurativa, che non ha svolo difese in sede di legittimità.
6. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
7. Ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e delle altre persone di cui si fa menzione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna Vo.To. a rimborsare alla Azienda Sanitaria Provinciale di C le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e delle altre persone in esso menzionate.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 27 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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