Il vizio di nullita’ assoluta pignoramento attiene ad un atto del processo, e non al diritto di azione

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10945

La massima estrapolata

Il vizio di nullita’ assoluta pignoramento attiene ad un atto del processo, e non al diritto di azione, sicche’ anche quando si assuma che esso rende assolutamente incerto il bene pignorato (e quindi l’atto inidoneo a far pervenire il processo esecutivo al suo scopo con l’espropriazione del bene), il giudizio di opposizione nel quale si dibatte di tale vizio e’ soggetto alla disciplina dell’opposizione agli atti esecutivi, fatta eccezione per la preclusione derivante dalla decorrenza del termine dell’articolo 617 c.p.c.

Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10945

Data udienza 8 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7485/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso la Signora (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
(OMISSIS) SPA, nella qualita’ di procuratore della (OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA; (OMISSIS) SRL, in proprio; (OMISSIS) SAS; (OMISSIS) SCARL; (OMISSIS) SPA, (OMISSIS); (OMISSIS); INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1005/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 20/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

RAGIONI DI FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono dieci motivi di ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 1005 del 2016, depositata il 21.12.2016 dalla Corte di Appello di Cagliari, notificata il 13.1.2017, che, a conferma della sentenza del tribunale, rigettava la loro opposizione di terzo all’esecuzione nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., INAIL, (OMISSIS) s.p.a., INPS, (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. in proprio, (OMISSIS) s.a.s., (OMISSIS) a r.l., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS), proposta per far dichiarare la nullita’ di diversi pignoramenti trascritti nei loro confronti (avendo il primo giudice ritenuto infondato il motivo di Opposizione con il quali i (OMISSIS) avevano sostenuto che gli atti di pignoramento non consentissero l’individuazione della reale natura e consistenza dei beni assoggettati a vincolo).
La corte d’appello ha rigettato il gravame, affermando che e’ pacifico che i pignoramenti immobiliari siano caduti su mappali catastali soppressi, il che pero’, come gia’ argomentato dal tribunale, non ha comportato la loro invalidita’ ne’ quella delle note di trascrizione potendosi risalire all’esatta identificazione dei beni aggrediti in via esecutiva con l’ausilio di certificazioni e visure storiche catastali; ha condannato gli appellanti al pagamento delle spese di giudizio in favore degli appellati.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli articoli 376, 380 bis e 375 c.p.c., sulla base di una proposta nel senso della inammissibilita’ del ricorso per tardivita’.
Il Collegio, previa discussione in Camera di consiglio, esaminata la memoria depositata dai ricorrenti, non ha condiviso la proposta del relatore, in quanto da una ulteriore verifica risulta che il ricorso per cassazione e’ stato effettivamente passato per la notifica l’ultimo giorno utile, ovvero il 14 marzo 2017.
Passando all’esame del merito, il ricorso presenta questioni analoghe a quelle gia’ risolte con l’ordinanza n. 21379 del 2017 relativa ad altra opposizione di terzo all’esecuzione proposta, nei confronti degli odierni controricorrenti, da (OMISSIS).
Per come si evince dal ricorso, con l’atto di opposizione depositato nelle procedure esecutive immobiliari riunite, pendenti nei loro confronti, i debitori esecutati (OMISSIS) hanno dedotto la nullita’ assoluta dei pignoramenti per violazione del combinato disposto degli articoli 555 e 2826 c.c.; si evince altresi’ dal ricorso che, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito, i (OMISSIS) hanno concluso, oltre che per la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo per mancato deposito della documentazione ipocatastale, per l’accertamento e la dichiarazione di nullita’ dei pignoramenti; ancora, risulta che, con la sentenza di primo grado, e’ stato escluso che i pignoramenti fossero nulli per incertezza assoluta dei beni che ne erano oggetto, in quanto il giudice ha ritenuto identificabili i beni pignorati sulla base delle vicende desumibili dai certificati storico-catastali; e’ stato altresi’ affermato dal Tribunale che “ogni ulteriore vizio dell’atto di pignoramento dal quale non possa derivare l’assoluta inidoneita’ funzionale del pignoramento avrebbe dovuto essere fatto valere entro il termine di decadenza previsto dall’articolo 615 c.p.c.”; conseguentemente l’opposizione e’ stata rigettata; il Tribunale non ha qualificato il vizio addotto dagli opponenti per sostenere la nullita’ dei pignoramenti come riconducibile al disposto dell’articolo 97 c.p.c.; gli argomenti spesi dai ricorrenti nella memoria depositata, volti a sostenere il contrario non colgono infatti nel segno: il contenuto della sentenza di primo grado (la cui lettura e’ consentita a questa Corte perche’ e’ in discussione un error in procedendo) e’ tale che in nessun punto della motivazione si riscontra la qualificazione esplicita o implicita della opposizione come opposizione all’esecuzione; non vi e’ alcuna parte della sentenza dedicata a risolvere espressamente la questione della qualificazione dell’opposizione; vi e’ soltanto il passaggio di chiusura sopra testualmente riportato che non appare affatto sufficiente a farne desumere la qualificazione (implicita) di opposizione all’esecuzione perche’ esso si limiti a contrapporre gli altri vizi dedotti dall’opponente al vizio di nullita’ del pignoramento, al solo scopo di affermare che, mentre per gli altri e’ valido il termine di venti giorni dell’articolo 617 c.p.c., questo termine non varrebbe (come appresso si dira’), per il vizio che determini l’incertezza assoluta in merito al bene pignorato, che si assuma percio’ non vendibile; a tutto voler concedere si tratterebbe comunque di indicazione del tutto generica o ambigua (come quella ricavabile dall’indicazione dell'”oggetto” del giudizio, contenuta nell’epigrafe della sentenza) che, cosi’ come la qualificazione mancante, ne avrebbe imposto la delibazione d’ufficio da parte del giudice dell’appello, onde verificare l’ammissibilita’ dell’impugnazione (cfr., tra le altre, anche, in motivazione, Cass. ord. n. 13758/14, citata in memoria); infatti, si sarebbe dovuto applicare il principio per il quale l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioe’ con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta effettuata dal giudice “a quo”, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti; tuttavia, occorre altresi’ verificare se il giudice “a quo” abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta, o se abbia compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione meramente generica. In tal caso, ove si ritenga che il potere di qualificazione non sia stato esercitato dal giudice “a quo”, esso puo’ essere legittimamente esercitato dal giudice “ad quem”, e cio’ non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilita’ stessa dell’impugnazione (cosi’ Cass. n. 26919/09 ed altre successive, tra cui Cass. ord. n. 13758/14 cit. e le altre ivi richiamate); la Corte d’appello di Cagliari, a sua volta, non si e’ occupata affatto della qualificazione dell’opposizione ai fini dell’ammissibilita’ dell’appello e nulla ha statuito su tale punto (sicche’ e’ da escludere che su questo si sia formato giudicato interno); essa si e’ limitata ad affermare che solo la nullita’ “assoluta ed insanabile” dei pignoramenti ne comportava la rilevabilita’ anche oltre il termine dell’articolo 617 c.p.c., per l’inidoneita’ funzionale dell’atto; cosi’ decidendo, la Corte si e’ espressa si’ sull’eccezione di “decadenza” sollevata dagli appellati, ma solo in riferimento all’operativita’ o meno del termine – di decadenza appunto -, fissato dall’articolo 617 c.p.c. (che, come si dira’, e’ questione del tutto diversa da quella della qualificazione dell’opposizione come opposizione all’esecuzione); a tutto voler concedere, ancora una volta si e’ in presenza di un’ambiguita’ del giudice a quo in punto di qualificazione, che impone a questa Corte di verificare d’ufficio, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., u.c., previa qualificazione dell’opposizione dei (OMISSIS), se l’appello fosse ammissibile; la verifica d’ufficio si rende necessaria, in quanto, in caso di inammissibilita’ del gravame, sarebbe passata in giudicato la sentenza di primo grado; riguardo al disposto dell’articolo 382 c.p.c., u.c., e’ infatti principio di diritto presente nella giurisprudenza di questa Corte, che si intende qui ribadire, quello per il quale la Corte di cassazione puo’ rilevare d’ufficio una causa di inammissibilita’ dell’appello, che il giudice del merito non abbia provveduto a riscontrare, cassando senza rinvio la sentenza di secondo grado (cosi’ Cass. n. 24047/09, in un caso in cui il giudice di appello, investito erroneamente di censure relative alla sentenza pronunciata su opposizione agli atti esecutivi, aveva omesso di dichiarare inammissibili i motivi di gravame relativi alle dette censure; cfr., in senso conforme, tra le altre, anche Cass. n. 15405/10, n. 25209/14 e n. 674/16).
Riguardo alla qualificazione dell’azione, si rileva che il vizio dedotto dall’opponente, attenendo alla validita’ dell’atto di pignoramento, e’ deducibile con opposizione agli atti esecutivi, dovendo essere cosi’ qualificata qualsivoglia ragione di opposizione che riguardi la regolarita’ formale degli atti esecutivi; l’atto di pignoramento e’, appunto, un atto esecutivo e la deduzione con la quale si assuma che lo stesso e’ nullo per mancata od incompleta identificazione del bene pignorato attiene alla sua regolarita’ formale; quindi, la deduzione di questo vizio non concerne il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata (nella cui contestazione si sostanzia invece l’opposizione all’esecuzione). Pertanto, sebbene si ritenga che la mancata od incompleta identificazione del bene pignorato, ove ne comporti l’incertezza assoluta, renda del tutto inidoneo allo scopo l’atto di pignoramento, la conseguenza e’ soltanto che la relativa deduzione non e’ soggetta al termine di venti giorni di cui al citato articolo 617 c.p.c., decorrente dalla data della notificazione dell’atto, potendo il vizio essere rilevato – con le modalita’ e nei limiti di cui appresso – fino a che non risulti che la vendita sia stata comunque possibile; trova applicazione il principio espresso gia’ da Cass. S.U. n. 11178/95 secondo cui “il processo esecutivo si presenta strutturato non gia’ come una sequenza continua di atti ordinati ad un unico provvedimento finale – secondo lo schema proprio del processo di cognizione – bensi’ come una successione di sub procedimenti, cioe’ in una serie autonoma di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi. Tale autonomia di ciascuna fase rispetto a quella precedente comporta che le situazioni invalidanti, che si producano nella fase che e’ conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita, sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo – mediante opposizione agli atti esecutivi proponibile anche dopo che detta ordinanza e’ stata pronunciata o d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, in deroga all’espresso dettato dell’articolo 569 c.p.c. – solo in quanto impediscano che il processo consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cioe’ l’espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori, mentre ogni altra situazione invalidante, di per se’ non preclusiva del conseguimento dello scopo del processo, deve essere eccepita con opposizione agli atti esecutivi nei termini di decadenza disposti dal menzionato articolo 569 c.p.c.)”; il regime processuale che consegue all’applicazione di questo principio non muta certo la natura dell’opposizione, che resta un’opposizione agli atti esecutivi regolata dagli articoli 617 e 618 c.p.c.; cio’ che fa eccezione e’ soltanto la decorrenza del termine per proporre l’opposizione: questa e’, infatti, proponibile avverso ogni atto successivo dell’esecuzione, in quanto il vizio e’ tale che non ammette sanatoria perche’, in ipotesi, impedisce di pervenire alla vendita del bene, cioe’ all’esito fisiologico del processo esecutivo (cfr. Cass. n. 20814/09); con la precisazione, peraltro, che l’opposizione agli atti esecutivi (articolo 617 c.p.c.) si risolve in una contestazione relativa a singoli atti che la legge considera indipendenti, alla quale, pertanto, e’ estranea la regola della propagazione delle nullita’ processuali indicata dall’articolo 159 c.p.c., operando tale principio anche per le cd. nullita’ insanabili – quale e’ quella qui in discorso – che debbono essere fatte valere nel termine di decadenza per l’opposizione con riferimento al singolo atto esecutivo che percio’ si assume viziato, atteso che la finalita’ del processo esecutivo di giungere ad una sollecita chiusura della fase espropriativa non tollera che esso possa trovarsi in una situazione di perenne incertezza (cosi’ a ultimo, Cass. n. 14449/16).
Il vizio di nullita’ assoluta pignoramento attiene ad un atto del processo, e non al diritto di azione, sicche’ anche quando si assuma che esso rende assolutamente incerto il bene pignorato (e quindi l’atto inidoneo a far pervenire il processo esecutivo al suo scopo con l’espropriazione del bene), il giudizio di opposizione nel quale si dibatte di tale vizio e’ soggetto alla disciplina dell’opposizione agli atti esecutivi, fatta eccezione per la preclusione derivante dalla decorrenza del termine dell’articolo 617 c.p.c. (da intendersi operante nei limiti fissati dalla sentenza a S.U. n. 11178/95, come sopra interpretata); orbene, l’appello avverso la sentenza pronunciata in seguito ad opposizione agli atti esecutivi e’ inammissibile ex articolo 618 c.p.c. e tale avrebbe dovuto essere dichiarato nel caso di specie.
Decidendo sul ricorso, va percio’ dichiarato che l’appello non avrebbe potuto essere proposto e la sentenza d’appello va cassata senza rinvio, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., u.c., dandosi dato atto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.
Le spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si pongono a carico dei ricorrenti (OMISSIS) liquidate come da sentenza di appello per il giudizio di secondo grado (trattandosi di importi, sotto specificati, conformi a diritto) e come da dispositivo per il giudizio di cassazione (per quest’ultimo soltanto nei confronti dei resistenti che hanno notificato controricorso, specificati in dispositivo).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, dichiara, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., u.c., che l’appello non avrebbe potuto essere proposto; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna i ricorrenti (OMISSIS) al pagamento delle spese del giudizio di appello in favore degli appellati costituiti (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) spa nella sua qualita’ di mandataria del (OMISSIS), di (OMISSIS) SCPA, quale mandataria di Societa’ per la gestione attivita’ (OMISSIS) s.p.a., liquidate per ciascuno in Euro 6.615,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali nella misura del 15%; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida nell’importo di Euro 4.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, per ciascuno dei seguenti controricorrenti: – (OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.P.A., SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – (OMISSIS) S.P.A.. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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