Nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Corte di cassazione può essere redatta dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10941

La massima estrapolata

Nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Corte di cassazione (fintantoché innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico) può essere redatta dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore.

Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10941

Data udienza 30 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 26613/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1480/2016 della Corte d’appello di Palermo, depositata il 29/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/10/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

FATTO E DIRITTO

RITENUTO:
(OMISSIS) e (OMISSIS), danti causa degli odierni ricorrenti, convenivano innanzi al Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Castelvetrano, (OMISSIS), chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 351.190,70 ed accessori, costituente la quota di corrispettivo loro spettante per la vendita di un fondo di cui essi erano comproprietari. La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.
Il tribunale rigettava la domanda degli attori, che venivano condannati al pagamento delle spese processuali. Contro tale sentenza i (OMISSIS) proponevano appello, al quale resisteva la controparte. La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnazione e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del grado.
Tale sentenza e’ stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte degli eredi di (OMISSIS) e (OMISSIS), nel frattempo deceduti. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 380 bis c.p.c. (come modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1 bis, comma 1, lettera e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.
I ricorrenti hanno depositato successive memorie.
RITENUTO:
Il ricorso e’ inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che – ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena di improcedibilita’, dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli e’ stato notificato con modalita’ telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformita’ ai sensi della L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1 bis e 1 ter, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonche’ della relazione di notifica del provvedimento impugnato, allegati al messaggio (da ultimo: Sez. 6 – Ordinanza n. 30765 del 22/12/2017). In atti si rinviene una copia analogica della sentenza impugnata, la cui conformita’ all’originale telematico e’ asseverato dal difensore che aveva assistito i (OMISSIS) nel giudizio d’appello.
Tale attestazione deve essere ritenuta rituale, in quanto la L. n. 53 del 1994, citato articolo 9, non prescrive che l’attestazione di conformita’ debba essere sottoscritta dal medesimo difensore che assiste le parti nel grado di giudizio nel quale la copia analogica del documento digitale viene prodotta.
Invero, il potere di certificare la conformita’ della stampa cartacea all’originale digitale va ravvisato in capo al difensore che e’ munito di procura alle liti al momento in cui l’attestazione viene redatta.
In particolare, occorre distinguere a seconda che il difensore sia munito di procura generale o speciale. Nel primo caso lo ius postulandi viene meno solamente per effetto di espressa revoca del mandato difensivo. Nel secondo caso, ai sensi dell’articolo 83 c.p.c., u.c., la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non e’ espressa una volonta’ diversa, sicche’ i poteri rappresentativi del difensore si esauriscono nel momento in cui viene introdotto il grado successivo di giudizio con l’assistenza legale di un diverso avvocato. Consegue che, nell’uno quanto nell’altro caso, il difensore che ha assistito la parte nel grado di giudizio appena conclusosi, conserva il potere di estrarre copie analogiche dagli originali digitali presenti negli nei registri telematici di cancelleria, giacche’, pure nell’ipotesi piu’ restrittiva (cioe’ che egli sia munito di una procura speciale valevole solo per quel grado di giudizio) egli conserva la rappresentanza processuale della parte (ad esempio, anche ai fini dell’eventuale notificazione dell’impugnazione proposta da controparte) fintanto che il cliente non conferisca, per il grado successivo, il mandato alle liti ad altro difensore.
Va quindi affermato il seguente principio di diritto:
“In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilita’, dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformita’ della copia analogica predisposta per la Corte di cassazione (fintantoche’ innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico) puo’ essere redatta, ai sensi della L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1 bis e 1 ter, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimita’ ad un altro difensore”.
Cosi’ risolta la questione dell’attestazione di conformita’ all’originale della quale deve essere munita la sentenza impugnata, resta fermo il fatto che l’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, prescrive, a pena di improcedibilita’, la produzione anche della relata di notificazione. E qualora la sentenza d’appello venga notificata a mezzo PEC, l’attestazione di conformita’ prevista dalla L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1 bis e 1 ter, deve riguardare anche il messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonche’ la relazione di notifica del provvedimento impugnato allegata al messaggio.
Tale requisito difetta nel caso di specie. Ne’ puo’ considerarsi succedaneo dell’attestazione di conformita’ che avrebbe dovuto redigere l’avvocato che ha ricevuto la PEC, l’attestazione contenuta nella relata di notificazione predisposta dal notificante; quest’ultima, infatti, non riguarda i messaggi di posta elettronica certificata (che alla stessa sono ovviamente successivi), bensi’ il documento (la sentenza) che viene inviato in allegato.
La rilevata omissione e’ rilevante nel caso di specie, poiche’, in difetto di prova circa la data di decorrenza del termine di cui all’articolo 325 c.p.c., il ricorso risulta tardivamente proposto, avuto riguardo alla circostanza che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata il 29 luglio 2016, mentre il ricorso e’ stato passato per la notificazione in data 31 ottobre 2016 (lunedi’). Invero, non potendo tener conto a causa del difetto di attestazione di conformita’, della data in cui la sentenza impugnata e’ stata notificata ai ricorrenti, la prova “di resistenza” avrebbe dato esito favorevole solamente qualora il ricorso fosse stato comunque notificato nel rispetto del termine per impugnare “breve” di cui all’articolo 325 cod. proc. civ. a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza, ossia entro il 28 ottobre 2016 (venerdi’). In conclusione, il ricorso e’ inammissibile perche’ tardivo.
Le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico dei ricorrenti in solido, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono altresi’ i presupposti per l’applicazione della Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicche’ va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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