Ai fini della concessione del beneficio della continuazione del reato la ludopatia non è assimilabile alla tossicodipendenza. Anche se la cura della ludopatia è entrata tra le patologie inserite nei «livelli essenziali di assistenza», essa resta comunque non assimilabile, ai fini della concessione del beneficio della continuazione del reato, alla tossicodipendenza
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 2 maggio 2016, n. 18162
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere
Dott. BONITO Francesco Maria – Consigliere
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 58/2014 TRIBUNALE di NAPOLI, del 07/10/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOVIK ADET TONI;
lette le conclusioni del P.G. Dott. GALASSO Aurelio, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7 ottobre 2014 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da (OMISSIS), diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis, in relazione a sette sentenze oggetto del provvedimento di determinazione di pene concorrenti.
2. Osservava il giudicante, in adesione alla giurisprudenza di legittimita’, che mancava la prova della unicita’ del disegno criminoso trattandosi di reati di varia tipologia e non della stessa indole – calunnie, ricettazione, estorsioni, ingiuria e diffamazione -, commessi a notevole distanza temporale – tra il (OMISSIS) -. Escludeva di poter, come richiesto dal prevenuto, applicare in via analogica alla ludopatia di cui era affetto – attestata dalla documentazione prodotta – il regime previsto per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza. In ogni caso, rilevava che al riconoscimento di un unitario disegno criminoso, finalizzato a procurare denaro per soddisfare la dipendenza dal gioco, ostava il “rilevantissimo lasso di tempo trascorso tra la prima e l’ultima violazione”.
3. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), assistito dal difensore di fiducia.
Con un unico motivo lamenta violazione di legge in relazione all’omessa considerazione dello stato di ludopatia cronica da cui era affetto, attestata da perizia e da certificazione sanitaria del Sert, che consentiva l’applicazione analogica dell’articolo 81 c.p. e articolo 671 c.p.p.. L’ordinanza era inoltre contraddittoria e priva di motivazione non avendo preso in esame le deduzioni difensive che avevano evidenziato che i reati di cui ai nn. 1, 3, 4, erano relativi a reati di calunnia commessi nell’arco di due mesi in danno della stessa persona offesa, e che i reati di cui alle sentenze 5 e 6 erano stati commessi a distanza di un solo giorno l’uno dall’altro.
4. Il Procuratore generale ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata per aver omesso di verificare se all’interno dell’arco temporale indicato fossero rinvenibili disegni unitari parziali tra un numero limitato di reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni e nei limiti che seguono.
1.1. La richiesta di assimilazione della ludopatia alla tossicodipendenza nell’ottica dell’applicazione analogica dell’articolo 671 c.p.p. e’ destituita di fondamento. La modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale “status” puo’ essere preso in esame per giustificare la unicita’ del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Cass. pen., Sez. 1, 14/02/2007, n. 7190). La modifica indicata, quindi, non ha introdotto una prova legale, ma ha stabilito che tra i criteri di valutazione della continuazione non si puo’ prescindere dallo stato di tossicodipendenza che, notoriamente, impone al soggetto di porre in essere una serie di reati per procurarsi il denaro necessario a soddisfare i bisogni ad esso legati.
1.2. Anche se il Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, articolo 5, coordinato con la Legge di Conversione 8 novembre 2012, n. 189 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2012 n. 263, ha introdotto un programma di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza “con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, cosi’ come definita dall’Organizzazione mondiale della sanita’ (G.A.P.)”, pur potendo avere in comune con la tossicodipendenza la dipendenza dal gioco d’azzardo, non diversamente peraltro da altre situazioni che creano dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo e la cleptomania, la ludopatia affonda le proprie radici in aspetti della psiche del soggetto e non presenta, al momento attuale, quegli aspetti di danno, che l’esperienza ha dimostrato essere alla base dei comportamenti devianti cui, nell’ambito della discrezionalita’ legislativa, la modifica normativa sopra indicata ha inteso porre un rimedio. In definitiva, l’estensione dei livelli di assistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, ne’ consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia.
2. il ricorso e’ fondato per altro aspetto. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, di cui correttamente ha dato conto il giudice dell’esecuzione, l’elemento caratterizzante questo istituto va ravvisato nell’unicita’ del disegno criminoso, inteso quale scopo unitario dei singoli reati, la cui prova e’ a carico del richiedente, i quali, sulla base degli indici esteriori alla condotta posta in essere (quali l’omogeneita’ delle violazioni, la tipologia di reati commessi, il bene protetto, la modalita’ di commissione dei reati), si presentano come realizzazione di un programma, delineato – sia pure a grandi linee – ab initio nella mente del soggetto, intesa nel senso che, da quando si commette la prima violazione, le altre siano gia’ deliberate, per cui le singole manifestazioni della volonta’ violatrice della norma o delle norme esprimono l’attuazione, sia pur dilazionata nel tempo, di un unico intellettivo disegno criminoso.
2. Il giudice a quo pur avendo ritenuto significativo l’elemento cronologico, ha respinto l’istanza sul mero dato del tempo intercorso tra la prima e l’ultima violazione, omettendo di valutare se il vincolo poteva essere riconosciuto anche solo per gruppi di reati, secondo la espressa richiesta del condannato che aveva evidenziato che per i reati indicati al punto sub 3 del “fatto” potevano rinvenirsi gli indici del dato cronologico e dell’omogeneita’ del bene giuridico offeso. e’ necessario quindi che il giudice dell’esecuzione esamini nuovamente l’istanza di (OMISSIS) e formuli il motivato giudizio applicando il principio che il vincolo puo’ essere riconosciuto anche in relazione a singole sentenze o gruppi di sentenze.
3. Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza in esame va cassata con rinvio al tribunale di Napoli in diversa composizione, per nuovo esame che tenga conto dei rilievi motivazionali innanzi esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.
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