Corte di Cassazione, sezione VI civile, sentenza 12 maggio 2016, n. 9707.

In tema di radiofonia mobile, l’abrogazione dell’art. 318 del dpr n.156/1973ad opera dell’art. 218 del dlgs. N.259/2003 non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del telefono cellulare alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al dpr n.641/1972, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del dlgs. n.259 cit. Va esclusa una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio rice-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso al D.Lgs. 259 cit. e quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio alD.Lgs. n.269/2001, sicché, il rinvio di carattere non recettizio operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito all’art. 160 della nuova normativa. In ogni caso l’applicabilità di siffatta tassa non è in contrasto con la disciplina comunitaria

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile
sentenza 12 maggio 2016, n. 9707

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1100-2014 proposto da:

COMUNE di FONZASO, (OMISSIS), COMUNE SAN ATEO DI CADORE (OMISSIS), COMUNE BORCA DI CADORE (OMISSIS), COMUNE QUERO (OMISSIS), COMUNE SOVRAMONTI (OMISSIS), COMUNE OSPITALE DI CADORE (OMISSIS), COMUNE CIBIANA DI CADORE (OMISSIS), COMUNE ALANO DI PIAVE (OMISSIS), COMUNE FELTRE (OMISSIS), COMUNE PIEVE DI CADORE (OMISSIS), in persona dei rispettivi Sindaci, elettivamente domiciliati in Roma PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta mandato a margine delle pagine 1, 3, 5, 7, 9, 11, 13, 15, 17, 19, del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 59/18/201.3 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del Veneto, del 22/03/2013 depositata il 24/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Elio Vitale (delega avvocato (OMISSIS)) difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti.

IN FATTO

I Comuni di Alano di Piave, Neltre, Fonzaso, Quero, Sovramonte, Ospitale di Cadore, Pieve di Cadore, San Vito di Cadore, Borea di Cadore e Cibiana di Cadore, in persona dei rispettivi Sindaci p.t. propongono ricorso per cassazione, affidato a sei motivi (oltre a questione di legittimita’ costituzionale), nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del Veneto n. 59/18/2013, depositata in data 22/03/2013, con la quale – in controversie concernenti le impugnazioni dei dinieghi opposti dall’Amministrazione finanziaria ad istanze dei Comuni contribuenti di rimborso delle tasse di concessione governativa versate dal 2006 al 2008, assumendo i contribuenti, essenzialmente, la non debenza della tassa per la telefonia mobile, per intervenuta abrogazione tacita ad opera del Decreto Legislativo n. 259 del 2003, – sono state riformate sei decisioni di primo grado, che avevano accolto i ricorsi dei contribuenti.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere i gravami riuniti dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che il Decreto Legislativo n. 259 del 2003non ha operato alcuna abrogazione della normativa previgente, cosicche’ l’abbonamento al gestore telefonico sostituisce la licenza di stazione radio, realizzando il presupposto impositivo di applicazione della tassa di concessione dovuta sui cellulari, ai sensi dell’articolo 21 della tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972.

Chiamata la causa all’udienza pubblica del 5/03/2015, la stessa veniva rinviata a N.R. in attesa di pronuncia della Corte di Giustizia UE e quindi trattenuta in decisione alla successive udienza del 6/04/2016.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

IN DIRITTO

1. I ricorrenti lamentano, con i primi quattro motivi, la violazione dell’articolo 21 Tariffa annessa Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, Decreto Legislativo n. 259 del 2003, articolo 160, articoli 3, 23 e 97 Cost., Decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, articolo 318,Decreto Legge n. 151 del 1991, articolo 3 e Decreto Ministeriale n. 33 del 1990, articolo 3, 15 preleggi.

Con il quinto motivo, gli stessi Comuni denunciano la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, articolo 1 e articolo 21 della Tariffa allegata, articolo 114 Cost., riguardo al profilo del difetto di legittimazione passiva dei Comuni rispetto alla tassa in oggetto.

Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano anche la violazione dei principi generali dell’ordinamento, sempre ex articolo 360 c.p.c., n. 3, assumendo che, con l’entrata in vigore del Codice delle Telecomunicazioni, il servizio di gestione di telefonia e’ dato da soggetto privato e non dallo Stato, con conseguente venire meno della controprestazione dello Stato, necessaria per la giustificazione della tassa.

Infine, i ricorrenti svolgono una questione di illegittimita’ costituzionale della normativa in esame (nell’ipotesi in cui si consideri tuttora vigente la tassa di concessione governativa), per violazione dell’articolo 3 Cost..

2. Le censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono infondate.

2.1. La questione di diritto proposta dal ricorso e’ stata definita dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n.9560/2014, ove si e’ affermato che, in tema di radiofonia mobile, l’abrogazione del Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1973, n. 156, articolo 318, ad opera del Decreto Legislativo 1 agosto 2003, n. 259, articolo 218, non ha fatto venire meno l’assoggettabilita’ dell’ uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’articolo 21 della tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione e’ riprodotta nell’articolo 160 Decreto Legislativo n. 259 cit..

Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa, introdotta con il Decreto Legge 24 gennaio 2014, n. 4, articolo 2, comma 4, conv. con modif. in L. 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione (“Per gli effetti dell’articolo 21 della Tariffa annessa al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, le dipositioni dell’articolo 160 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al Decreto Legislativo 10 agosto 2003, n. 259, richiamate dal predetto articolo 21, si interpretano nel senso che per stazioni radioelettriche si intendono anche le apparecchiature terminali per il servitu’ radiomobile terrestre di comunicazione”) – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio rice-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al Decreto Legislativo 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al Decreto Legislativo 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicche’ il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’articolo 160 della nuova normativa (p ar.7.2: “Non appare giustificato sostenere sul piano normativo che la tassa di concessione governativa sui telefonini sia da ritenere abrogata per il solo fatto che il codice delle comunicazioni non disciplini piu’ l’uso dei terminali radiomobili di comunicazione (cioe’ i telefonini)”).

Ne’, in ogni caso, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, l’applicabilita’ di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria (la direttiva 2002/19/CE, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime (cd. “direttiva accesso”); la direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (cd. “direttiva autorizzazioni”); ladirettiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo cOmune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (cd. “direttiva quadro”); ladirettiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (cd. “direttiva servizio universale”); la direttiva 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica; le prime tre di queste direttive sono state modificate dalla direttiva 2009/140/CE e tutte tali direttive sono state attuate nell’ordinamento giuridico italiano dal Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al Decreto Legislativo n. 259 del 2003, poi modificato, in attuazione della citata direttiva 2009/140/CE, dalDecreto Legislativo n. 70 del 2012), attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilita’ affermata dalla Corte di giustizia Secondo la Corte di Lussemburgo (par.7.3.2 della pronuncia S.U. di questa Corte), infatti, il quadro normativo comunitario espresso dalle direttive suddette “non osta ad una norma nazionale che preveda un tributo come la tassa di concessione governativa” (Corte giust. 15.12.2010, in causa C-492/09; Corte giust. 27.6.2013, in causa C-71/12; Corte giust. 12.12.2013, in causa C335/13).

Questa Corte ha altresi’ affermato, nella suddetta pronuncia, che: 1) “il riferimento contenuto nell’articolo 21 della tariffa allegata Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 all’articolo 318 del “codice postale” deve intendersi attualmente riferito al Decreto Legislativo n. 259 del 2003, articolo 160, stante il carattere “formale” e non “recettizio” del rinvio operato dalla regola tariffari” (par. 8.1.1.); 2) attraverso un continuum normativo – Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, Decreto Ministeriale 3 agosto 1985, articolo 318, Decreto Ministeriale 13 febbraio 1990, n. 33, Decreto Legge 13 marzo 1991, n. 151, articolo 3 – “la disciplina dei telefoni cellulari con riferimento all’applicabilita’ della tassa di concessione governativa emerge come necessitato sviluppo della disciplina delle stazioni radioelettriche” (p. 8.3); 3) “una interpretazione delle norme delDecreto Legislativo n. 259 del 2003 da cui si facesse discendere un’attuale inapplicabilita’ della tassa di concessione governativa sui telefonini sarebbe incompatibile con la disposizione di cui all’articolo 219 del codice delle comunicazioni (par. 8.5); 4) avuto riguardo alla disciplina comunitaria (Direttive 5/1999 e 21/2002), “tra radio e telefoni non c’e’ una distinzione in relazione alla fonte regolatrice, bensi’ solo in relazione all’attivita’: nel senso che la direttiva n. 5 199 ed il Decreto n. 269 del 2001 si occupano delle specifiche tecniche sia delle radio che dei telefoni; mentre la direttiva n. 21 / 02 ed il Decreto n. 259 del 2003 si occupano delle reti e delle relative autorizzazioni di esercizio sia per le radio, sia peri telefoni” (par.8.4.1); 5) il Decreto Legge n. 4 del 2014, articolo 2, comma 4, non ha portata innovativa e non interpretativa, essendosi il legislatore, in effetti, limitato a rendere vincolante una delle opzioni ermeneutiche emerse nella giurisprudenza (par.10).

In ultimo, la Corte ha anche precisato che “in tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dalDecreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, articolo 13 bis, comma 1, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilita’ presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa).

2.2. Va ancora evidenziato che, in epoca successiva, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 17 settembre 2015, causa C-416/14 (e la ricorrente, proprio in relazione alla rimessione a detta Corte di questione pregiudiziale da parte di giudice di merito tributario, ha, nel presente ricorso, richiesto la sospensione del giudizio), ha ritenuto che la disciplina UE va interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di abbonamento, e’ assoggettato a un’autorizzazione generale o a una licenza nonche’ al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per se’ la licenza o l’autorizzazione generale e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al riguardo.

In particolare, con riferimento alla Direttiva 1999/5/CE, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazioni (volta a garantire la libera circolazione segnatamente delle apparecchiature terminali di telecomunicazione conformi a deteiminati requisiti essenziali definiti dalla direttiva medesima), ed al suo articolo 8 ((secondo il quale gli Stati membri non vietano, limitano o impediscono l’immissione sul mercato e la messa in servizio sul loro territorio di apparecchi recanti la marcatura CE), la Corte UE ha chiarito, sulla base di quanti emerso dagli atti e dalle stesse osservazioni delle parti ricorrenti (e salva diversa verifica ad opera del giudice nazionale), che la normativi nazionale, che prevede l’applicazione della tassa sulle concessioni governative, non si pone in contrasto con il principio comunitario della libera circolazione delle apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, “non essendo richiesto alcun intervento, attivita’ o controllo da pane dell’amministrazione”, valendo il contratto di abbonamento “di per se stesso” quale documento sostitutivo dell’autorizzazione generale e/o della licenza stazione radio ed incidendo la stessa tassa “non sulle apparecchiature terminali per servizio radiomobile terrestre”, bensi’ sui contratti di abbonamento sottoscritti per l’uso di tali apparecchiature, senza alcuna interferenza con la vendita di dette apparecchiature terminali.

In tale contesto, e’ stato poi aggiunto, nella medesima pronuncia della Corte UE, che l’articolo 20 della direttiva 2002/22/CE (c.d. Direttiva Reti, disciplinante la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica agli utenti finali), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE, (e l’articolo 8 della direttiva 1999/5/CEE di cui sopra) e le altre Direttive Reti (Direttive nn. 2002/21, 2002/19 e 2002/22) vanno interpretati nel senso che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione di cui e’ stato oggetto.

Ad avviso della Corte UE, invero, la disposizione in esame non ricade nell’ambito applicativo delle Direttive stesse, essendo la Tassa in oggetto collegata all’uso privato dei servizi di telefonia mobile e non essendone “il fatto generatore” collegato ad una “procedura di autorizzazione generale che consenta di accedere al mercato dei servizi di comunicazioni elettroniche” (in sostanza, nella specie, il contratto di abbonamento, equiparato ad “una autorizzazione generale” “non ha lo scopo di autorizzare la fornitura di servizi di reti”, essendo inteso “unicamente come fatto generatore della TCG”).

Inoltre, secondo la Corte, il quadro comunitario, unitamente all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, va interpretato nel senso che non osta ad un trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come quella che istituisce la tassa di concessione governativa.

Cio’ in quanto, da un lato, “le direttive reti e la direttiva 1999/5 non disciplinano l’applicazione di una tassa”, quale quella in esame, e le disposizioni della Carta “si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione” e, dall’altro lato, come gia’ sopra esposto, non vi e’ trattamento differenziato non essendo richiesto alcun intervento effettivo di “autorizzazione dell’amministrazione”, “visto che il contratto di abbonamento sostituisce di per se’ l’autorizzazione”.

La Corte di Giustizia ha, dunque, ulteriormente ribadito l’esclusione di ogni incompatibilita’ tra diritto comunitario e diritto nazionale, circa la legittima prevedibilita’ di una tassa di concessione governativa applicabile ai c.d. “telefoni cellulari”, e non si ravvisano argomentazioni (come invece affermato dai ricorrenti nella memoria ex articolo 378 c.p.c.) idonee ad “inficiare” le motivazioni espresse della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9560/2014 sull’interpretazione della normativa nazionale.

Ne’ il riferimento, contenuto nella suddetta decisione delle S.U., all’oggetto delle direttive europee 5/99, 21/02 (p. 8.4.1) costituisce elemento sufficiente ad inficiare la complessiva motivazione della decisione delle S.U., anche considerando le ulteriori argomentazioni espresse da questa Corte ai punti 8.5 e 10, sopra richiamati.

In definitiva, dopo l’ulteriore intervento della Corte di giustizia, da un lato, non e’ piu’ in discussione la compatibilita’ della tassa di concessione governativa con l’ordinamento UE e, dall’altro lato, sul piano interno, l’esistenza di un quadro normativo non equivoco, in ordine alla necessita’ di autorizzazione, individua il presupposto d’imposta ed esclude la sussistenza dei presupposti per una nuova rimessione del ricorso alle Sezioni Unite.

2.3. Quanto alle questioni di legittimita’ costituzionale (del Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1973, articolo 1 e articolo 21 della tariffa allegata, per violazione degli articoli 3 e 23 Cost.), e’ sufficiente richiamare quanto gia’ ampiamente statuito da questa Corte nella sentenza n. 25522/2014, in ordine alla manifesta infondatezza di tali rilievi.

In particolare, in relazione alla pretesa violazione dell’articolo 3 Cost., si e’ gia’ osservato, con motivazione condivisa da questo Collegio, che “la fruizione di servizi di telefonia mobile in base ad un rapporto contrattuale di abbonamento col gestore presenta caratteristiche giuridiche e fattuali non sovrapponigli all’acquisto di un certo tempo di conversazione telefonica mediante la ricarica di una carta prepagata”, considerato che “l’utente nel primo caso gode del servizio continuativamente e si obbliga al pagamento di un canone periodico, mentre nel secondo caio acquista un pacchetto di minuti di conversazione Telefonica”, cosicche’ “la differenza obbiettiva tra le due situazioni esclude l’irragionevolezza della diversita’ del relativo trattamento tributario, con riferimento al parametro di cui all’articolo 3 Cost.”.

3. Si deve quindi, in definitiva, concludere per l’applicabilita’ agli abbonamenti per il servizio di telefonia cellulare della tassa di concessione governativa come disciplinata dall’articolo 21 della tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972.

La sentenza della C.T.R. ha deciso in conformita’ a detti principi di diritto ed e’ corretta.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese processuali del presente giudizio di legittimita’ vanno integralmente compensate tra le parti, tenuto conto del solo recente consolidamento della giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ a Sezioni Unite sulla principale questione di diritto.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali del presente giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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