Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 30 ottobre 2014, n. 23087
Fatto e diritto
Rilevato che:
1. F.F. , con citazione del 6 giugno 2003, ha convenuto la s.n.c. Fatighenti di Andrea e Claudio Fatighenti, davanti al Giudice di pace di Cecina per ottenere la sua condanna alla refusione di 1.886,79 Euro. Ha dedotto il F. di aver ceduto in affitto alla società convenuta, con contratto del 6 giugno 2002, una azienda commerciale in (omissis) , avente ad oggetto attività di bar e paninoteca; di aver comunicato la cessione dell’azienda al proprietario dell’immobile in cui viene svolta l’attività commerciale il quale aveva ricevuto, nel corso del 2002, i canoni di locazione direttamente dalla società cessionaria Fatighenti s.n.c.; di essere stato costretto, in seguito alla morosità della convenuta, a versare al proprietario dei locali i canoni di locazione da gennaio ad aprile 2003 per l’importo complessivo sopra indicato di cui ha chiesto la restituzione in seguito al subentro della società affittuaria dell’azienda nel contratto di locazione.
2. Il Giudice di pace, con sentenza del 26 aprile 2007, ha respinto la domanda ritenendo non provato il subentro della società convenuta nel contratto di locazione.
3. Il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, con sentenza n. 25/08 del 21/24 gennaio 2008, ha accolto l’appello del F. ritenendo che in mancanza di patti contrari la società acquirente della azienda era subentrata, ex art. 2558 c.c., nei contratti per l’esercizio dell’attività commerciale e quindi nel contratto di locazione. Ha ritenuto rilevante il comportamento concludente della società affittuaria dell’azienda che, nel corso del 2002, aveva corrisposto i canoni di locazione al proprietario dell’immobile.
4. Ricorre per cassazione la s.n.c. Fatighenti che si affida a due motivi di impugnazione cosi rubricati: a) presunzione di cessione del contratto di locazione dei locali dove viene svolta l’attività aziendale in caso di cessione o affitto di azienda. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 della legge n. 392/1978; b) prova di intervenuta cessione del contratto di locazione dei locali. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c..
5. Con il primo motivo di ricorso si contesta l’applicazione dell’art. 2558 c.c. nei termini di una presunzione di cessione del contratto di locazione conseguente alla cessione o all’affitto dell’azienda perché contrastante con la disciplina dell’art. 36 della legge n. 392/1978 che prevede la facoltà, per il cedente l’azienda, di cedere, senza il consenso del locatore dell’immobile, anche il contratto di locazione mediante la stipula di un ulteriore contratto distinto dal contratto di cessione o di affitto di azienda. La ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto: “dica la Corte Suprema di Cassazione se, in base alla disciplina dell’art. 36 della legge n. 392/1978, in caso di cessione o di affitto di azienda si deve presumere la cessione del contratto di locazione dei locali all’interno dei quali si esercita l’attività aziendale, oppure se, invece, la conclusione di un distinto negozio di cessione del contratto di locazione deve essere positivamente provata dalla parte che intende far valere la cessione stessa”.
5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la contraddittorietà o insufficienza della motivazione nel ritenere l’avvenuta cessione del contratto di locazione e si specifica che il pagamento dei canoni di locazione nel 2002 è avvenuto su richiesta del F. che non ha, significativamente, in tal periodo ricevuto il pagamento dei canoni di affitto dell’azienda.
6. Si difende con controricorso F.F. .
Ritenuto che:
7. Nella giurisprudenza di questa Corte si è potuto riscontrare un diverso orientamento nelle decisioni che hanno ritenuto la presunzione di cessione del contratto di locazione e le decisioni che l’hanno esclusa.
8. In particolare secondo le pronunce della III sezione civile della Corte n. 4790 del 13 maggio 1998 e n. 2491 del 30 gennaio 2009 nel caso di affitto di azienda comprendente un immobile goduto in forza di un contratto di locazione, la ricorrenza di una cessione di tale contratto, anziché di una sublocazione, va presunta, fino a prova contraria, alla stregua dei principi fissati dall’art. 2558 cod. civ. e, comunque, è evincibile dalla circostanza che il locatore abbia accettato il pagamento del canone direttamente in suo favore, cosi aderendo alla costituzione del rapporto con l’affittuario dell’azienda.
9. Secondo, invece, le pronunce della II sezione civile della Corte n. 1133 del 2 febbraio 2000, e quelle della III sezione civile nn. 5237 del 3 aprile 2003 e 25219 del 1 dicembre 2009 la successione del cessionario e dell’affittuario dell’azienda nel contratto di locazione dell’immobile, ove viene svolta l’attività aziendale, non è un effetto automatico del trasferimento dell’azienda riconducibile alle disposizioni degli artt. 2558 cod. civ. e 36 della legge n. 392/1978 in quanto le norme suddette consentono, ma non impongono, rispettivamente all’acquirente dell’azienda di subentrare nei contratti stipulati per l’esercizio di essa, sempreché non sia pattuito diversamente, nonché al venditore dell’azienda, quale conduttore dell’immobile in cui la stessa si esercita, di sublocare l’immobile o di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore e pertanto la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 cod. civ., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore.
10. La pronuncia della III sezione n. 7686 del 21 marzo 2008 sembra ricomporre tale diversità di orientamenti. Infatti secondo la citata sentenza, in caso di affitto di azienda relativo ad attività svolta in un immobile condotto in locazione non si produce l’automatica successione nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede, comunque, la conclusione di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, contratto quest’ultimo che può presumersi fino a prova contraria, alla stregua dei principi di cui all’art. 2558, terzo comma, cod. civ..
11. La pronuncia testé riportata trova conferma nella più recente sentenza della III sezione civile n. 4986 del 28 febbraio 2013 secondo cui, in ipotesi di cessione del contratto di locazione, ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, quale effetto di apposito negozio, separato o contestuale alla cessione azienda, o quale automatica conseguenza del principio di cui all’art. 2558 cod. civ., si verifica la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente fra cedente e ceduto.
12. Tale interpretazione appare idonea a risolvere l’apparente incompatibilità delle disposizioni di cui all’art. 36 della legge n. 392/1978 e di cui all’art. 2558 c.c. consentendo alle parti del contratto di affitto o cessione di azienda di realizzare, con una negoziazione ad hoc, il subentro nella locazione anche senza il consenso del locatore ma non esclude l’operatività della presunzione di cui all’art. 2558 c.c. salvaguardando però la tutela della effettiva volontà non solo del locatore dell’immobile ma anche del cessionario dell’azienda.
12. In base a tali ultime pronunce deve quindi affermarsi che, nel caso di affitto di azienda, comprendente un immobile goduto in forza di un contratto di locazione, la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente di locazione non si verifica automaticamente ma come effetto o di un negozio separato fra cedente e cessionario dell’azienda ex art. 36 della legge n. 392/1978 o per effetto della presunzione posta dall’art. 2558 in base alla quale può ritenersi intervenuta, fino a prova contraria, una cessione del contratto di locazione se il locatore abbia accettato, direttamente in suo favore, il pagamento, da parte del cessionario dell’azienda, del canone di locazione.
13. Il Tribunale di Livorno ha accertato la ricorrenza di quest’ultima ipotesi riscontrando, per un verso, l’avvenuta comunicazione, da parte del F. al locatore, del subentro nel rapporto relativo alla detenzione dei locali aziendali dell’affittuaria Fatighenti s.n.c. e del pagamento, da parte di quest’ultima, dei canoni di locazione successivi. Per altro verso il Tribunale ha riscontrato l’effettivo pagamento da parte dell’affittuaria dei canoni di locazione nel periodo giugno – dicembre 2002. Ha inoltre ritenuto non fornita dalla società cessionaria una prova contraria.
14. La ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, contesta la motivazione del Tribunale livornese sulla mancanza di una prova contraria evidenziando la diversa durata del contratto di affitto di azienda (stagionale) e del contratto di locazione (sei anni). Inoltre afferma di aver pagato i canoni di locazione su richiesta del F. il quale non ricevette, per tale ragione, nel periodo giugno – dicembre 2002, alcun canone relativo all’affitto di azienda.
14. Quanto alla prima censura il Tribunale ha già risposto evidenziando nella sua motivazione che la diversa durata dei due rapporti contrattuali non è ostativa alla cessione in quanto il subentro dell’affittuario non può non avere efficacia temporanea pari alla durata del rapporto di affitto.
15. Per quanto riguarda l’ulteriore censura va ritenuta fondata la contestazione, da parte del controricorrente, del difetto di autosufficienza del ricorso dato che il ricorrente non ha indicato in che tempi e modi, nel corso del giudizio di merito, ha avanzato tale eccezione relativa al pagamento dei canoni.
15. Il ricorso va pertanto respinto. In considerazione dei descritti mutamenti nella giurisprudenza di legittimità si ritiene di poter compensare interamente le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
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