Corte di Cassazione, sezione V, sentenza  10 maggio 2016, n. 19447.
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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 10 maggio 2016, n. 19447.

La consunzione (o sussidiarietà) si ha quando per identità, se non del preciso bene giuridico tutelato, degli scopi prevalenti perseguiti dalle norme concorrenti, lo scopo della norma che prevede un reato minore sia chiaramente assorbito da quello relativo ad un reato più grave, il quale esaurisca il significato antigiuridico del fatto, sicché appaia con evidenza...

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Da un lato, dev’essere escluso il dolo di lesioni volontarie (essendo ravvisabile solo la colpa) nella condotta del medico che ometta di informare adeguatamente il paziente circa i rischi dell'intervento chirurgico a cui lo sottopone e circa le alternative praticabili e, dall’altro, che l'obbligo d'acquisizione del consenso informato alla somministrazione del trattamento sanitario non costituisce una regola cautelare, trattandosi, viceversa, di obbligo imposto per consentire la partecipazione libera e consapevole del paziente al programma terapeutico che lo riguarda e dunque la sua inosservanza da parte del medico non può costituire, nel caso lo stesso trattamento abbia causato lesioni, un elemento per affermare la responsabilità a titolo di colpa di quest'ultimo, a meno che la mancata sollecitazione del consenso gli abbia impedito di acquisire la necessaria conoscenza delle condizioni del paziente medesimo. Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 21 aprile 2016, n. 16678.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 21 aprile 2016, n. 16678 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FUMO Maurizio – Presidente Dott. ZAZA Carlo – Consigliere Dott. CATENA Rossella – Consigliere Dott. SETTEMBRE Antonio – rel. Consigliere Dott. FIDANZIA...

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La pubblicazione telematica rafforza il carattere afflittivo della pena accessoria, poiché alla diminuzione o eliminazione della spesa per la pubblicazione corrispondono la capillare diffusione delle informazioni offerta dal sistema telematico in ragione del libero accesso ai documenti pubblicati ed alla loro indicizzazione da parte dei motori di ricerca e la tempestività della pubblicazione che le diverse forme cartacee certamente non assicurano. Pertanto, la modifica apportata all’art. 36 cod. pen., dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 37, comma 18, convertito nella L. 15 luglio 2011, n. 111, non ha introdotto nel sistema penale una nuova pena accessoria, ma ne ha diversamente modulato il contenuto, sostituendo alla tradizionale forma di pubblicazione sulla stampa quella via internet, fatto che integra un fenomeno di successione di leggi nel tempo regolato dall’art. 2 cod. pen., comma 4, con la conseguenza che non è applicabile ai fatti pregressi la nuova disciplina, in quanto maggiormente afflittiva. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 maggio 2016, n. 18728.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 5 maggio 2016, n. 18728 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 06.10.2015, la Corte d’appello di Genova confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Genova in data 27.04.2011 nei confronti di S.C. . Con detta pronuncia, era stata disposta la pubblicazione della sentenza,...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 25 gennaio 2016, n. 3250. Sollevata alle sezioni unite la questione concernente la possibilità di rilevare in sede di legittimità la prescrizione maturata precedentemente alla pronuncia della sentenza di secondo grado, ancorché non eccepita né rilevata in sede di appello, soprattutto allorché ciò non richieda alcuna attività di apprezzamento delle prove

Suprema Corte di Cassazione sezione V ordinanza  25 gennaio 2016, n. 3250 Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 27/05/2008 dal Tribunale di Massa in composizione monocratica nei confronti di M.D. , condannato a pena di giustizia per il delitto di cui agli...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 21 dicembre 2015, n. 50102. Il legale rappresentante della società, imputato per il reato sul quale si basa la responsabilità dell’ente, non può nominare come suo difensore di fiducia lo stesso legale destinato a seguire la difesa della persona giuridica nel procedimento che la coinvolge, perché in conflitto di interessi. Se ciò accade, il giudizio è viziato per violazione del diritto di difesa dell’ente e deve ripartire dal primo grado

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 21 dicembre 2015, n. 50102 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FUMO Maurizio – Presidente Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere Dott. PISTORELLI Luc – rel. Consigliere Dott. DEMARCHI...