Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 dicembre 2014, n. 50873 Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 03/03/2014, il Tribunale di Prato convalidava l’arresto di B.A.N. effettuato dai C.C. in data 02/03/2014, in quanto arrestato nella quasi flagranza del reato di cui all’art. 628/3 n° 1 cod. pen. e, contestualmente, dopo avere applicato...
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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 novembre 2014, n. 48298. Le condizioni e i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare restrittiva della libertà personale siano apprezzati e motivati dal giudice sulla base della situazione concreta, alla stregua dei ricordati principi di adeguatezza, proporzionalità e minor sacrificio, così da realizzare una piena individualizzazione della coercizione cautelare. Ed è del tutto evidente che i postulati della flessibilità e della individualizzazione che caratterizzano l'intera dinamica delle misure restrittive della libertà, non possono che assumere connotazioni "bidirezionali", nel senso di precludere tendenzialmente qualsiasi automatismo. L'ordinanza impugnata, nel caso di specie, non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Infatti, richiamando le esigenze cautelari in precedenza descritte, le ha apoditticamente definite di eccezionale rilevanza sulla base degli stessi elementi (la falsa versione dei fatti concordata da riferire agli inquirenti, la predisposizione del piano di fuga in Albania, il precedente tentativo di aborto realizzato in occasione della prima gravidanza) utilizzati per ritenerle configurabili i parametri descritti dall'art. 274, lett. a), b), e), c.p.p.. Muovendo da tale impropria sovrapposizione il Tribunale, con automatismo argomentativo, ha ritenuto unica misura adeguata la custodia cautelare in carcere senza preventivamente porre in correlazione logica fra loro le regole generali poste dal codice a presidio della coercizione cautelare e le peculiarità del caso concreto.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 20 novembre 2014, n. 48298 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 4 giugno 2014 il Tribunale di Milano, costituito ex art. 309 c.p.p., respingeva l’istanza di riesame avanzata da N.K. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei suoi confronti il 9 maggio...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 novembre 2014, n. 48430. L'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità non può basarsi su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, ma deve essere sostenuta da dati di fatto concreti, che siano tali da giustificare l'erroneo convincimento di trovarsi in tale situazione. Orbene, nel caso in oggetto, non vi sono spazi per sostenere che l'imputato abbia ragionevolmente ritenuto di versare in una situazione siffatta, laddove – come bene evidenziato dal giudice di primo grado – prima di allontanarsi dal domicilio per recarsi al Pronto Soccorso dell'ospedale, l'imputato contattava i Carabinieri al numero 112 e la centralinista lo avvisava che, allontanandosi dall'alloggio, egli avrebbe commesso il reato di evasione; ciò nonostante il ricorrente poneva in essere la condotta integrante il reato ex art. 385 cod. pen.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 21 novembre 2014, n. 48430 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 dicembre 2012, la Corte d’appello di Ancona ha riformato solo in punto di pena la sentenza del 22 agosto 2012, con la quale il Tribunale di Pesaro ha condannato B.D. in relazione al reato di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 novembre 2014, n. 47897. In tema di evasione dagli arresti domiciliari in una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella di specie, agli effetti dell'art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non alcatorietà (fattispecie in cui l'imputato, all'atto del controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e proveniva da un altro appartamento). E' stato chiarito che il concetto di abitazione comprende sia il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica che le sue pertinenze esclusive. Se ne inferisce che, nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi. L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto – giusta il delineato carattere di esclusività -precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto)
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 novembre 2014, n. 47897 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza dell’11 novembre 2010, con la quale il Tribunale di Gela condannava P.C.O. alla pena di mesi sei di reclusione, in relazione al reato di...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 novembre 2014, n. 46093. In un errore di diritto sono incorsi i giudici di merito nell'operare la assimilazione della sosta dell'imputato dentro la sala bingo, durante il tragitto di ritorno dal luogo di lavoro a casa, all'allontanamento dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, che, a norma dell'articolo 276, comma I-ter, cod. proc. pen., comporta inderogabilmente la revoca della misura e la sua sostituzione colla custodia in carcere. Mentre è corretta l'equiparazione del Tribunale tra l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari e l’allontanamento dal diverso luogo ove il soggetto, sottoposto alla misura coercitiva, sia stato autorizzato a svolgere l'attività lavorativa
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 novembre 2014, n. 46093 Osserva Rileva: 1. – Con ordinanza deliberata il 6 giugno 2014 e depositata il 12 giugno 2014, il Tribunale ordinario di Bolzano, in funzione di giudice dell’appello dei provvedimenti incidentali de libertate, in accoglimento del gravame del Pubblico Ministero avverso la ordinanza del...
Corte di Cassazione, sezione III, 8 ottobre 2014, n. 41936. Reato di maltrattamento contro la moglie (art. 572 c.p.). Il GIP aveva disposto la misura coercitiva dell'allontanamento dalla casa familiare, prevista dall’art. 282 bis c.p.p., e disposto inoltre il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie con la prescrizione di mantenersi ad una distanza non inferiore a 500 metri da quest'ultima. L’uomo, chiedendo il riesame e la revoca della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, si era difeso raccontando una versione dei fatti diversa. Il loro matrimonio non sarebbe stato in crisi, come potevano dimostrare i post che la donna pubblicava su facebook dai quali emergeva una situazione familiare serena e diametralmente opposta da quella narrata dalla moglie. Quanto ai post di facebook, il giudicante osserva che essi non provassero che la situazione coniugale fosse serena, essendo ben possibile che la persona offesa li avesse inseriti dopo temporanee rappacificazioni.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE sentenza 8 ottobre 2014, n. 41936 Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa in data 7 ottobre 2013 il GIP presso il Tribunale di Ravenna applicava a V.A. la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da L.T. e con...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16 ottobre 2014, n. 43394. Non sussiste la condizione di cosiddetta quasi-flagranza qualora l'inseguimento dell'indagato da parte della P.G. sia stato iniziato” non già a seguito e a causa della “diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria”, bensì “per effetto e solo dopo l'acquisizione di informazioni da parte di terzi
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 16 ottobre 2014, n. 43394 Rileva in fatto e diritto 1. – Con ordinanza, deliberata e depositata il 17 agosto 2013, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Catanzaro – per quanto qui rileva – non ha convalidato l’arresto di Q.R. , eseguito dai Carabinieri...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 15ottobre 2014, n. 43130. Lo stato di incensuratezza non dimostra automaticamente l'assenza di pericolosita, potendo questa essere desunta, come espressamente previsto dall'art. 274 lett. c) cod.proc.pen., dai comportamenti e dagli atti concreti dell'agente quale specifico elemento significativo per valutare la personalità dell'agente. Ai fini dell'affermazione della sussistenza del pericolo di reiterazione del reato ben possono porsi a fondamento della valutazione della personalità dell'indagato le stesse modalità del fatto da cui è stata dedotta anche la gravità
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 15ottobre 2014, n. 43130 Considerato in fatto 1. Con ordinanza in data 15 gennaio 2014 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno rigettava parzialmente la richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti di vari soggetti sottoposti ad indagini per una serie di delitti di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 ottobre 2014, n. 41120. L'individuazione del contenuto delle prescrizioni accessorie di una misura cautelare deve avvenire in base al principio del favor rei, nel senso che laddove un comportamento non sia espressamente vietato esso deve ritenersi consentito, atteso che l'imposizione della misura costituisce comunque una deroga al principio di inviolabilità della libertà personale che per previsione costituzionale non ammette restrizione se non nei casi e modi previsti per legge (art. 13, comma 2, Cost.)
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 ottobre 2014, n. 41120 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere...
Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 1 luglio 2014, n. 28270. La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine di cinque giorni previsto dall'articolo 294, l'articolo 302 c.p.p., prevede che "dopo la liberazione, la misura puo' essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorche', valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275", contemplando il medesimo schema procedurale nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenti per rendere interrogatorio
Suprema Corte di Cassazione S.U.P. sentenza 1 luglio 2014, n. 28270 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE PENALI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SANTACROCE Giorgio – Presidente Dott. FERRUA Giuliana – Consigliere Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere Dott. CONTI Giovanni – Consigliere Dott. VECCHIO Massimo –...