Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

S.U.P.

sentenza 1 luglio 2014, n. 28270

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE PENALI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SANTACROCE Giorgio – Presidente
Dott. FERRUA Giuliana – Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere
Dott. CONTI Giovanni – Consigliere
Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere
Dott. ROTUNDO Vincen – rel. Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere
Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 27/08/2013 del Tribunale di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vincenzo Rotundo;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
udito per (OMISSIS) il difensore avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 8 luglio 2013, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, nell’ambito di un procedimento penale iscritto per il delitto di cui all’articolo 455 c.p., ha applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Posta in esecuzione la misura in data 18 luglio 2013, nei termini di legge (il successivo 23 luglio 2013) e’ stato espletato l’interrogatorio di garanzia dell’indagato, che si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere.
Contro il provvedimento cautelare (OMISSIS) ha proposto, in data 24 luglio 2013, richiesta di riesame; e in data 6 agosto 2013, prendendo atto della mancata trasmissione da parte del Pubblico Ministero – entro il termine di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 5, – degli atti sui quali si fondava la disposta misura cautelare, il Tribunale di Perugia ha dichiarato la perdita di efficacia dell’ordinanza, disponendo conseguentemente la rimessione in liberta’ dell’indagato.
A seguito di nuova richiesta del Pubblico Ministero del 7 agosto 2013, il Giudice per le indagini preliminari, in data 13 agosto 2013, ha emesso nei confronti di (OMISSIS) una nuova ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, richiamando integralmente il contenuto della precedente.
Avverso tale provvedimento la difesa dell’indagato ha proposto ulteriore richiesta di riesame, deducendone la nullita’ per violazione dell’articolo 302 c.p.p., poiche’ il giudice non aveva proceduto al previo interrogatorio dell’indagato.
Il Tribunale del riesame di Perugia, con ordinanza del 27 agosto 2013 (depositata il giorno successivo), ha annullato il provvedimento impugnato: in accoglimento dell’eccezione difensiva, ha, infatti, ritenuto che l’omissione del previo interrogatorio aveva determinato la nullita’ della nuova imposizione, per violazione del diritto di difesa, nulla rilevando il primo interrogatorio, reso in una condizione di restrizione della liberta’ personale.
2. Avverso il suindicato provvedimento del Tribunale del riesame del 27 agosto 2013 ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, deducendo violazione di legge in relazione all’articolo 302 c.p.p..
Ad avviso del Procuratore ricorrente, aveva errato il collegio nel ritenere possibile un’applicazione analogica di tale disposizione alla fattispecie oggetto del procedimento, essendo quest’ultima diversa nei suoi presupposti da quella che la norma menzionata disciplina.
In particolare, l’Ufficio ricorrente sottolinea la diversita’ della fattispecie in cui la misura cautelare e’ dichiarata inefficace per mancato (o nullo) interrogatorio, regolata dall’articolo 302 c.p.p., da quella in cui l’inefficacia scaturisce, ai sensi del successivo articolo 309, comma 10, dalla mancata trasmissione nel termine di legge al tribunale del riesame degli atti su cui la misura e’ fondata: nel primo caso, il soggetto sottoposto alla misura non e’ stato interrogato o non lo e’ stato legalmente; nel secondo, tale fondamentale adempimento di garanzia vi e’ stato (come avvenuto nel caso in esame, in cui l’indagato si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere), sicche’ non troverebbe alcuna giustificazione, in presenza di un immutato quadro indiziario e cautelare, l’affermazione della necessita’ di un ulteriore previo interrogatorio.
Ne’, ad avviso del ricorrente, potrebbe operarsi una distinzione a seconda che la nuova misura intervenga quando l’indagato sia stato gia’ posto effettivamente in liberta’ o, al contrario, quando la liberazione sia stata solo “virtuale” perche’ la misura reiterata e’ stata applicata contestualmente (cioe’ senza soluzione di continuita’ sul piano fattuale) alla rimessione in liberta’ conseguente alla inefficacia della prima: tale distinguo, secondo il Pubblico Ministero, non troverebbe alcun riferimento ne’ normativo ne’ logico, sicche’ non potrebbe essere posto a fondamento di una nullita’ non prevista dall’ordinamento, in palese violazione del principio di tassativita’ sancito dall’articolo 177 c.p.p..
3. Assegnato il ricorso alla Quinta Sezione penale, il difensore dell’indagato, con memoria del 17 gennaio 2014, ne ha richiesto la rimessione alle Sezioni Unite, rilevando che la questione di diritto sottoposta al giudizio della Corte di cassazione appariva controversa e dibattuta nella stessa giurisprudenza di legittimita’.
Alla udienza in camera di consiglio del 5 febbraio 2014 il Procurato Generale concludeva per l’annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata, mentre il difensore insisteva per il rigetto del ricorso e, in subordine, per la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
4. La Quinta Sezione, con ordinanza n. 124, depositata il 20 febbraio 2014, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, al fine di stabilire “se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame”.
Nell’ordinanza di rimessione si illustra preliminarmente l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimita’ sul tema, in base al quale il disposto degli articoli 294 e 302 c.p.p., non e’ suscettibile di applicazione analogica. La Sezione rimettente ricorda che, secondo questo filone giurisprudenziale (di cui si citano tra le altre: Sez. 5, n. 35931 del 15/07/2010, Toni, Rv. 248417; Sez. 1, n. 23482 del 28/02/2003, Pittaccio, Rv. 225326; e, piu’ di recente, Sez. 2, n. 9258 del 23/11/2012, Sarpa, Rv. 254870), deve escludersi la necessita’ di un secondo interrogatorio, anche alla luce della giurisprudenza che afferma il medesimo principio con riferimento al caso in cui la misura cautelare disposta da giudice incompetente sia rinnovata ad opera di quello competente, nel termine di venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti, sempre che non siano stati contestati all’indagato o all’imputato fatti nuovi ovvero che il provvedimento non sia fondato su indizi o su esigenze cautelari in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a fondamento dell’ordinanza emessa dal giudice incompetente (Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001, Zaccardi, Rv. 219975; Sez. 5, n. 3399 del 27/10/2009, Zarcone, Rv. 245836). Ad ulteriore sostegno della posizione si fa rilevare come il diritto di difesa sia gia’ garantito con il primo interrogatorio, per cui un eventuale secondo interrogatorio assumerebbe una valenza meramente formale e ripetitiva.
Nell’ordinanza di rimessione si da poi conto della posizione contraria, che afferma, invece, la necessita’ di un nuovo interrogatorio anche nel caso in cui l’ordinanza custodiale precedente sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10.
La tesi e’ fondamentalmente espressa in una decisione della Quinta Sezione (sent. n. 5135 del 12/11/2010, Toni, Rv. 249693), secondo cui “e’ illegittima l’ordinanza di custodia cautelare motivata per relationem ad altra ordinanza – dichiarata inefficace per inosservanza del termine stabilito per la decisione del giudice del riesame (articolo 309 c.p.p., comma 10) – e adottata in assenza del previo interrogatorio”, in quanto “si tratta di provvedimento nuovo – e non gia’ meramente reiterativo o sostitutivo di quello originario che risulti ancora valido al momento dell’emissione del nuovo – tanto da imporre una nuova richiesta del pubblico ministero, cui deve, in tal caso, far seguito il previo interrogatorio dell’indagato”; e cio’, secondo quanto affermato in motivazione, “a pena di inefficacia ai sensi del combinato disposto degli articoli 294 e 302 c.p.p.”, e con conseguente “radicale nullita’” del provvedimento del Tribunale del riesame che non rilevi tale effetto.
Il Collegio rimettente ricorda ancora che un principio analogo era stato affermato in precedenza dalla Sesta Sezione (sent. n. 2119 del 10/06/1998, Manfredi, Rv. 211751), secondo cui, in caso di sopravvenuta inefficacia di un provvedimento coercitivo per il mancato rispetto del termine di cui all’articolo 309, comma 5, cod. proc. pen., “l’unica condizione posta dall’articolo 302 c.p.p., per la reiterazione della custodia cautelare e’ che l’indagato sia stato sottoposto ad interrogatorio”, adempimento che, nella concreta fattispecie, era stato rispettato.
Un richiamo, infine, viene dedicato dalla Sezione rimettente ad altra sentenza resa dalla Quinta Sezione (n. 22801 del 11/05/2010, Schirripa, Rv. 247517), in forza della quale “in caso di reiterazione di un provvedimento applicativo della misura cautelare in precedenza dichiarato inefficace, l’omissione del previo interrogatorio, sancito dall’articolo 302 c.p.p., come presupposto indispensabile sino a che nel giudizio ordinario non venga aperto il dibattimento o in quello abbreviato l’imputato non abbia ancora avuto modo di costituirsi, comporta ai sensi degli articoli 178 e 180 c.p.p., la nullita’ della nuova imposizione (e quindi l’originaria inefficacia della misura) per violazione del diritto di difesa, deducibile in sede di riesame”.
Accogliendo dunque l’istanza del difensore – che, come si e’ visto, aveva sollecitato una riflessione su tale problematica da parte delle Sezioni Unite, evidenziando come la tesi della necessita’ del previo interrogatorio, sebbene minoritaria, appariva comunque da preferire per la maggiore attenzione prestata alle garanzie difensive nella fase cautelare, particolarmente importanti in caso di provvedimento limitativo della liberta’ personale adottato sulla base di un compendio indiziario provvisorio – la Quinta Sezione, dato atto del contrasto giurisprudenziale, ha, come detto, rimesso la questione alle Sezioni Unite penali.
5. Il Primo Presidente, con decreto del 10 marzo 2014, ha disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, fissandone per la trattazione l’udienza in camera di consiglio del 24 aprile 2014.
6 In prossimita’ della odierna udienza, il difensore di (OMISSIS) ha depositato una memoria, con la quale conclude per il rigetto del ricorso, sottolineando come l’adesione al piu’ recente orientamento interpretativo realizzerebbe una lettura garantista delle norme processuali interessate. Ad avviso del difensore, la liberazione dell’indagato dopo la caducazione della prima misura darebbe luogo ad una frattura tra il momento applicativo di questa e l’esecuzione di una nuova ordinanza che, seppur fondata sugli stessi elementi investigativi a carico del destinatario, non potrebbe che ritenersi autonoma e distinta dalla precedente, imponendo quindi al giudice una nuova valutazione delle esigenze cautelari, anche alla luce degli sviluppi di vita dell’indagato durante lo status libertatis, da effettuare anche attraverso (e dopo) l’espletamento di un nuovo interrogatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le Sezioni Unite sono chiamate a dare risposta alla seguente questione: “Se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame”.
Per rispondere al quesito appare opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
La direttiva n. 2/60 della Legge n. 81 del 1987, – recante Delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale – prevede: il diritto dell’imputato in stato di custodia cautelare di essere interrogato nella fase delle indagini preliminari immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dalla esecuzione del provvedimento privativo della liberta’ personale; la liberazione dell’imputato che non sia stato interrogato entro detto termine, salvo che cio’ sia dipeso da assoluto impedimento del quale il giudice da atto con decreto; il nuovo decorso del termine dalla data della notizia della cessazione dell’impedimento.
In attuazione di tale direttiva, dispone l’articolo 294 c.p.p., comma 1, che “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all’applicazione della misura cautelare, se non vi ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita”; ai sensi del successivo comma 1-bis, “Se la persona e’ sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l’interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione”.
Direttamente ispirato alla direttiva n. 60 e’ anche l’articolo 302 c.p.p..
La norma riproduce, con qualche variante, il dettato dell’articolo 365, comma 1, del codice del 1930, che, a seguito delle modifiche apportate dalla Legge 28 luglio 1984, n. 398, articolo 10, prevedeva l’immediata scarcerazione dell’imputato che non fosse stato interrogato entro quindici giorni dell’arresto.
Preso atto della definitiva consacrazione giurisprudenziale (fra le tante, Sez. 1, n. 278 del 28/01/1985, Rv. 168835) della possibilita’, sino allora non espressamente contemplata sul piano normativo, di reiterare la misura custodiale per lo stesso fatto di reato, a quadro indiziario e cautelare immutato, la disposizione codicistica pone tuttavia come condizione che l’indagato, dopo l’effettiva scarcerazione, venga previamente interrogato: dopo aver stabilito, infatti, che la custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio entro il termine di cinque giorni previsto dall’articolo 294, l’articolo 302 c.p.p., prevede che “dopo la liberazione, la misura puo’ essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorche’, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275”, contemplando il medesimo schema procedurale nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenti per rendere interrogatorio.
Derivazione del combinato disposto delle direttive n. 59 e n. 61 (recanti, rispettivamente, la previsione della possibilita’ di riesame anche nel merito del provvedimento che decide sulla misura di coercizione dinanzi al tribunale in camera di consiglio e la fissazione, per ciascuna fase processuale, di termini autonomi di durata massima delle misure di coercizione) puo’, infine, considerarsi la disposizione di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 10, che, nel regolare le conseguenze della tempistica dettata per il procedimento di riesame, commina la perdita di efficacia della misura coercitiva ove la trasmissione, da parte del pubblico ministero, degli atti su cui si fonda la misura non avvenga nei termini di cinque giorni dall’avviso fatto all’autorita’ procedente ovvero allorquando la decisione sul riesame non intervenga entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti medesimi.
2. Tanto premesso, deve in primo luogo evidenziarsi che, una volta consolidatosi il principio per il quale l’inefficacia dell’ordinanza che dispone la misura custodiale, determinata dalla inosservanza dei termini stabiliti dall’articolo 309, per la fase del riesame, non costituisce preclusione alla reiterazione del provvedimento coercitivo (Sez. U, n. 11 del 01/07/1992, Rv. 191182), l’orientamento prevalente della giurisprudenza della Corte di cassazione ha sempre escluso che il giudice per le indagini preliminari che accolga la richiesta di ripristinare il regime cautelare nei confronti dell’indagato debba preventivamente interrogarlo.
Un primo arresto in tal senso si rinviene, negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore del nuovo codice, in una sentenza della Sesta Sezione, nella quale si afferma che il principio dell’articolo 302 c.p.p., secondo cui non e’ possibile emettere una misura di custodia cautelare se non dopo la effettiva cessazione del precedente stato di detenzione, nonche’ dopo l’interrogatorio dell’indiziato o la sua mancata comparizione, non e’ suscettibile di interpretazione analogica e pertanto non si applica al di fuori dell’ipotesi ivi prevista di estinzione della misura per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare, come nei casi di estinzione della misura per altra causa o nei casi di liberazione per originaria detenzione sine titulo, ad esempio per arresto arbitrario avvenuto all’estero (Sez. 6, n. 1510 del 19/04/1990, Spezio, Rv. 187262).
Il principio viene ribadito in riferimento a fattispecie di reiterazione di ordinanza di custodia cautelare annullata per vizi di forma, precisandosi che la disposizione di cui all’articolo 302 c.p.p., riguarda solo il caso ivi previsto di estinzione della misura per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare nel termine prescritto: in tutte le altre ipotesi di estinzione o di annullamento del relativo provvedimento, sempre che l’interrogatorio sia stato regolarmente espletato, la reiterazione dell’atto istruttorio sarebbe infatti del tutto ingiustificata (Sez. 1, n. 5038 del 02/11/1994, Belato, Rv. 200331; Sez. 6, n. 44 del 12/01/1995, Tramacera, Rv. 200911).
Successivamente la giurisprudenza ha provveduto a puntualizzare le ragioni e la portata della impossibilita’ di applicazione analogica dell’articolo 302 c.p.p.. Nel ricordare, infatti, come la previsione dell’articolo 302 (relativa alla necessita’ del previo interrogatorio per l’emissione di un nuovo provvedimento di custodia cautelare nell’ipotesi di perdita di efficacia della misura) non si applichi non solo al caso previsto dall’articolo 309, comma 10, ma anche a quello previsto dall’articolo 27, in tema di misure cautelari disposte dal giudice incompetente, si e’ osservato che il legislatore ha imposto il previo interrogatorio in stato di liberta’ nell’ipotesi di mancato espletamento dell’interrogatorio ex articolo 294 c.p.p., per ragioni di tutela dell’indagato, il quale, se tempestivamente interrogato, avrebbe potuto far valere le sue ragioni difensive, con la conseguenza che non vi e’ alcuna identita’ di ratio, tale da giustificare un ricorso all’analogia, sia con la situazione di inefficacia prevista nell’articolo 27 c.p.p., nel caso in cui l’indagato sia stato interrogato, sia tanto meno con la situazione di inefficacia prevista dall’articolo 309 c.p.p., comma 10, (Sez. 6, n. 1122 del 15/03/1996, Di Sarno, Rv. 204886).
Negli anni a seguire, la giurisprudenza di legittimita’ ha ribadito il predetto orientamento in ulteriori pronunce (Sez. 1, n. 6496 del 17/12/1998, Di Martino Rv. 212811; Sez. 4, n. 1412 del 05/05/1999, Gammarota, Rv. 213817; Sez. 6 n. 3245 del 13/10/1999, Caridi, Rv. 216628; Sez. 6, n. 669 del 01/02/2000, Carloni, Rv. 215407; Sez. 1, n. 23482 del 28/02/2003, Pittaccio, Rv. 225326), tutte concordi nell’escludere categoricamente la necessita’ di un nuovo interrogatorio in caso di inefficacia dichiarata ai sensi dell’articolo 309, comma 10, del codice di rito.
In particolare, si e’ chiarito che una volta che l’imputato raggiunto da provvedimento coercitivo sia stato tempestivamente interrogato dal giudice, non e’ necessario procedere a nuovo interrogatorio a seguito di nuovo provvedimento coercitivo emesso dopo la declaratoria di inefficacia del primo per motivi procedurali (nella specie, prodottasi a causa dell’inosservanza del termine per l’avviso al difensore a norma dell’articolo 309 c.p.p., comma 8), sottolineandosi che, avendo il primo provvedimento perso efficacia per sopravvenuti motivi procedurali che non ne intaccavano l’intrinseca legittimita’ e poiche’ la nuova ordinanza custodiale non conteneva elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente, l’esigenza di difesa dell’indagato era stata assicurata pienamente con il primo interrogatorio. Il carattere di mera reiterazione della misura, dato da un compendio indiziario e cautelare del tutto immutato, rendeva un eventuale nuovo interrogatorio “una inutile formalita’”, pur ammettendosi la possibilita’ – ferma restando l’assenza di qualsiasi obbligo e di qualsiasi conseguente sanzione processuale in caso di omissione – che il giudice ritenesse comunque opportuno espletarlo “secondo il suo prudente apprezzamento” (sentenza Di Martino, cit.)- Inoltre proprio l’argomento della funzione di garanzia sostanziale dell’interrogatorio gioca, secondo questa giurisprudenza, a favore della tesi della inutilita’ della reiterazione dell’interrogatorio di mera “ratifica” di quello gia’ espletato: infatti, una doglianza sul punto – ossia sull’omesso secondo interrogatorio – avrebbe potuto avere un qualche pregio ove avesse mirato a far emergere un vizio, di forma (ad esempio, l’incompetenza dell’autorita’ che aveva emesso il nuovo provvedimento) o di sostanza (ad esempio, per diversita’ del fatto contestato con il nuovo provvedimento), specifico del nuovo provvedimento restrittivo; non invece in una fattispecie di rinnovazione di misura emessa dallo stesso giudice sulla base del medesimo quadro fattuale e giuridico (sentenza Gammarota, cit.).
La non necessita’ di reiterazione dell’interrogatorio di garanzia in caso di caducazione della misura cautelare precedentemente emessa per motivi esclusivamente formali e’ stato ribadita in casi analoghi: ad es., nella procedura relativa al mandato di arresto Europeo, con riferimento al caso di sopravvenuta inefficacia di ordinanza restrittiva della liberta’ personale a causa del mancato invio da parte dell’autorita’ richiedente degli atti previsti dalla Legge 22 aprile 2005, n. 69, articolo 13, (Sez. 6, n. 21974 del 11/05/2006, Ramoci, Rv. 234272) ovvero in caso di misura cautelare disposta da giudice incompetente e rinnovata ad opera di quello competente a norma dell’articolo 27 c.p.p. (Sez. 5, n. 3399, del 27/10/2009, Zarcone, Rv. 245836; Sez. 5, n. 43281, del 17/10/2008, Negro, Rv. 241726). In riferimento a quest’ultima fattispecie si e’ segnatamente sottolineato che l’esigenza di garanzia sottesa all’interrogatorio di cui all’articolo 294 c.p.p. deve ritenersi soddisfatta ampiamente dall’interrogatorio reso al giudice incompetente, stante la validita’, efficacia ed utilizzabilita’ dell’atto anche da parte del giudice competente (Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001, Zaccardi, Rv. 219975, cit.).
3. La Sezione rimettente mostra di aderire, invece, in considerazione della asserita maggiore attenzione prestata alle garanzie difensive nella fase cautelare, al diverso orientamento giurisprudenziale, che afferma la necessita’ di un nuovo interrogatorio anche nel caso in cui la precedente ordinanza custodiale sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10.
Tale orientamento, espresso in una decisione della medesima Sezione (sent. n. 5135 del 12/11/2010, Toni, Rv. 249693), sarebbe confermato da altri due precedenti (Sez. 6, n. 2119 del 10/06/1998, Manfredi, Rv. 211751; Sez. 5, n. 22801 del 11/05/2010, Schirripa, Rv. 247517).
4. Deve, in primo luogo, farsi chiarezza in ordine alla reale portata dei precedenti giurisprudenziali menzionati nell’ordinanza di rimessione a conferma della necessita’ di reiterazione dell’interrogatorio di garanzia anche in caso di caducazione per motivi esclusivamente formali della misura cautelare precedentemente emessa.
Da una attenta lettura della sentenza Manfredi emergono, infatti, indicazioni di segno contrario rispetto alle conclusioni dell’ordinanza di rimessione.
E’ pur vero che in questa sentenza la Sesta Sezione – dopo aver affermato che dall’articolo 302 c.p.p., puo’ ricavarsi una regola generale secondo cui, in tutti i casi di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare per motivi formali (mancato interrogatorio di cui all’articolo 294; mancata adozione della decisione sulla richiesta di riesame ai sensi dell’articolo 309, comma 10, ovvero omessa trasmissione degli atti nel termine di cui al comma 5; ipotesi di provvedimento adottato da giudice incompetente e scadenza del termine di venti giorni di cui all’articolo 27 c.p.p.), l’adozione di una nuova misura e’ perfettamente legittima – ha evidenziato come l’unica condizione posta dall’articolo 302 c.p.p., per la reiterazione della custodia cautelare e’ che l’indagato “sia stato” interrogato.
Tuttavia tale espressione non sembra possa interpretarsi quale riferibilita’ della condizione di un “nuovo” interrogatorio a tutte le situazioni di inefficacia complessivamente considerate, ma piuttosto depone per una interpretazione del tutto opposta, nel senso cioe’ che, proprio in quanto l’unica condizione e’ quella di un avvenuto (“sia stato”) interrogatorio, la rinnovazione di tale adempimento costituisce condizione indispensabile nei soli casi di sua precedente pretermissione.
Quanto alla sentenza Schirripa (pure indicata nell’ordinanza di rimessione quale pronuncia annoverabile nell’orientamento difforme, nella misura in cui affermerebbe che il previo interrogatorio ex articolo 302 c.p.p., costituisce un presupposto indispensabile in caso di reiterazione di provvedimento applicativo di misura cautelare in precedenza dichiarata inefficace), basta rilevare che in quel caso la primigenia misura cautelare era divenuta inefficace (per effetto della decisione del tribunale del riesame) non per i motivi previsti dall’articolo 309, comma 10, bensi’ per la nullita’ dell’interrogatorio espletato ex articolo 294 c.p.p., atteso che l’indagato non aveva avuto modo di visionare gli atti, e che il giudice per le indagini preliminari, in sede di emissione della nuova misura, non aveva proceduto al previo interrogatorio dell’indagato per sentirne le ragioni.
Dato tale contesto, puo’ dirsi certamente assodato che la condicio di cui all’articolo 302 c.p.p., operi non solo quando il primo interrogatorio non sia avvenuto nel termine di legge, ma anche quando, pur formalmente espletato, debba ritenersi nullo: come, ad esempio, proprio in tutte le situazioni in cui l’indagato non e’ messo in condizione di far valere le sue ragioni, cosi’ che la funzione di “garanzia” dell’adempimento viene ad essere svilita e svuotata di significato effettivo. Non puo’, pero’, certamente sostenersi che la Quinta Sezione, in questa decisione, nel dichiarare la nullita’ della nuova misura a causa dell’omesso nuovo interrogatorio in conseguenza di un precedente interrogatorio nullo, abbia affermato un generale obbligo di reiterazione dell’adempimento “in forma anticipata” per tutti i casi in cui la dichiarazione di inefficacia non trovi aggancio alcuno con omissioni o vizi attinenti al primo interrogatorio conseguente all’emissione della misura originaria, ma risieda in patologie attinenti a momenti successivi della vicenda cautelare.
5. Dalle considerazioni sopra svolte discende che in realta’ vi e’ un unico precedente giurisprudenziale, che afferma la necessita’ di nuovo interrogatorio anche nel caso in cui la precedente ordinanza custodiale sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10: I sentenza emessa dalla Quinta Sezione, n. 5135 del 12/11/2010, Toni, Rv. 249693.
Non si puo’ fare a meno di segnalare, peraltro, come dalla medesima vicenda processuale oggetto della sentenza de qua sia scaturito appena prima, per effetto di una duplicita’ di ricorsi per cassazione promossi dalla difesa degli indagati, un altro precedente di segno totalmente opposto, costituito da Sez. 5, n. 35931 del 15/07/2010, Toni, Rv. 248417. Si tratta di una decisione nella quale si e’ espressamente ribadita “la costanza dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui qualora un’ordinanza restrittiva della liberta’ personale sia divenuta inefficace per vizi di forma (articolo 309 c.p.p., comma 10) non e’ necessario un nuovo interrogatorio dell’indagato per l’emissione di una seconda ordinanza custodiale, atteso che le prescrizioni di cui agli articoli 294 e 302 c.p.p., non sono suscettibili di applicazione analogica”.
A distanza di qualche mese, intervenendo sulla stessa vicenda ma decidendo questa volta sul ricorso promosso contro il rigetto della istanza di declaratoria di inefficacia (per omesso previo interrogatorio) della ulteriore misura cautelare successivamente disposta, la stessa Quinta Sezione, con la sentenza n. 3135 del 2010, ha proposto, per la prima volta, una lettura delle norme applicabili di segno totalmente opposto rispetto a quella sino ad allora mai realmente messa in discussione.
Nella sentenza si e’ evidenziata innanzitutto, in senso critico, la singolare (definita “strumentale”) anomalia, caratterizzata dal differimento degli effetti della declaratoria di inefficacia di precedente titolo custodiale, pronunciato in questa occasione dal Tribunale di Firenze inusualmente in prevenzione, ossia in base al mero rilievo che, in tempo utile, non si sarebbe potuto ovviare a quella che null’altro era che una inadempienza dell’ufficio, cioe’ la mancata notifica dell’avviso dell’udienza camerale ai codifensori degli indagati: per la Corte, la perdita di efficacia di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 10, era evento che conseguiva automaticamente alla mancata osservanza del termine normativo, come fatto rilevabile ex post e, di per se’, insuscettibile di dichiarazione preventiva, in vista di previsione di – pur sicura – inutile decorrenza.
Sulla base di tale premessa, la Corte, capovolgendo di fatto quanto poco prima affermato sulla stessa vicenda storica, ha escluso che il nuovo titolo custodiale emesso dal giudice per le indagini preliminari, anche se motivato per relationem al contenuto della precedente ordinanza, potesse ritenersi meramente reiterativo o sostitutivo di quello emesso in precedenza, per la ragione che quest’ultimo titolo, pur se votato ad ineluttabile caducazione di efficacia in ragione della prevista inosservanza del termine stabilito per la decisione del giudice del riesame, era ancora valido al momento dell’emissione del nuovo, tanto da esigere, come di fatto era avvenuto, una rinnovata richiesta del pubblico ministero.
Proprio perche’ si trattava di misura nuova (e non meramente reiterativa o sostitutiva della precedente), la sua emissione richiedeva anche che il giudice per le indagini preliminari procedesse a nuovo interrogatorio degli indagati, a pena di inefficacia ai sensi del combinato disposto degli articoli 294 e 302 c.p.p.. Ne derivava che il non aver rilevato tale effetto ex lege (da parte del giudice per le indagini preliminari richiesto di dichiarare l’inefficacia della misura per omesso previo interrogatorio) integrava un errore di giudizio tale da inficiare il provvedimento impugnato, comportandone la radicale nullita’.
Conseguentemente, in quest’unico precedente effettivamente difforme rispetto all’orientamento consolidato illustrato al par. 2, la necessita’ del nuovo previo interrogatorio (per quanto esteso anche ai casi di reiterazione di misura dichiarata inefficace per vizi di forma diversi da quello previsto dall’articolo 302 c.p.p.) e’ stata collegata alle sole ipotesi di misura “nuova”, non meramente reiterativa o sostitutiva della precedente, situazione quest’ultima nella quale l’adempimento non sarebbe necessario.
Ma v’e’ di piu’. In questa sentenza la “novita’” della seconda misura e’ stata sostanzialmente ancorata a un dato temporale-processuale (l’essere cioe’ intervenuta prima della effettiva, ancorche’ gia’ dichiarata, perdita di efficacia della prima) che non trova corrispondenza con il tradizionale elemento di discrimine, sempre individuato nella presenza o meno di un quid novi all’interno del compendio indiziario-cautelare. La misura “nuova” e’ stata comunemente individuata nella giurisprudenza di legittimita’ in quella che si fonda su elementi anche solo in parte dissimili da quelli posti a base della prima, attinenti al quadro probatorio o ai pericula libertatis, mentre, ex adverso, l’ordinanza che reiteri pedissequamente le valutazioni del primo provvedimento (venga o meno adottata la tecnica per relationem e indipendentemente dalla effettiva perdita di efficacia della misura primigenia) e’ stata sempre qualificata come priva di un contenuto di novita’.
Inoltre, indipendentemente dal criterio adoperato per rintracciare tale carattere, il precedente afferma un principio di generale obbligatorieta’ del previo interrogatorio per le misure “nuove” che non pare trovare rispondenza nel percorso giurisprudenziale antecedente, in cui la “novita’” ha sempre costituito una ragione per esigere l’interrogatorio successivo ex articolo 294 c.p.p., e non quello anticipato di cui all’articolo 302 c.p.p. (ad esempio, in tema di reiterazione di misure emesse da giudice incompetente: v. ex multis: Sez. 5, n. 3399 del 27/10/2009, Zarcone, Rv. 245836; Sez. 5, n. 43281 del 17/10/2008, Negro, Rv. 241726; Sez. 2, n. 29924 del 17/04/2007, Cappuccio, Rv. 237697; e soprattutto, Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001, Zaccardi, Rv. 219975).
6. Dalla disamina dei precedenti giurisprudenziali effettuata nei due punti che precedono emerge da un lato la inconferenza (rispetto alla tesi della necessita’ di nuovo – e tanto piu’ “previo” – interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame) delle due pronunce esaminate al par. 4 (sentenze Manfredi e Schirripa) e, dall’altro, la singolarita’ della fattispecie che aveva formato oggetto della sentenza Toni n. 5135 del 12/11/2010 (Rv. 249693), le cui conclusioni, per le argomentazioni sopra svolte, non possono essere condivise e, in ogni caso, non appaiono di portata generale.
Ne discende che, in realta’, non e’ riscontrabile nella giurisprudenza di legittimita’ un reale orientamento contrario rispetto a quello oramai consolidato che ha stabilito che nell’ipotesi di emissione di nuova misura custodiale in seguito alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10, di quella precedente, il giudice per le indagini preliminari non ha il dovere di interrogare l’indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime carcerario e non e’ tenuto a reiterare l’interrogatorio di garanzia neanche successivamente quando la misura cautelare precedentemente emessa sia caducata per motivi esclusivamente formali, sempre che l’interrogatorio sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente.
A tale consolidato orientamento il Collegio ritiene di aderire pienamente, posto che l’interrogatorio in questione e’ posto a garanzia dell’imputato, sicche’ tale garanzia non ricorre ove lo stesso sia stato messo nelle condizioni di esprimere in precedenza le sue difese sulla medesima imputazione (Sez. 2, n. 9258 del 23/11/2012, Sarpa. Rv. 254870).
Del resto si tratta di giurisprudenza confortata da altre pronunce relative a fattispecie analoghe (come nel caso del giudice che, avendo ricevuto gli atti da quello dichiaratosi incompetente, abbia rinnovato, ai sensi dell’articolo 27 c.p.p., l’ordinanza cautelare precedentemente emessa, per il quale si e’ ritenuto che non ricorre l’obbligo di interrogare nuovamente l’indagato ai sensi dell’articolo 294 c.p.p., salvo che si contestino elementi nuovi e diversi: v. in particolare Sez. 5, n. 43281 del 17/10/2008, Negro, Rv. 241726) e significativamente avallata dal Giudice delle Leggi.
La Corte Costituzionale ha, infatti, ripetutamente affermato che l’interrogatorio previsto dall’articolo 294 c.p.p., comma 1, consistendo in un colloquio diretto tra la persona destinataria della misura cautelare e il giudice che l’ha adottata, e’ specificamente rivolto a consentire a quest’ultimo di verificare la sussistenza o la permanenza delle condizioni poste a base del provvedimento e costituisce quindi, fra tutti, lo strumento di difesa piu’ efficace in relazione alla cautela disposta (sentenze n. 95 del 2001, n. 32 del 1999 e n. 77 del 1997); con cio’ implicitamente ribadendo la assoluta necessita’ dell’espletamento tempestivo di tale atto e la inutilita’, una volta che sia stato validamente effettuato, di una sua ripetizione in presenza di un compendio indiziario e cautelare del tutto immutato.
7. Deve dunque essere enunciato il seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi di emissione di nuova misura cautelare custodiale in seguito alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10, di quella precedente, il giudice per le indagini preliminari non ha il dovere di interrogare l’indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime custodiale e non e’ tenuto a reiterare l’interrogatorio di garanzia neanche successivamente, sempre che l’interrogatorio sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente”.
8. Resta da esaminare la particolare problematica adombrata dal Tribunale di Perugia in relazione alla asserita peculiarita’ del caso di specie, essendo la nuova misura cautelare sopraggiunta quando l’indagato era gia’ stato effettivamente rimesso in liberta’, circostanza che differenzierebbe la fattispecie in questione da quella in cui la scarcerazione sia rimasta al solo livello virtuale (unica ipotesi in cui, per il Tribunale, non sarebbe necessario il nuovo interrogatorio). Ad avviso del Tribunale di Perugia tale evento (il riconquistato status libertatis), al di la’ delle motivazioni meramente formali che avevano prodotto la caducazione della misura, imporrebbe sempre l’espletamento del previo interrogatorio in caso di sopravvenuta inefficacia della misura, nulla rilevando che l’indagato abbia reso interrogatorio in epoca in cui era sottoposto a misura restrittiva della liberta’ personale.
Tale prospettazione (ripresa nella memoria depositata nell’interesse dell’indagato) non puo’ essere condivisa, in quanto si basa sulla ritenuta applicabilita’ della disposizione di cui all’articolo 302 c.p.p., (relativa alla necessita’ del previo interrogatorio per l’emissione di un nuovo provvedimento di custodia cautelare nell’ipotesi di perdita di efficacia della misura a seguito dell’omissione di un valido interrogatorio di garanzia nei termini fissati dalla legge) al caso previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10, (perdita di efficacia dell’ordinanza dispositiva della misura cautelare per omessa trasmissione degli atti nei termini di cui al detto articolo 309, comma 5, o per mancata decisione sulla richiesta di riesame entro il termine prescritto). Come si e’ visto, invece, la disposizione di cui all’articolo 302 c.p.p., non si applica al caso previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10. Il legislatore, infatti, ha imposto il previo interrogatorio in stato di liberta’ nell’ipotesi di cui all’articolo 294 c.p.p., (mancato interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare) per ragioni di tutela dell’indagato, che, se tempestivamente interrogato, avrebbe potuto far valere le sue ragioni difensive. Ma non v’e’ identita’ di ratio tra questa ipotesi e quella dell’inefficacia prevista dall’articolo 309 c.p.p., comma 10 (Sez. 1, n. 2955 del 02/05/1996, Cavasino, Rv. 205137; Sez. 4, n. 1412 del 05/05/1999, Gammarota, Rv. 213817; Sez. 1, n. 6496 del 17/12/1998, Di Martino, Rv. 212811).
9. Alla luce delle considerazioni svolte il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia deve ritenersi fondato, con la conseguenza che l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Perugia per l’ulteriore corso.
La Cancelleria dovra’ provvedere agli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p.: infatti, nei casi (come in quello in esame) in cui l’esecuzione consegue alla decisione della Corte di cassazione, spetta al pubblico ministero procedente adottare, su segnalazione della Cancelleria della Corte e ove ne esistano i presupposti, gli opportuni provvedimenti (Sez. 3, n. 1722 del 28/07/1993, Candio, Rv. 194675).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Perugia per l’ulteriore corso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

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