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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 giugno 2015, n. 13116. La valutazione della genuina sussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva – disciplinato ex art. 3 l. n. 604/1966 – deve essere effettuata sulla base degli elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso, la cui motivazione deve trovare fondamento in circostanze realmente esistenti in quel momento e non svoltesi ormai da molto tempo.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 24 giugno 2015, n. 13116 Svolgimento del processo 1.— La sentenza attualmente impugnata, per quel che rileva in questa sede, respinge l’appello proposto da D.M. avverso la sentenza n. 15174/2007 del Tribunale di Roma, di rigetto del ricorso della lavoratrice, volto ad ottenere la dichiarazione di nullità del...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 28 maggio 2015, n. 11067. La nozione di giustificatezza introdotta dalla contrattazione collettiva in materia di licenziamento e’ nettamente distinta dalle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo Legge n. 604 del 1966, ex articolo 2119 e articolo 3 traducendosi essenzialmente in assenza di arbitrarieta’ e pretestuosita’ o, per converso, nella ragionevolezza del provvedimento datoriale. La nozione di giustificatezza del licenziamento, che rileva ai fini del riconoscimento del diritto alla indennita’ supplementare, spettante in base alla contrattazione collettiva al dirigente, non coincide con quelle di giusta causa o giustificato motivo del licenziamento del lavoratore subordinato, ma e’ molto piu’ ampia, e si estende sino a comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda l’arbitrarieta’, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede e del divieto dei licenziamento discriminatorio. Ond’e’ che, a differenza dell’esonero del datore di lavoro dal pagamento dell’indennita’ supplementare, generalmente prevista per i dirigenti di azienda dalla contrattazione collettiva, che presuppone la giustificazione del licenziamento, l’esonero dall’obbligo del preavviso o da quello alternativo del pagamento dell’indennita’ sostitutiva presuppone la giusta causa che consiste in un fatto che, in concreto valutato (e cioe’, sia in relazione alle sua oggettivita’ sia con riferimento alle sue connotazioni soggettive), determina una grave lesione della fiducia del datore di lavoro nel proprio dipendente, tale da non consentire la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto, tenuto conto altresi’ della natura di quest’ultimo e del grado di fiducia che esso postula, di guisa che possono ricorrere le condizioni per non corrispondere l’indennita’ supplementare, in presenza della giustificatezza del licenziamento, e non sussistere quelle per negare l’indennita’ sostitutiva di preavviso in assenza della giusta causa

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 28 maggio 2015, n. 11067   REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere Dott. DORONZO Adriana – Consigliere Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 maggio 2015, n. 10834. Qualora il lavoratore dimostri che le varie contestazioni disciplinari subite avevano finalità discriminatoria e ritorsiva, è corretto dedurne l’illegittimità del successivo licenziamento, presentato. Se non tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) illegittimi sono discriminatori, tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) discriminatori sono illegittimi

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 26 maggio 2015, n. 10834 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. FEDERICO Guido – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 marzo 2015, n. 5878. Il dipendente in ufficio può salvare i documenti sul computer con espressioni volgari, ma non per questo è licenziabile

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 24 marzo 2015, n. 5878 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. DORONZO Adriana...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 gennaio 2015, n. 854. Deve ritenersi illegittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro al lavoratore che, in più occasioni in un breve arco di tempo, abbia furtivamente sottratto dagli scaffali del supermercato, ove operava quale addetto alle vendite, confezioni di vino in scatola per poi consumarle nello stesso luogo di lavoro ivi abbandonandone i vuoti

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 20 gennaio 2015, n. 854 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. DE MARINIS Nicola...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 gennaio 2015, n. 3. L'errore di fatto che puo' dare luogo alla revocazione di una sentenza consiste nell'erronea percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella supposizione dell'esistenza di un fatto la cui verita' risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell'esistenza di un fatto la cui verita' e' inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito; il suddetto errore inoltre non puo' riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della semplice rilevabilita' sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa, senza necessita' di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l'errore la pronuncia sarebbe stata diversa

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 gennaio 2015, n. 3 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIDIRI Guido – Presidente Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere Dott. DORONZO Adriana...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 gennaio 2015, n. 344. La Corte territoriale ha esaurientemente motivato le ragioni disciplinari specificamente contestate dalla società datrice. Esse sono state individuate dalla sentenza impugnata nell'abuso palese della concessione del benefit dei"l'utilizzo dell'autovettura, ancorché affidata al coniuge, in modo abnorme per lunghe percorrenze in periodi in cui il rapporto era sospeso per malattia" (come appunto oggetto di dettagliata contestazione nella lettera inviata, con puntuale indicazione dei periodi di assenza del lavoratore per malattia e dei rifornimenti di carburante compiuti e dell'entità di chilometri, oltre 4.000, assolutamente ingiustificabile in periodo di malattia), pure rendendo "impossibili i controlli che il datore di lavoro avrebbe potuto richiedere" in tali periodi di malattia per assenza dalla propria abitazione, pure oggetto di specifica contestazione datoriale nella medesima lettera (in cui si legge, come sia "emerso che Ella, nonostante fosse in malattia, ha dichiarato di aver effettuato i seguenti rifornimenti, in occasione dei quali peraltro avrebbe dovuto essere al Suo domicilio per poter essere sottoposto alle eventuali visite di controllo"). A fronte dell'emergenza di tali risultanze, frutto di un adeguato accertamento in fatto del giudice di merito (pure insindacabile in sede di legittimità), appare priva di ogni plausibile fondatezza confutativa del ragionamento della Corte territoriale l'insistita contestazione in ordine alla concessione dell'uso "promiscuo" dell'autovettura, non potendosi seriamente dubitare come essa non rilevi in relazione a periodi così lunghi di assenza per malattia (dal 23 marzo 2008 al 22 giugno 2008 e dal 25 giugno 2008 al 22 agosto 2008, secondo la lettera di contestazione), in cui il numero abnorme di km. percorsi risponde ad un uso "esclusivo" per ragioni non di ufficio, né in alcun modo giustificabile, a fronte dell'obbligo del lavoratore di non allontanarsi dall'abitazione ed anzi in aperta contraddizione con esso. Quanto poi all'assenza da casa in fasce orarie di reperibilità, incontestata e comunque documentata, essa non è stata apprezzata sotto il profilo di rituale modalità del suo accertamento, in supposta violazione dell'art. 5 l. 300/1970, ma piuttosto sotto quello del notevole inadempimento agli obblighi contrattuali di buona fede e diligenza ai sensi degli artt. 2104 e 2110 c.c., indubbiamente sussistenti anche in riferimento al periodo di malattia, in cui il rapporto di lavoro deve ritenersi vigente, ancorché sospeso. Il comportamento accertato è stato quindi, in ragione della ravvisata ripetuta indulgenza datoriale, correttamente ritenuto come integrante, anziché giusta causa, giustificato motivo soggettivo di licenziamento, con una conversione (nel caso di specie, in accoglimento di domanda subordinata del lavoratore) nel potere di qualificazione giuridica del giudice, fermo restando il principio di immutabilità della contestazione.

Suprema Corte Cassazione sezione lavoro sentenza 13 gennaio 2015, n. 344 Svolgimento del processo La Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado (che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato da C.T.S. s.p.a. il 22 agosto 2008, a seguito di contestazione disciplinare, a C.S.A. , suo dipendente dalla fine...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 18 dicembre 2014, n. 26744. La previa contestazione dell'addebito, necessaria in tutte le sanzioni disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 18 dicembre 2014, n. 26744 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – rel. Presidente Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. DORONZO Adriana...