La prelazione volontaria e legale

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 25 marzo 2016, n. 5952

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 898/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/04/2011, R.G.N. 289/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/2015 dal Consigliere Dott. AMBROSIO ANNAMARIA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giudizio promosso da (OMISSIS), quale proprietario confinante, per l’esercizio del retratto agrario, relativamente al fondo rustico sito in (OMISSIS), alienato da (OMISSIS) a (OMISSIS) con atto in data 16.12.2002 – giudizio nel quale venivano chiamati in causa a fini di manleva, da parte del convenuto (OMISSIS), (OMISSIS) e da parte di quest’ultimo, (OMISSIS), sul presupposto della cessione del preliminare di vendita dal (OMISSIS) al (OMISSIS) – l’adito Tribunale di Venezia, sez. distaccata di Chioggia rigettava la domanda di riscatto, ritenendola intempestiva.

La decisione, gravata da impugnazione di (OMISSIS), era riformata dalla Corte di appello di Venezia, la quale con sentenza n. 898 in data 12.04.2011, cosi’ provvedeva: dichiarava inefficace nei confronti di (OMISSIS) la compravendita intervenuta in data 16.12.2002 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e, per l’effetto, dichiarava quest’ultimo sostituito ex tunc nella posizione di acquirente dal predetto (OMISSIS) alle medesime condizioni; dichiarava trasferito il fondo rustico al (OMISSIS), condizionando il trasferimento al pagamento della somma di Euro 10.500,00 indicata nell’atto di compravendita e disponendo la relativa trascrizione; condannava (OMISSIS), dal momento in cui sarebbe stato perfezionato l’acquisto in capo al (OMISSIS), con il passaggio in giudicato della sentenza e il pagamento del prezzo, a demolire a proprie spese le opere eseguite nel fondo per cui e’ causa; condannava (OMISSIS), dal momento in cui sarebbe stato perfezionato l’acquisto in capo al (OMISSIS), con il passaggio in giudicato della sentenza e il pagamento del prezzo, a rimborsare al (OMISSIS) le spese di acquisto dell’immobile, rivalutate in Euro 3.357,90; rigettava le domande proposte dal (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS); condannava il (OMISSIS) alla rifusione in favore del (OMISSIS) alle spese del doppio grado e il (OMISSIS) alla rifusione delle spese del doppio grado in favore del (OMISSIS) e del (OMISSIS).

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), svolgendo tre motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS).

Nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta da parte di (OMISSIS).

Sono state depositate memorie dal ricorrente e dal (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione della L. n. 817 del 1971, articolo 7, L. 590 del 1965, articolo 8, L. n. 203 del 1982, articolo 7, Decreto Legislativo n. 99 del 2004, articolo 2, comma 3, articoli 2253, 2266, 2267 e 2268 c.c., nonche’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dal difetto della titolarita’ del diritto di riscatto da parte del (OMISSIS), quale socio della societa’ semplice, affittuaria del terreno confinante.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, articolo 8, L. n. 817 del 1971, articolo 7, articoli 1111, 1321 e 1322 cod. civ., nonche’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dal requisito della mancata vendita di fondi rustici nel biennio antecedente all’esercizio del diritto di riscatto.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 nullita’ della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 116 c.p.c., comma 2, nonche’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente al rigetto della domanda di rimborso delle spese per la costruzione di un edificio insistente sul fondo riscattato.

4. Il primo motivo di ricorso riguarda il tema centrale della decisione impugnata. Al riguardo la Corte di appello – premesso, in fatto, che (OMISSIS) era comproprietario (con la madre (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS)) del fondo (mapp. (OMISSIS)) confinante con quello oggetto di riscatto (mapp. (OMISSIS)) – ha ritenuto irrilevante che (OMISSIS) non conducesse direttamente il fondo confinante, per essere lo stesso condotto in affitto dalla societa’ semplice (OMISSIS) e (OMISSIS), e cioe’ da una societa’ di cui il riscattante era socio. A tali effetti la decisione fa affidamento su un duplice ordine di considerazioni:

innanzitutto, sul presupposto della mancanza di autonomia patrimoniale della societa’ semplice (desunta dalla possibilita’ per il creditore particolare del socio di chiederne la liquidazione della quota “salvo che sia deliberato lo scioglimento della societa’” ex articolo 2270 cod. civ.), per cui detta societa’ non costituirebbe “uno schermo tale da impedire che, in capo socio della stessa che sia anche comproprietario del terreno condotto in affitto dalla medesima, si possano ravvisare le due caratteristiche di proprietario confinante da un lato, e di coltivatore diretto dall’altro, che, unite tra loro, comportano i diritti di prelazione e riscatto agrario”; con la conseguenza che “il condurre il fondo in societa’ con un terzo” verrebbe a concretare una situazione assimilabile a quella di comproprieta’ del fondo confinante, in cui e’ acquisito in giurisprudenza che il diritto di riscatto puo’ essere esercitato da parte di uno soltanto dei comproprietari (che sia coltivatore diretto) indipendentemente dagli altri comproprietari;

sull’ulteriore assunto che, ai fini della prelazione e del riscatto, non sarebbe, comunque, richiesto che il proprietario dei terreni confinanti conduca direttamente questi ultimi, in quanto l’espressione “purche’ sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti” contenuta nella L. n. 817 del 1971, articolo 7, comma 2, n. 2 si riferisce ai fondi posti in vendita; derivandone di conseguenza che sarebbe sufficiente che il retraente sia coltivatore diretto (anche in relazione ad altri fondi) e proprietario del terreno confinante con quello oggetto di vendita.

4.1. Parte ricorrente, contestando la correttezza in diritto di entrambi gli assunti a fondamento della decisione, per un verso, osserva che l’autonomia patrimoniale della societa’ semplice e la configurabilita’ di un autonomo centro di imputazione non consentono la riferibilita’ ai singoli soci del rapporto facente capo alla societa’ stessa, precisando che – quand’anche si muovesse dalla premessa assunta dai giudici a quibus – l’impossibilita’ di qualificare la societa’ semplice, quale coltivatore diretto ai sensi e agli effetti della L. n. 203 del 1982, articolo 7, precluderebbe, comunque, l’attribuzione al socio di un diritto di riscatto che non spettava alla societa’ (risultando, nel contempo, esclusa ratione temporis l’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 99 del 2004, articolo 9); per altro verso, rileva che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. n. 1712/2010; n. 8595/2001) smentisce la tesi dei giudici di appello – siccome in contrasto con la ratio legis – secondo cui il diritto di prelazione (come quello di riscatto) postulerebbero una mera situazione di proprieta’ del fondo confinante e la qualita’ di coltivatore diretto, a prescindere dal fatto che il fondo dallo stesso coltivato sia quello confinante o altro.

5. La questione giuridica che si tratta di decidere – su cui non risultano precedenti di legittimita’ in termini – e’ originata dalla peculiarita’ della fattispecie concreta, in cui il fondo confinante, con il terreno oggetto di riscatto, risulta condotto in affitto da una societa’ semplice. In particolare il problema che viene in rilievo, in considerazione della circostanza che tra i soci vi e’ uno dei comproprietari del fondo stesso, e’ se costui sia o meno titolare del diritto di prelazione agraria e dello speculare diritto di riscatto (che e’ quello fatto valere presente giudizio) nella ricorrenza degli altri requisiti di legge.

Cosi’ individuati i termini della questione, appare evidente che nella relativa soluzione si rivela indifferente il Decreto Legislativo n. 99 del 2004, articolo 2 (e, segnatamente, il comma 3, secondo cui “l’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, articolo 8, e successive modificazioni, ed alla L. 14 agosto 1971, n. 817, articolo 7, spetta anche alla societa’ agricola di persone qualora almeno la meta’ dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 c.c., e segg.”); e cio’ non solo e non tanto, perche’ (come avverte il ricorrente) si tratta di normativa inapplicabile ratione temporis – dovendo, agli effetti del riscatto, aversi riguardo alla normativa, in vigore sia al tempo in cui sorge ex lege il diritto, coincidente con l’alienazione conclusa senza che l’avente diritto alla prelazione sia stato posto nelle condizioni di esercitarla (e cioe’ alla data del 16.12. 2002), sia al momento dell’esercizio del riscatto (individuato dalla decisione impugnata nella lettera racc. 11.09.2003 o almeno nella citazione del 20.11.2003) – ma anche (e, anzi, soprattutto) perche’ nella specie non si discute del diritto di prelazione/riscatto dell’ente collettivo, bensi’ della titolarita’ dello stesso diritto da parte della persona fisica del socio (com)proprietario del fondo.

Per analoghe ragioni non si rivela conducente nella risoluzione della vicenda il riferimento alla L. 3 maggio 1982, n. 203, articolo 7, comma 1, che disciplina la materia dei patti agrari, laddove sono equiparati ai coltivatori diretti “le cooperative costituite dai lavori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono o attuano la coltivazione diretta dei fondi”, giacche’, per effetto di siffatte aggregazioni, e’ la cooperativa o la forma associata che si manifesta ed agisce all’esterno e ad essa viene esteso il trattamento giuridico riconosciuto al coltivatore diretto; laddove, nella fattispecie, ripetesi, non e’ la societa’ che fa valere il diritto di riscatto (ne’ – puo’ aggiungersi – la stessa avrebbe potuto far valere una situazione astrattamente riconducibile a quelle che legittimano il diritto di riscatto ai sensi della L. n. 590 del 1965, articolo 8 e della L. n. 817 del 1971, articolo 7, se non altro per non essere ne’ proprietaria del fondo confinante, ne’ affittuaria del fondo che si vuole riscattare). E cio’ anche a prescindere dall’ulteriore rilievo acquisito nella giurisprudenza di questa Corte – nell’ambito normativo di riferimento antecedente al cit. Decreto Legislativo n. 99 del 2004 secondo cui la norma non si riferisce alle societa’ diverse dalla cooperativa (cfr. Cass. civ. n. 5535/1995 che ha negato il diritto di ripresa di cui alla cit. L. n. 203 del 1982, articolo 42, lettera a) ad una societa’ in accomandita semplice, ancorche’ tutti i partecipanti fossero coltivatori diretti).

E’ appena il caso di aggiungere che il Decreto Legislativo n. 228 del 2001, articolo 7, intitolato “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, non lascia adito a dubbi in ordine al suo carattere di norma volta solo a disciplinare il concorso tra piu’ proprietari confinanti, ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, senza incidere sulle condizioni richieste dal comb. disp. della L. n. 817 del 1971, articolo 7, L. n. 590 del 1965, articolo 8, per l’insorgere della sua titolarita’ (cfr. Cass. civ. ord. 15 settembre 2015, n.18099); inoltre il successivo articolo 9 richiamato da parte resistente (secondo cui “al soci delle societa’ di persone esercenti attivita’ agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l’apporto delle unita’ attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare”) non riguarda all’evidenza il diritto di prelazione e quello di riscatto, riferendosi ai diritti afferenti alla diverse posizioni tributarie, creditizie e previdenziali.

5.1. Cio’ premesso in ordine all’ambito normativo di riferimento, si rileva, innanzitutto, che la giurisprudenza di questa Corte e’ costante nell’affermare che le norme sul diritto di prelazione e di riscatto, di cui alla L. n. 590 del 1965, articolo 8 e successive modificazioni e alla L. n. 817 del 1971, articolo 8, sono norme di stretta interpretazione, che prevedono un numero chiuso di ipotesi e non consentono estensioni al di fuori di quelle tassativamente previste (ex multis, Cass. civ. 5 marzo 2007, n. 5072; Cass. civ. 1 aprile 2003, n. 4914.). E cio’ per l’ovvia considerazione che il diritta di prelazione e di riscatto apportano, in concreto, una significativa limitazione del diritto di proprieta’ garantito dall’articolo 42 Cost., perche’ una delle prerogative fondamentali del proprietario e’ quella di alienare il proprio diritto ad un soggetto liberamente scelto; facolta’ che risulta fortemente compressa dalle norme sul diritto di prelazione.

L’esegesi delle norme che disciplinano il diritto di prelazione agraria e di riscatto esige, quindi, un costante bilanciamento tra valori costituzionalmente rilevanti, atteso che il fondamento dell’istituto di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, articolo 8 e successive modificazione e alla L. 14 agosto 1971, n. 817, articolo 7, si rinviene nell’intento del legislatore, di favorire la riunione nella medesima persona della condizione di proprietario del fondo e di coltivatore dello stesso, nonche’ di agevolare la formazione e lo sviluppo della proprieta’ contadina, attraverso un accorpamento dei fondi idoneo a migliorarne la redditivita’, evitando, nel contempo, che l’esercizio della prelazione avvenga per finalita’ meramente speculative. In tale prospettiva il vigente sistema positivo non garantisce il diritto di prelazione, nell’acquisto di fondi rustici, in genere, ai coltivatori diretti, ma unicamente a coloro che tra i coltivatori diretti si trovino in un particolare rapporto con il fondo in vendita.

Sulla base di tale premessa, la norma di cui alla L. n. 817 del 1971, articolo 7 – nella parte che qui rileva (articolo 7, comma 2, n. 2) in cui stabilisce che il diritto di prelazione (e quindi di riscatto) spetta anche “al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purche’ sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti” – va interpretata, nel senso, che, da un lato, il diritto di prelazione (o quello succedaneo di riscatto) del proprietario confinante e’ destinato a cedere rispetto a quello esercitato dal mezzadro (colono, affittuario, ecc) insediato nel fondo oggetto di alienazione e, dall’altro, che il proprietario del fondo confinante con quello in vendita, in tanto risulta titolare di siffatto diritto, in quanto non solo abbia la qualita’ di coltivatore diretto ma, contemporaneamente, coltivi direttamente i terreni confinanti con quello in vendita.

Invero – contrariamente a quanto predicato nella decisione impugnata costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di questa Corte quella che, ai fini dell’esercizio della prelazione da parte del proprietario confinante del fondo compravenduto ai sensi della L. n. 817 del 1971, e’ necessario non solo che lo stesso rivesta la qualifica di coltivatore diretto per essere dedito in concreto alla attivita’ agricola, ma altresi’ che coltivi direttamente il fondo adiacente a quello posto in vendita, non essendo sufficiente che eserciti altrove l’attivita’ di agricoltore. L’intento perseguito dal legislatore e’, infatti, l’ampliamento dell’impresa coltivatrice diretta finitima, non gia’ l’acquisto della proprieta’ della terra da parte di qualsiasi coltivatore diretto (Cass. civ. 27 gennaio 2010, n. 1712; Cass. civ. 16 marzo 2005, n. 5682; Cass. civ. 22 giugno 2001, n. 8595).

Merita rammentare che, nella prospettiva qui assunta, una recente decisione di questa Corte ha affermato che il diritto di prelazione e riscatto agrario, previsto dalla L. 14 agosto 1971, n. 817, articolo 7, non spetta al confinante nudo proprietario, in quanto tale privo della qualita’ di coltivatore diretto del fondo, che non ha poteri di godimento del bene, di cui potrebbe non diventare mai pieno proprietario. (Cass. civ. 7 aprile 2015, n. 6904).

5.2. In altri termini la legge, nel riconoscere il diritto di prelazione al proprietario coltivatore diretto di terreni confinanti, postula una coincidenza tra titolarita’ del fondo ed esercizio dell’attivita’ agricola. E se questa e’ la condizione indicata dalla legge, e’ evidente che lo stesso diritto non puo’ essere riconosciuto al proprietario che abbia concesso in affitto il fondo ad una societa’, ancorche’ di persone, come la societa’ semplice; e cio’ quand’anche il proprietario sia anche socio della societa’, giacche, in tal caso, e’ la societa’ che e’ nel godimento del fondo e si manifesta ed agisce all’esterno come titolare dell’attivita’ agricola.

L’assunto di parte resistente (cfr. pag. 10 del controricorso), secondo cui il contratto di affitto “non e’ intervenuto tra gli eredi di (OMISSIS) e la societa’ semplice, ma tra gli eredi ed i singoli soci” e che (OMISSIS) essendo “sia erede sia socio della societa’ semplice, mal avrebbe potuto concedere in affitto la propria quota di proprieta’” (pag. 10 del controricorso) si infrange – prima ancora che sulla diversa ricostruzione in fatto riportata nella decisione impugnata – sulla considerazione della configurabilita’ di un autonomo centro di imputazione giuridica con riguardo alla societa’. Invero il sistema delineato dall’articolo 2266 c.c., e segg., riconducibile ad un’autonomia patrimoniale imperfetta – e non gia’ ad una mancanza di autonomia patrimoniale, come semplicisticamente si legge nella decisione impugnata – postula che la societa’ debba essere considerata come un complesso unitario, portatore di una propria volonta’ e di propri interessi giuridicamente protetti, diversi e distinti da quello delle persone fisiche dei singoli soci; con la specifica conseguenza che, nel caso che qui ci occupa, il (com)proprietario del fondo, nell’ambito del contratto di affitto, assume la veste di concedente, che non puo’ essere confusa con la posizione dell’affittuaria, che e’ riferibile alla societa’.

Sotto questo profilo si rivela errata l’assimilazione suggerita nella decisione impugnata tra la posizione del socio della societa’ affittuaria e quella del comproprietario del fondo confinante che faccia valere il diritto di prelazione (o di riscatto), indipendentemente dagli altri comproprietari. Invero in quest’ultima situazione la giurisprudenza di questa Corte riconosce la titolarita’ del diritto di prelazione (o di riscatto) al singolo comproprietario, coltivatore diretto del terreno confinante – pur nell’eventualita’ che nella futura divisione dovesse essergli assegnata (con efficacia retroattiva, stante la natura dichiarativa) una porzione non confinante con il terreno per cui ha esercitato il riscatto – per la considerazione che al momento dell’esercizio di tale diritto sussiste la condizione del diritto di proprieta’ su tutto il fondo, pur se limitato, nel contenuto, dall’analogo diritto degli altri (cfr. Cass. civ. n. 2481/1998, richiamata nella decisione impugnata) e, quindi, proprio sul presupposto dell’attualita’ della conduzione del fondo da parte del comproprietario istante per il riscatto al momento dell’esercizio del diritto. E tanto, nella fattispecie, andava, invece, escluso, per essere stato accertato che, in quello stesso momento, rilevante ai fini per l’esercizio della prelazione e riscatto, i comproprietari avevano concesso in affitto il fondo ad un ente, che seppure privo di personalita’ giuridica, si poneva in posizione di terzieta’ rispetto ad essi (ivi inclusa la persona fisica del socio, comproprietario).

D’altra parte l’erroneita’ della tesi, che rinviene la legittimazione ad agire per il riscatto nella mera qualita’ di socio della societa’ affittuaria o in una sorta di “sommatoria” della qualita’ di socio e di proprietario – quale profilata nella decisione impugnata – si riscontra anche ove si consideri che, per quanto sopra esposto sub 5), neppure era prefigurabile in capo alla societa’ il diritto in questione e che la mera qualita’ di (com)proprietario del fondo confinante non legittimava, di per se’, all’esercizio del riscatto.

In definitiva il primo motivo di ricorso va accolto, enunciandosi il seguente principio di diritto:

poiche’ il diritto di prelazione e di riscatto agrari costituiscono ipotesi tassative, regolate dalla legge e non suscettibili di interpretazione estensiva, i diritti di prelazione e di riscatto del confinante, previsti dalla L. n. 817 del 1971, articolo 7, comma 2, n. 2), non spettano al socio della societa’ semplice, affittuaria del fondo rustico, ancorche’ il socio sia anche comproprietario del fondo, dal momento che la norma richiede la coincidenza tra la titolarita’ del fondo e l’esercizio dell’attivita’ agricola, nella specie riferibile alla societa’.

6. L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli altri, che rimangono assorbiti.

E poiche’ non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo pacifico che, al momento dell’esercizio del riscatto da parte di (OMISSIS), il fondo confinante era condotto in affitto dalla societa’, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, rigettandosi la domanda di riscatto proposta dal (OMISSIS), per mancanza di uno dei requisiti di legge.

In considerazione della novita’ della questione, oltre che dell’esito alterno dei due gradi di merito, la Corte ravvisa i giusti motivi (nel testo dell’articolo 92 cod. proc. civ. qui applicabile ratione temporis) per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di riscatto agrario proposta da (OMISSIS). Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

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