Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 marzo 2024| n. 8306.
Il trasporto di passeggero a bordo di ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente ed il concorso di colpa del danneggiato
Il trasporto di passeggero a bordo di ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente, condizionando la stabilità e la possibilità di controllo, arresto e manovra del mezzo, incide di regola, salva rigorosa prova contraria sull’eziologia del sinistro ed integra condotta colposa da considerare ai fini della ricostruzione del sinistro e del concorso di colpa del danneggiato.
Ordinanza|| n. 8306. Il trasporto di passeggero a bordo di ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente ed il concorso di colpa del danneggiato
Data udienza 13 marzo 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Circolazione stradale – Trasporto – In genere trasporto di persone – Ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente – Elementi da considerare ai fini della ricostruzione del sinistro e del concorso di colpa del danneggiato.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere – Rel.
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21967/2021 R.G. proposto da:
COMUNE DI ALTAVILLA MILICIA, nella persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Cl.Tr., presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge
– ricorrente –
contro
(…) Spa, Lo.Vi., Ab.In., Lo.Ma.
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 853/2021 depositata il 26/05/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.
Il trasporto di passeggero a bordo di ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente ed il concorso di colpa del danneggiato
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2004 Ab.In., Lo.Vi. e Lo.Ma., in proprio e quali eredi di Ig.Lo., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Termini Imerese il Comune di Altavilla Milicia, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro verificatosi in data 6/7/1998 lungo la strada della contrada S M -S , in occasione del quale aveva perso la vita il loro dante causa Ig.Lo., che, mentre transitava sulla predetta arteria alla guida del ciclomotore tg. 1NZD7, aveva perso il controllo del mezzo a causa della presenza di un copertone di ruota di camion, lasciato sul manto stradale.
Il Comune di Altavilla Milicia, nel costituirsi, contestava la fondatezza della domanda, precisando che il manto stradale si presentava in corrette condizioni di manutenzione, che il copertone contro il quale il conducente era andato a sbattere si trovava lungo il margine della carreggiata e che l’urto contro di esso era stato determinato da un’improvvisa sterzata del motomezzo, dovuta al sopraggiungere di un altro veicolo non identificato dalla direzione di marcia opposta. Chiedeva, inoltre, di essere autorizzato a chiamare l’Unipol Spa, con cui aveva stipulato un contratto di assicurazione, per esserne garantito in caso di soccombenza.
Autorizzata la chiamata in garanzia, si costituiva in giudizio la compagnia assicuratrice, che preliminarmente deduceva che la polizza assicurativa prevedeva un massimale di euro 516.543,90 e, nel merito, si opponeva all’accoglimento della domanda proposta dagli attori.
Istruita la causa, il Tribunale di Termini Imerese: dapprima, con sentenza non definitiva n. 473/2009, dichiarava la responsabilità del Comune convenuto in ordine al sinistro e disponeva la remissione della causa sul ruolo per procedere a ctu; poi, espletata quest’ultima, con sentenza n. 86/2014, condannava il Comune di Altavilla Milicia a corrispondere a Ab.In. la somma di euro 459.586,82, a Lo.Vi. la somma di euro 459.586,82 e a Lo.Ma. la somma di euro 230.537,56, mentre dichiarava estinta, per intervenuto adempimento, l’obbligazione di garanzia della (…) Assicurazioni Spa nei confronti del Comune di Altavilla Milicia.
2.Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello il Comune di Altavilla Milicia, chiedendo, con vari motivi, l’integrale riforma della predetta sentenza.
Si costituiva l'(…) Spa, che: aderiva all’appello principale relativamente alla sussistenza della responsabilità del Comune di Altavilla Milicia e all’ammontare del risarcimento, mentre si opponeva all’accoglimento dell’appello principale nella parte in cui era stata chiesta la riforma della sentenza impugnata in merito alla declaratoria di estinzione dell’obbligazione di garanzia per intervenuto adempimento.
Si costituivano nel giudizio di appello Ab.In., Lo.Vi. e Lo.Ma., eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto manifestamente infondata, e chiedendone, comunque, il rigetto.
Disposto un supplemento di consulenza, la Corte d’appello di Palermo con sentenza n. 853/2021, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Altavilla Milicia: a) condannava il Comune appellante a corrispondere la somma di euro 404.431,62 in favore della Ab.In., la somma di euro 404.431,62 in favore di Lo.Vi. e la somma di euro 176.093,98 in favore di Lo.Ma., oltre interessi legali dal 29/1/2014 fino all’effettivo soddisfo; b) condannava il Comune di Altavilla Milicia a rimborsare in favore degli appellati Ab.In. Innocenza, Lo.Vi. e Lo.Ma. i quattro quinti delle spese processuali, nonché a rimborsare alla compagnia assicuratrice (…) le spese processuali per intero; c) poneva definitivamente a carico del Comune di Altavilla le spese della consulenza tecnica d’ufficio.
3. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il Comune di Altavilla Milicia.
Nonostante la ritualità della notifica del ricorso ai difensori costituiti in grado d’appello, nessuno degli intimati ha resistito.
Per l’odierna adunanza camerale il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore del Comune ricorrente ha depositato memoria insistendo nell’accoglimento del ricorso.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il Comune di Altavilla Milicia articola in ricorso tre motivi.
2.Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia: “violazione e/o falsa applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato ex art. 112 c.p.c. (e, quindi, in detto contesto, degli art. 2043, 2051 e 2697 c.c.) – erronea interpretazione e qualificazione della domanda (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.), in quanto, in applicazione del principio dispositivo e dell’obbligo di corrispondenza tra chiesto e pronunziato, la Corte di appello, alla luce delle allegazioni degli attori di cui all’atto di citazione di primo grado, avrebbe dovuto sussumere la fattispecie, non già entro la cornice dell’art. 2051 c.c., bensì in quella dell’art. 2043 c.c., con conseguente violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c., in merito alla distribuzione degli oneri della prova che incombevano sulle parti in causa”.
Il Comune sostanzialmente, ribadendo quanto esposto nel primo motivo di appello, insiste nel sostenere che, sebbene i congiunti del Lo Cascio avessero invocato la responsabilità del Comune medesimo ai sensi dell’art. 2043 c.c., per una situazione qualificata come insidia, il giudice di primo grado aveva affermato la sua responsabilità, a norma dell’art. 2051 c.c., e la corte territoriale ha confermato detta statuizione.
Il motivo non è fondato.
Occorre preliminarmente ribadire, in continuità con consolidata giurisprudenza di legittimità, che la disciplina, di cui all’art. 2051 c.c., è applicabile agli enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte al pubblico transito in riferimento a situazioni di pericolo che derivino da una non prevedibile loro alterazione.
Orbene, l’art. 2051 c.c. (al di là dei temperamenti che, in una lettura costituzionalmente orientata e volta ad evitare che la norma si presti ad abusi; del che si dirà infra al 2° motivo di ricorso) rappresenta una delle ipotesi di c.d. responsabilità oggettiva (da cose in custodia), per la quale il soggetto custode della res è tenuto al risarcimento nell’eventualità in cui la cosa arrechi un danno ad un soggetto, anche qualora in capo allo stesso custode non sia ravvisabile una condotta imputabile a titolo di colpa (o di dolo).
Ai sensi dell’art. 2051 c.c. sull’attore grava l’onere di provare soltanto il nesso eziologico tra danno subìto e bene in custodia, laddove spetterà al custode dare la prova del caso fortuito. Viceversa, nel caso della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., spetta all’attore dare la prova anche del profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito.
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In altri termini, l’azione ai sensi dell’art. 2043 c.c. comporta la necessità, per il danneggiato, di provare l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante, mentre, nel caso di azione fondata sull’art. 2051 c.c., la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della esistenza di un rapporto custodia, potendo questi liberarsi soltanto attraverso la dimostrazione del caso fortuito.
Ciò posto, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che:
a) “Quando l’attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d’ufficio da parte del giudice)non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi degli artt. 2050 (esercizio di attività pericolose) o 2051 (responsabilità per cose in custodia) cod. civ., a meno che l’attore non abbia sin dall’atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli (Cass. n. 18520/2009)
b) “In tema di responsabilità dell’ente pubblico proprietario delle strade per danni subiti dagli utenti, la circostanza che l’ente si sia difeso in primo grado anche in ordine alla propria responsabilità per danni da cose in custodia e che il giudice del medesimo grado abbia esplicitamente deciso sulla questione affermandone l’infondatezza (nella specie, per inapplicabilità di siffatta responsabilità alla P.A.), comporta che la domanda formulata in appello dal danneggiato, a norma dell’art. 2051 cod. civ., non può essere considerata nuova dal giudice del gravame e, come tale, dichiarata inammissibile (Cass. n. 23741/2011).
In definitiva, la domanda di affermazione della responsabilità per cosa in custodia (ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.) è domanda diversa rispetto a quella che ha ad oggetto la responsabilità per fatto illecito (ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.) esclusivamente nel caso in cui essa implichi l’accertamento di fatti in tutto o in parte differenti da quelli allegati e provati nel primo giudizio.
Tale situazione non ricorre nel caso di specie, nel quale parte attorea, sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, pur avendo invocato la responsabilità da insidia e trabocchetto, aveva riferito il danno anche alla cattiva manutenzione della strada, con la conseguenza che l’invocazione della speciale responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. si è risolta nella richiesta di una di-versa qualificazione giuridica del fatto, che è sempre consentita al giudice di merito sia in primo grado che nel giudizio di appello.
3. Con il secondo motivo il comune ricorrente articola due distinte censure:
– con la prima censura, denuncia “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e/o 2051 c.c., art. 1227 c.c., in combinato disposto con l’art.1227 c.c. e con l’art. 2 cost., nonché, occorrendo, con gli artt. 52, 141, 170 e 171 del c.d.s. all’epoca vigente (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.). Sotto tale profilo sostiene che la Corte territoriale ha comunque fatto cattiva applicazione dell’art. 2051 c.c., non tenendo conto dei principi elaborati in proposito da questa Corte, “che postulano una rilettura “costituzionalmente orientata” del citato art. 2051 c.c., in guisa che lo stesso tenga doverosamente conto del comportamento del danneggiato, alla luce del principio di autoresponsabilità ricavato, oltre che dall’art. 1227 c.c. (norma che, come è noto, risulta di applicazione doverosa ed officiosa, potendo e dovendo essere applicata dal giudice, anche ex officio), dall’art. 2 della Costituzione, ponendosi nell’ottica dei doveri inderogabili di solidarietà ivi contemplati”. In sintesi, il comune ricorrente si duole che la corte territoriale ha escluso la responsabilità concorrente della vittima a fronte della violazione delle norme cautelari integranti colpa specifica (artt. 52, 141, 170 e 171 CdS);
– e, dall’altro, “omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che hanno formato oggetto di discussione tra le parti” nella parte in cui non ha attribuito rilevo alle ipotesi controfattuali formulate dall’Ente, quali il ridotto grado di controllo e maneggevolezza del mezzo in occasione della repentina variazione della traiettoria, le minori capacità di rallentamento prima dell’impatto con il pneumatico, nonché il fatto che il decesso sia stato causato da lesione da contraccolpo.
In definitiva, secondo il comune ricorrente, dalla motivazione della sentenza impugnata si desume che “la valutazione del compendio probatorio da parte della Corte di appello (e, prima di essa, del Tribunale) è stata esclusivamente concentrata nella affermazione probatoria delle presunte mancanze del Comune (essendosi affermata, quale causa di responsabilità, la presunta sussistenza dei copertoni per due giorni), mentre non ha focalizzato, né mirato a focalizzare, quelle che erano (e/o comunque potevano essere) le mancanze dello sfortunato Ig.Lo.”
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3.1. Il motivo è fondato, nei termini di seguito indicati.
Nella sua più recente giurisprudenza, questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia ex art. 2051 c.c., ha stabilito, con le ordinanze nn. 2480, 2481, 2482 e 2483 del 2018, che, in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
È stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 cod. civ. non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.
Inoltre, nella ricostruzione del nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, è indispensabile anche di ufficio valutare una eventuale rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675, Rv. 668745-01; Cass. 24/01/2024, n. 2376) o, indefettibilmente, soltanto la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
L’accertamento delle circostanze riguardanti la verificazione dell’evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito: tuttavia, tale apprezzamento è sì normalmente incensurabile in sede di legittimità, ma pur sempre a condizione che sia scevro da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., prima fra tutti l’apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti.
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Di tali principi di diritto non ha fatto corretta applicazione la corte territoriale nella parte in cui non ha considerato l’incidenza causale Della condotta della vittima con riferimento :
a) alla violazione del divieto di trasportare un passeggero (sia in relazione alla carenza di omologazione del mezzo per l’uso con il passeggero, sia per inosservanza del divieto imposto al minore di trasportare un passeggero), avendo al riguardo osservato che (p. 10) “la specifica dinamica del sinistro, cagionato dall’impatto improvviso con un ostacolo ingombrante presente lungo il margine destro della carreggiata, esclude che eventuali alterazioni dell’equilibrio del mezzo possano aver avuto una concreta incidenza causale sulla sequenza degli eventi che hanno determinato l’incidente”, nonché
b) alla violazione dell’obbligo di indossare il casco, avendo al riguardo osservato (p. 11) che “la presenza del casco sarebbe stata del tutto ininfluente”.
Occorre al riguardo ribadire che (Cass. n. 16502/2017) “Nella nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale”, restando riservata al giudice del merito la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, ma la Corte di cassazione può verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie”.
La corte territoriale, escludendo l’incidenza causale delle suddette violazioni, è incorsa nel vizio denunciato nella parte in cui ha escluso, da un lato, che l’aver condotto un passeggero nel ciclomotore, omologato per il solo conducente, non abbia avuto alcun rilievo ai fini del sinistro verificatosi, in quanto la presenza di un passeggero condiziona le manovre; e, dall’altro, che il mancato uso del casco non abbia avuto incidenza causale sull’evento morte nel caso di specie, nel quale, essendo il decesso stato causato (nella tesi del ctu, fatta propria dalla corte di merito) da lesione da contraccolpo, il danno da contraccolpo avrebbe dovuto interessare anche il passeggero (che è invece rimasto immune da ogni conseguenza).
È evidente, infatti, la manifesta fallacia della premessa e dello stesso sviluppo argomentativo, essendo intuitiva l’astratta incidenza sull’equilibrio di un veicolo a due ruote, in rapporto anche alla sua velocità ed alla condotta di guida, di un peso maggiore non consentito e non previsto, come pure della carenza di uno strumento di protezione almeno in astratto idoneo, se non ad impedire la lesione letale, quanto meno a diminuirne la portata.
Il trasporto di passeggero a bordo di ciclomotore progettato per circolare con il solo conducente ed il concorso di colpa del danneggiato
Infatti, il trasporto di passeggero a bordo di un ciclomotore, progettato ed omologato per circolare con il solo conducente, incide di per sé sulla sicurezza della marcia, in quanto telaio, sospensioni, freni, avancorsa, rigidità strutturale e pneumatici sono progettati ed omologati per l’uso del mezzo con il solo conducente; pertanto, il condurre un passeggero a bordo di ciclomotore, omologato per il solo conducente, è, almeno in teoria e salva una prova rigorosa del contrario, rispettosa delle leggi della fisica, esplica necessariamente rilievo causale ai fini del sinistro, in quanto la presenza di un passeggero condiziona la stabilità del veicolo, la possibilità di controllo del mezzo, la capacità di arresto e di manovra.
D’altra parte, in tema di obbligo dell’uso del casco per i conducenti ed i passeggeri di ciclomotori e di motocicli, l’omesso corretto uso di casco protettivo omologato da parte del conducente, deceduto o infortunato in un incidente stradale, è idoneo, anche in questo caso almeno in teoria e salva una prova rigorosa del contrario, rispettosa delle leggi della medicina, a contribuire comunque alle modalità di accadimento dell’evento letale.
In entrambi i casi, tali condotte colpose del leso possono quindi, se il loro apporto causale o concausale alla determinazione del sinistro non è neutralizzato in base ad analitiche considerazioni, che nella specie sono mancate, determinare una valutazione quanto meno di corresponsabilità del leso stesso.
In definitiva, il ricorso viene deciso sulla base dei seguenti principi di diritto:
– “In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., per la ricostruzione dell’incidenza causale nella determinazione del danno occorre tener conto del comportamento del danneggiato, alla luce del principio di autoresponsabilità, desumibile dall’art. 2 Cost., che richiede a ciascun consociato l’adempimento dei “doveri di solidarietà sociale” (indicati come “inderogabili”); nonché dell’art. 1227 comma primo c.c., che impone al giudice di merito di esaminare d’ufficio l’eventuale incidenza causale del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso”;
– “Il trasporto di passeggero a bordo di un ciclomotore, progettato ed omologato per circolare con il solo conducente, incide di per sé sulla sicurezza della marcia e va preso in adeguata considerazione ai fini della ricostruzione dell’eziologia del sinistro, per l’alterazione della stabilità del veicolo, della possibilità di controllo del mezzo e della capacità di arresto e di manovra; e costituisce condotta colposa del leso da tenere in considerazione ai fini della ricostruzione del determinismo causale del sinistro”;
– “In tema di obbligo dell’uso del casco per i conducenti ed i passeggeri di ciclomotori e di motocicli, l’omesso corretto uso di casco protettivo omologato da parte del conducente, deceduto o infortunato in un incidente stradale, va preso in adeguata considerazione ai fini della ricostruzione dell’eziologia del sinistro o, comunque, dello sviluppo della sua dinamica; e costituisce condotta colposa del leso da tenere in considerazione ai fini della ricostruzione del determinismo causale del sinistro”.
3.2. Il motivo non può essere accolto, invece, nella parte in cui il ricorrente censura la sentenza impugnata là dove ha negato che la sua responsabilità sia esclusa dal caso fortuito.
È noto che, per la giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le più recenti Cass. n. 31949/2023), anche il custode di una strada aperta al pubblico transito risponde delle alterazioni di quella, a meno che non provi che, per il carattere improvviso della modifica delle condizioni originarie, non sia stato inesigibile un intervento tale da scongiurare, per quanto possibile, le conseguenze potenzialmente dannose di tale modifica (tra le altre: Cass. n. 2480/2018, punto 26: ove si specifica pure che, a mano a mano che il tempo trascorre dal suo accadimento in rapporto alle concrete possibilità di estrinsecazione della signoria di fatto su quella, la modifica stessa finisce con il fare corpo con la cosa stessa, sicché è a quest’ultima, come in effetti modificata anche dall’evento originariamente improvviso, che correttamente si ascrive il fatto dannoso che ne deriva).
Dando applicazione al suddetto principio di diritto la corte di merito (pp. 7-9), dopo aver premesso che “l’abbandono di rifiuti, anche ingombranti, lungo la via pubblica, non costituisce certamente né un fatto imprevedibile né un fatto avente carattere di eccezionalità” – ha ritenuto- sulla base di un giudizio in fatto, insindacabile nella presente sede – che “dalle prove testimoniali raccolte è risultato … che le modalità organizzative dei servizi di sorveglianza delle strade comunali e di raccolta dei rifiuti solidi urbani gestiti dal Comune di Altavilla Milicia non erano affatto idonee a garantire la pronta rimozione degli ostacoli quale quello in questione” e che “i pneumatici in quesitone giacevano abbandonati lungo il margine della strada già da circa due o tre giorni prima dell’incidente”. Per quindi concludere escludendo che il Comune di Altavilla Milicia “abbia dimostrato la riconducibilità dell’evento lesivo ad una condotta di terzi estemporanea, non conoscibile né eliminabile con la necessaria tempestività”.
4. Per le ragioni che precedono, dell’impugnata sentenza, rigettato il motivo primo ed assorbito il motivo terzo (relativo all’asserita illegittimità della condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito: censura di per sé, peraltro, non ammissibile, siccome incentrata sulla deduzione di conseguenze solo auspicate), s’impone la cassazione in relazione al visto profilo del motivo secondo, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
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Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine all’eventuale liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Visto l’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso e, per l’effetto, respinto il primo motivo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per l’eventuale liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2024, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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